Le deportazioni: testimonianze
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Amalie Schaich testimonia sulla sua deportazione ad Auschwitz, raccontando che: “A Dresda fummo bombardati. Ci fu un allarme aereo. Gli SS chiusero il vagone-prigione lasciandolo sul binario e corsero via. Le bombe cadevano dappertutto. Certo noi bambini eravamo terribilmente impauriti, non dimenticherò mai quella paura. E mentre cadevano le bombe le nostre guardie si trovavano in un bunker al sicuro. Quando ci avviammo di nuovo, chiesi ad un SS finché mi rispose state andando dai vostri genitori, starete bene laggiù”.

 

“Ma invece la signora incinta mi disse che eravamo diretti al campo di concentramento di Auschwitz. Il nostro treno vi arrivò dopo quattro o cinque giorni. Le porte si aprirono all’improvviso. E di fronte a noi sulla rampa solo SS con i fucili puntati. Ma quando ci videro, noi bambini, li abbassarono. Dopo la registrazione dei nostri nomi e il tatuaggio del nostro numero da prigionieri sul braccio entrammo in quello che veniva chiamato “il campo di zingari”. Molti bambini piccoli e grandi piansero alla vista del filo spinato dappertutto”. 

 

“Non avevamo nessuna idea di come potesse essere un campo di concentramento. La prima cosa che ci venne detta fu, se vi chiedono cosa c’è qui dietro - intendevano il forno crematorio, che sputava delle fiammate altissime - rispondete che è un panificio. Quando vidi le persone emaciate nel ‘campo di zingari’ mi resi conto gradualmente in che specie di posto orribile eravamo giunti”.

 

Anche in Italia fu allestito un campo di concentramento, quello di Prignano. Come racconta un sopravvissuto,
“Poi venne il 1939, un bruttissimo anno. Era autunno e la mia famiglia s’era appena fermata nella strada Bacino a Modena per fare la sosta dopo la stagione delle fiere. Mio padre aveva appena conosciuto la mamma Albertina, detta Gonia, che veniva da una famiglia che girava con le giostre. Un mattino che piovigginava, mi hanno raccontato, molto presto hanno sentito bussare alle carovane, si sono svegliati e hanno visto le carovane circondate da militari, carabinieri, questura”.

 

“Dicevano che si doveva fare quello che volevano loro e che avevano l’ordine di sparare se qualcuno si fosse opposto. Piantonarono tutto il giorno e la notte intera, prendendo il nome e il cognome a tutti, poi, il mattino seguente, condussero tutti quanti nel campo di concentramento di Prignano e ci portarono via tutti i muli e i cavalli che avevamo”.

 

“In Italia, con le leggi razziali fecero molti campi di concentramento per Sinti, che nell’intenzione dovevano servire per smistare le nostre famiglie verso la Germania e la Polonia. A Prignano c’era il filo spinato e qualche baracca, poche perché noi avevamo le nostre carovane”.

















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