Come le trasformazioni economiche della Cina hanno modificato la condizione sociale e culturale della donna e il mondo affettivo
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Come le trasformazioni economiche della Cina
hanno modificato la condizione sociale e culturale
della donna e il mondo affettivo


 di Carolina Figini

La Cina è un paese immenso, 9,5 milioni di chilometri quadrati, entro cui convivono la modernità più ardita, si pensi soltanto alla supermetropolitana leggera, agli avveniristici teatri, alle vetrine degli stilisti di Shanghai, e luoghi profondamente remoti, depressi e poveri. La modernizzazione è una scelta politica, a partire dal 1978 quando a Mao succedette Deng Xiaoping, l'uomo al quale non importava "che il gatto fosse rosso o bianco, ma che prendesse i topi". Ed è un fenomeno che sta portando la Cina, con il suo miliardo e duecento milioni di abitanti, a diventare una specie di enorme Paese dell'OCSE, con tutti i suoi problemi di popolazione che invecchia, di ritmo dei consumi superiore alla capacità di smaltimento di scorie e rifiuti, infine, con i suoi giovani che formano un'altra "generazione X", così difficile da definire in rapporto ai modelli finora vigenti.
In questo contesto, la donna ricopre una posizione particolare. Su di lei, come afferma l'ONU che nel 1995 volle tenere una Conferenza sui diritti della donna proprio a Pechino, pesano tutte le contraddizioni di questa realtà in costante movimento: per semplificare al massimo, diremo che affronta da un lato le difficoltà di maggiore responsabile della vita familiare e dall'altro la competizione sul mercato del lavoro. Le nonne delle attuali quarantenni erano ancora le donne con i piedi fasciati, i cosiddetti "gigli dorati" che rappresentavano un simbolo di seduttività ed erano per le donne una tortura. Erano donne che venivano vendute ai mariti, o a potenti funzionari, come concubine. Donne che non avevano neanche la potestà genitoriali sui figli, in questi casi. E donne a cui era preclusa ogni manifestazione delle emozioni e dei sentimenti, se non, da madri, la gentilezza. Tuttora la Cina ha una cultura in cui manifestare i sentimenti è problematico. Si pensi che i Cinesi non aprono i doni ricevuti davanti all'autore del regalo, perché altrimenti potrebbero tradire emozioni che considerano poco prudente esternare. La delusione per esempio. Non è mai cortese mostrarla, e per non doversi nemmeno cimentare con questo rischio, non si aprono i regali davanti a chi li ha fatti. Tutti gli artisti cinesi contemporanei cercano di fare due cose: svelare qualcosa di più sull'animo umano e l'individuo e, così facendo, scoprire proprio l'individuo, l'identità, concetti che non mancano nella ferrea logica cinese, ma mancano nei rapporti umani e sociali. Più avanti parleremo di una delle più occidentali di queste scrittrici, Jung Chang, che è un buon simbolo della Cina attuale, ricca di tradizione e protesa verso il futuro.
Tornando alla donna cinese, dopo la rivoluzione di Mao le era stato dato l'appellativo di Altra Metà del Cielo, ed esperienze collettive come la Lunga Marcia avevano cementato sia la sicurezza in se stessa della donna, sia la sua autonomia affettiva. Nella lotta di liberazione dai Giapponesi c'erano stati molti uomini e donne che si erano conosciuti, amati, cimentati con la lotta partigiana fianco a fianco, e poi sposati per scelta. Le prime donne cinesi che avevano provato qualcosa di simile erano le rivoluzionarie dell'Ottocento, durante la rivolta dei Taiping. Molte donne allora erano state coinvolte dai loro uomini in una ricerca di rapporti umani più paritari, che proveniva dal contatto con l'Occidente, e con la predicazione cristiana. Ora era diverso perché a decidere di farsi partigiane erano le stesse donne e non c'era alcuna predicazione, c'erano le umiliazioni e le sofferenze portate dalla guerra e dal "semicolonialismo" che i Paesi occidentali prima e poi il Giappone esercitavano verso la Cina. Mao riconobbe alla donna la parità formale con l'uomo, ad esempio negli studi e nel lavoro. Fino a sei o sette anni fa la donna cinese guadagnava il 90% dello stipendio di un uomo, c'era quindi uno scarto molto più ridotto che in Occidente. E le donne facevano e fanno anche le biologhe, le informatiche, le dirigenti di partito e d'impresa. Con qualche problema, ad esempio gli alloggi assegnati dallo Stato ai lavoratori erano in realtà assegnati solo ai lavoratori maschi. Se un uomo entrava in crisi con il partito comunista e subiva persecuzioni, spesso venivano perseguitate anche le sue compagne, figlie e madri. L'infanticidio femminile è stato vietato, ma senza che si siano stabilite le sanzioni, per cui è ancora un fenomeno diffuso. Se la donna è ricca e se lo può permettere, ricorre al riconoscimento del sesso del nascituro quando è in gravidanza e in alcuni casi abortisce se scopre che aspetta una femmina. Senza citare l'altro grosso problema, il fatto che per un misto di tradizionale pudore e di orgoglio nazionalistico, la Cina non ha affrontato a livello legislativo il problema della violenza domestica. Dentro la famiglia, ci possono essere anche i peggiori maltrattamenti della donna e non c'è legge che la difenda, se non prescrizioni formali della Costituzione e richiami alla moralità da parte del Partito comunista.
L'istituzione ufficiale che si occupa della donna è la All Chinese Women Federation, un organo di partito. Che però non manca di coraggio. Quest'anno ha denunciato il fatto che il 56% dei suicidi femminili che si verificano ogni anno nel mondo avviene in Cina. Certo questa non è propaganda patriottica né ideologica. Anche se, per questa organizzazione, quasi tutte le difficoltà sono ascritte al contatto con gli Occidentali. Per loro, i luoghi più a rischio di violenze o molestie sessuali sono gli stabilimenti delle aziende estere. La All Chinese Women Federation ha denunciato che, negli ultimi dieci anni, l'opinione per cui gli uomini lavorano e le donne stanno a casa è salita di dieci punti percentuali e della stessa proporzione è salito lo scarto retributivo tra uomini e donne. Un grande problema per le donne è certamente nato nel momento in cui la Cina ha voluto darsi un orientamento capitalistico, o "socialista di mercato con caratteri cinesi", come dicono le autorità. La lotta alla povertà è diventato un obiettivo di primo piano, con grande successo: 200 milioni di persone che nel 1978 erano povere, sotto il dollaro al giorno, oggi hanno tutti i livelli di reddito che esistono tra una popolazione occidentale di pari dimensioni. Ma la lotta alla povertà si fa anche limitando le nascite in Cina. Nel 1981 fu promulgata la Legge matrimoniale, i cui articoli 5 e 12 sono alla base di quella che viene chiamata "La politica del figlio unico". Le coppie devono avere al massimo un figlio, tranne nei casi in cui il primogenito sia femmina, abbia gravi menomazioni fisiche o psichiche o la coppia appartenga a una minoranza etnica di - relativamente - piccola portata demografica. La responsabilità della contraccezione è affidata interamente alla donna. Infatti, solo il 14% degli uomini in Cina utilizza un metodo contraccettivo e si può intuire che questo sia un ostacolo anche alla prevenzione dell'AIDS. La donna viene seguita da un'altra donna, una vigilante di quartiere o di villaggio, in tutta la sua vita fertile. La vigilante la consiglia sulla contraccezione, controlla l'andamento della sua gravidanza, che non abbia più di una gravidanza e così via. In questo è aiutata dalla pressione delle autorità, che non perdono occasioni di riempire le strade con cartelloni con la scritta "4-2-1" (rispettivamente il numero di nonni, genitori e figli che una buona famiglia cinese deve avere). Le infrazioni alla legge matrimoniale sono punite severamente: si va dalla perdita del lavoro, a quella della casa, fino alla costrizione fisica all'aborto. La ratio della legge non è maltusiana come spesso si crede in Occidente. In Cina già nel V secolo a.C. c'era un filosofo, Han Fei, che diceva molto chiaramente: con cinque figli ogni coppia, ogni nonno che ha venticinque nipoti, il popolo può lavorare quanto vuole ma la terra non basterà mai e avremo sempre fame. Lo scenario della Cina nel 2020 è quello di un Paese straordinariamente vecchio e carico di oneri finanziari, ma se non ci fosse questo controllo si prospetterebbe l'alternativa non molto migliore di tre miliardi di affamati. Comunque sia, la legge matrimoniale è molto problematica e anche coercitiva, violenta. Inoltre ha molte implicazioni negative. La legge permette anche a chi ha una femmina e un maschio di fare una preferenza e favorirne uno solo. Di solito, complici gli antichissimi retaggi culturali, si preferisce il maschio. Anche perché nel frattempo si è aggiunto il discorso del capitalismo, che discrimina le donne in base al fatto che possono fare figli, pretendere aspettative dal lavoro e via dicendo. E che inoltre sta causando progressivamente lo smantellamento dei sistemi sanitari e scolastici tradizionali. In altre parole, molte famigli portano dal medico solo il maschietto, e se la bambina si ammala, lasciano che sia qualche Ente superiore a decidere della sua sorte. Poi fanno studiare solo il maschio. La Banca Mondiale che non è certo un ente di beneficenza sta cercando di fare impiantare in Cina un sistema di borse di studio femminili da quanto è grosso questo problema. Certo, però, le donne non sono diventate solo più povere. Molte sono diventate molto più ricche. Il capitalismo ha portato a diversificare i redditi e quindi ci sono persone, anche molte donne, che si sono trovate a poter fare professioni più remunerative. Ci sono donne come l'autrice di "Shanghai baby" Mian Mian, che fanno lavori come la rockstar, l'organizzatrice di eventi, o la redattrice di siti Internet per donne. Dove le donne cinesi, per la prima volta al di fuori da pressioni e tabù atavici, si ritrovano a parlare. Degli uomini, della vita familiare, dei figli e del sesso. Tutti argomenti che le Cinesi scoprono adesso come argomenti di conversazione e di confidenza, perché sono tutti argomenti che per tradizione devono rimanere segreti. Naturalmente anche questo ha degli inconvenienti. Le donne cinesi più avanzate riconoscono che la loro maggiore ricchezza le rende spettatrici, "chiacchieratrici" (o chattatrici) e consumatrici. Le rende più vulnerabili, proprio come da noi, perché da un lato la donna può essere la bellissima attrice o fotomodella, ad esempio Gong Li che è la star del cinema cinese, e dall'altro diventa quella che fa le diete, che si ossessiona sui problemi che poi sono dell'uomo, e che compra gli abiti, i cosmetici e tutto quello che la fa assomigliare alle dive e piacere agli uomini. Il tutto dopo che per millenni la donna è stata addirittura quasi "amputata" dei piedi per essere seducente.
L'ultima difficoltà della donna cinese che vorrei segnalare è quella che incontra nel manifestare le sue convinzioni politiche e la sua fede religiosa . Una donna può finire negli annali di Amnesty International come moglie o parente di un attivista, come suora, come monaca buddista se è una tibetana. L'altra categoria di donna che rischia l'arresto e, come avviene sempre più spesso, la condanna a morte è la giornalista, o comunque colei che "si connette ai media esteri". Nel primo caso si tratta di una discriminazione più palese. Se una non ha fatto niente, ed è il compagno ad avere problemi con la giustizia (politica, del resto), perché deve andare lei in galera o subire "sessioni di autocritica"? Nel caso della religione, la cosa è più sfaccettata. La donna spesso è più religiosa per vari motivi. Uno è che, nel caso del cristianesimo, può darsi che cerchi uno status un po' (anche se appunto solo un po') migliore di quello che ha nella società d'appartenenza. In altri casi è convinzione, e in alcuni casi è ignoranza, povertà. Nel tempio buddista si mangia due volte al giorno, e si prega per un padre, un uomo quasi divino, il Dalai Lama in questo caso. Il caso delle donne che "si connettono ai media esteri" è manifestamente un caso di opinione. Anche se anche qui, come abbiamo detto, spesso alla base del fenomeno c'è la necessità di liberarsi di un fardello dato da un mondo affettivo troppo regolato.


 



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