Vita da giostrai
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Vita da giostrai 


di Massimo Acanfora

La vita è un gran giro di giostra. Carlo Piccaluga, giostraio da generazioni, viso lavorato dalla fatica, racconta, appoggiato alla balaustra del suo sorridente "Brucomela". "Questi vagoni sono il mio 'mestiere', cioè l'attrazione che mi dà da vivere". A Genova, alla Foce, su un'area di 25 mila metri quadrati, tra le case e l'odore della risacca, è incastrato il parco giochi temporaneo: 140 attrazioni, tra giostre, ottovolanti e castelli incantati e più di 700 persone al lavoro. Le giornate della "gente dello spettacolo viaggiante" durano anche 15 ore. Il mattino passa a lucidare autoscontri e tirare a specchio i labirinti, e nel primo pomeriggio si apre al pubblico. Almeno fino a mezzanotte. Niente feste comandate, niente giorno di chiusura, se mai qualcuno di magra. "Domani si smonta tutto e si va a Torino- sospira Piccaluga-. Tirare su e giù i mestieri è un lavoraccio. Un giorno intero per costruire l'attrazione, mezza giornata buona per smontarle e caricare sul camion". Manovre millimetriche del rimorchio negli spazi angusti del luna park. Il "Brucomela" non è che l'ultimo dei "mestieri" della vita di Carlo Piccaluga: "A 18 anni mio padre m'ha regalato il primo autoscontro, poi la giostra ballerina 'Bluebelle' e diverse altre". I giovani perpetuano la tradizione di famiglia: "E' rarissimo che un ragazzo scelga un altro lavoro. E ci si sposa quasi sempre tra due viaggiatori. Tanti anni fa io ho fatto scalpore sposando una 'stanziale'...". Un microcosmo patriarcale: difficile che le donne possiedano un loro 'mestiere': lavorano con i mariti e sono le incontrastate "regine della carovana". E i bambini? "Quando cambiamo città vanno a scuola con un 'quaderno' che segnala a che punto del programma sono arrivati. Perdono al massimo un giorno negli spostamenti; quello che mette in crisi è cambiare amici ogni volta". Il 90 per cento dei giostrai continua oggi a viaggiare, sia pure solo in alcune regioni, gli altri spesso dirigono i luna park fissi come quello all'Idroscalo di Milano, per intenderci o vi hanno stabilito i "mestieri". Anche se, come Carlo Piccaluga, hanno da qualche parte una casa con tanto di fondamenta, la voglia di muoversi ha le 18 ruote del rimorchio su cui si sposta la tradizionale "carovana". Le case viaggianti si addensano in spazi appositi e (nelle città che rispettano la legge) attrezzati: una di fronte all'altra, i gerani sui davanzali, gli interni arredati con cura. Possono costare da 100 a 500 milioni di lire. Le comunicazioni passano, per amore o per forza, via telefonino: "Le bollette sono certe sberle!". Ci addentriamo nel dedalo di rotaie e bracci meccanici. Il "Brucomela" della famiglia Piccaluga costa 280 milioni di lire. Ma ci sono giostre per tutte le tasche: gli autoscontri vanno dai 100 ai 400 milioni, le giostre a cavalli galoppano dai 50 ai 100 milioni, quelle spaziali per adulti, che ti tolgono il fiato, costano dai 300 ai 700 milioni, per poi finire con gli ottovolanti che possono sfiorare il miliardo. Ogni famiglia ha il suo giro legato alle ricorrenze e alle stagioni: i Piccaluga allietano Genova, Torino, Milano, Bra, Pavia, Vigone, dove Carlo ha allestito la "Sala dei ricordi", un vero museo della gente del viaggio. L'assegnazione dei posti dipende dai Comuni: favorito chi è in piazza da più tempo, con la stessa attrazione, anche se talvolta i criteri cambiano. Il "plateatico" per rimanere sull'area assegnata prevede la tassa d'occupazione suolo pubblico e, a parte, l'allacciamento elettrico e quello per l'acqua. "Il problema delle aree attrezzate è annoso -ci dice Gastone Rampazzo, ex-viaggiatore e presidente dell'Anesv, il maggior sindacato della gente del viaggio, cui fanno riferimento circa 400 esercenti degli spettacoli viaggianti-. La maggior parte dei Comuni non rispetta la legge e non predispone aree adatte. Altri cercano di scoraggiare la presenza delle giostre con tasse sul suolo molto alte (a Roma 600 lire al giorno al metro quadrato), o proponendo aree periferiche e difficili da raggiungere". Quando il giro di giostra rallenta arrivano i problemi: "La pensione di un viaggiatore, che è parificata a quella dei commercianti, è scarsa -spiega Rampazzo-. Arriva a 1 milione e 200 mila lire dopo 30-35 anni di lavoro; perciò molti preferiscono continuare a lavorare. La 'Casa di riposo dello spettacolo viaggiante e circhi' a Scandicci garantisce chi non è più autosufficiente. Ma la solidarietà fa sì che si rimanga quasi sempre in ambito familiare". Infine lo spirito: se il giostraio non va alla chiesa, la chiesa va dal giostraio. Il Vaticano ha un responsabile della pastorale per i circensi e la Messa si celebra tra gli autoscontri.


Storie da Luna park


A metà tra la magia e la maledizione divina. Ai giostrai, una delle ultime professioni nomadi, si attaglia la definizione sognante di "viaggiatori della luna", ma anche, viste le frequenti persecuzioni, il destino di Caino: "Io sono fuggitivo e chiunque mi troverà potrà uccidermi". La fiera comincia come mercato: per lunghi secoli, dall'evo antico e attraverso il Medioevo, cavadenti, guaritori, ciarlatani, indovini e saltimbanchi stanno sulla stessa piazza. Solo verso il 1700 il divertimento diventa spettacolo autonomo; nascono i giochi meccanici, fino al vero e proprio luna park di fine '800, mosso dall'elettricità, che affianca la fiera tradizionale e i suoi divertimenti "poveri", dagli animali esotici alle prove di forza, dal gioco d'azzardo ai tiri a segno. Il luna park è un sistema di giochi d'antica memoria, ma riproposti in forma di "macchina": esempio più semplice e affascinante, l'altalena, come tramite di terra e cielo. La natura delle attrazioni è spesso iniziatica: labirinti, viaggi nel buio, prove di coraggio, di forza e di abilità. Talvolta prevale il "meraviglioso": esperimenti scientifici, animali feroci, curiosità umane (le mostruosità furono vietate nel dopoguerra); talaltra il mito del "mondo alla rovescia" (come i "rotor spaziali" che rovesciano la prospettiva del mondo); il fierante vende l'ebbrezza della festa, la rottura con il quotidiano e il vivere sedentario, l'illusione delle luci e dei colori. Le giostre propriamente dette traggono origine da quelle guerresche medievali, e fingono un cerchio magico sul quale viaggiare. L'avvento della tecnologia ha cambiato i materiali, la sicurezza e lo stile delle attrazioni ma non le abitudini della maggior parte della "gente del viaggio" che continua a spostarsi e perpetuare con orgoglio di padre in figlio il proprio stile di vita. Un libro per conoscere meglio la storia dei giostrai e carpirne preziose immagini: "I viaggiatori della luna. Storia arti e mestieri dalla fiera al Luna Park", a cura di Emilio Vita e Chantal Rossati, Ikos Editore (tel. 02-34.52.458), 160 pagine, 65 mila lire. Chi sono i sinti?

I sinti sono il gruppo nomade più presente in Italia, 30 mila soltanto quelli di nazionalità italiana. Provengono dall'India, come i rom, per la precisione dal Rajasthan. La loro migrazione, iniziata nell'anno 1000 ha portato alcuni gruppi in Italia fin dal '400. Il filo conduttore della loro storia sono le persecuzioni subite: deportati come schiavi in America nel XVII secolo, banditi o uccisi impunemente nei Paesi europei, fino allo sterminio sistematico da parte dei nazisti, valutato in circa mezzo milione di nomadi. Oggi i sinti in Italia vivono spesso mimetizzati, per trovare lavoro più facilmente, vista la forte diffidenza dei "gagè", vocabolo che definisce i "non sinti", verso gli "zingari". Le comunità più numerose sono in Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana e Marche e sono costituite per lo più da piccoli gruppi parentali. Le loro attività principali rimangono le giostre, anche nei parchi fissi, come il luna park di Rimini, e il commercio ambulante. A causa delle difficoltà economiche e della mancanza di piazze e spazi per le giostre e le carovane, però, sempre più sinti dello spettacolo viaggiante si dedicano ad altri mestieri, come la composizione di bonsai, rompendo l'unità familiare lavorativa, da sempre caposaldo della loro cultura. I sinti sono per la maggior parte cattolici, parlano il "romanès", la lingua zingara, rimasta quasi immutata nonostante le innumerevoli contaminazioni. La loro vita è scandita dagli spostamenti, legati al lavoro stagionale nelle piazze con le giostre e dalle tradizioni familiari, le feste, i fidanzamenti con la "fuga" dei due innamorati e il randivù (incontro) annuale di tutti i sinti, il 23-24-25 maggio a Saintes Maries de la Mer, in Camargue, Francia.


 http://www.terre.it/tdm_memoria_index.htm



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