I
thyer, |
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i
errėt, |
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i
vrertė, |
qėndroj,
dritėlėshoj,
mjaltė rrjedh nga vrujet e mia.
I thyer nė pikėn mė tė dobėt,
tė tė mbeturit vetėm,
qė askujt s'i sjell dėm,
por mua mė mbaron
prej dhimbjesh
qė kullojnė ėmbėlsi
giaku tė shtypur
nė vetmi.
Oh,
gieniale ėshtė kjo gjendie,
kurnndėrsa kuptoj qė gjitçka kam humbur,
lumturinė e pafundmendjej,
tė qenies sime
qė a kam nė dorė,
atė smund tė ma dhurojė
asniėlavdi, kurorė.
Lavdi...ç'ėshtė ljo fialė?
Nga mbėrriti tek unė,
si ka dalė?
Shpikje!
(Me siguri
ndoniė ambicion i dobėt.
i panatyrė)
Strozzato,
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tetro,
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amareggiato
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rimango.
Luce emano,
miele
sbocca dai miei pori.
Strozzato
nel punto più debole
del
rimaner solo,
che
a nessuno nuoce,
che
di dolore mi logora,
e
dolcezze di sangue pestato nella solitudine emana.
Oh,
geniale questo modo di essere,
mentre
capisco che tutto ho perso,
l'immensa
felicità provo
del
mio essere che mi appartiene,
quel
che donarmi non può nessuna gloria,
nessun'aureola.
Gloria!
Che
senso avrebbe?
Come
giunse in me?
Come
sbocciò?
Invenzione!
(Di
certo una debole ambizione innaturale).
Giro
e rigiro, all'origine giungo.
Rimango,
vorrei giudicare, e ancora mi ritiro.
Tanto
splendido quanto moribondo, uomo.
Tanto
caro quanto solitario.
Tanta
forza quanta incertezza...
Oh,
senza tregua
il
vortice inerte si rivela andando.
I
perfetti ad un tratto debuttarono.
La
bellezza, forse l'unica che può pretendere?
Perché
fuggite da me vere creature?
Da
un fuggente sopravvento l'oggi in ieri si mutò.
Sì,
veloce da non accorgermene.
(C'è
vita allora senza pensiero)?
Il
desiderio si angoscia per un domani che non mi appartiene.
Perché
fuggite da me vere creature,
vivo
una vita di oggetti mai esistiti
e
solo a me stesso appartengo...
Oh,
altra felicità non c'è
e
neanche amarezza più grande esiste.
Ada
Prizreni
laureata in lingue e letteratura italiana
a Tirana
è interprete e Mediatrice Culturale.
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