breve di cronaca
Lettera inviata al Presidente Romano Prodi
Ilaria Ricciotti - 15-07-2006
Stimatissimo Presidente del Consiglio On. Romano Prodi,

Le scrivo, anche a nome di molte donne ed uomini del mio Paese per esternarLe l'enorme apprensione che in molti proviamo nel percepire, quasi quotidianamente , l'incertezza con cui questo governo sta operando. Incertezza che non riguarda di certo le numerose scelte che esso coraggiosamente propone, ma ciò che avviene al suo interno: alcuni parlamentari, pur facendo parte del centro sinistra, stanno a volte ostacolando decisioni che al contrario dovrebbero essere votate in modo compatto.
Noi non vogliamo che Lei ed i suoi collaboratori dobbiate andare a casa ancor prima del tempo stabilito, così come non desideriamo che alcune vostre proposte siano approvate con i voti delle destre.
Ciò è scandaloso ed intollerabile.
Abbiamo, per questo, provato più volte a contattare telefonicamente le segreterie dei partiti a cui appartengono alcuni dei parlamentari "dissidenti", ma invano. Per ciò ci siamo rivolti a Lei, affinchè questa crisi non debba farci rimanere con il fiato sospeso.
Tutti noi cittadini abbiamo bisogno di tranquillità, di stabilità e di un governo che sia vicino soprattutto alle classi sociali più deboli.
Contiamo su Lei e vorremmo che questo nostro scritto venga fatto circolare sia tra i Deputati che tra i Senatori dell'Unione.
Attendiamo fiduciosi di sentir dire che l'Unione va avanti, cercando in tutti i modi di far sì che la nostra nazione ritrovi se stessa e la sua gente non sia costretta a boccheggiare o peggio ancora ad emigrare.
In attesa di un suo riscontro, dalle Marche La salutiamo cordialmente e Le auguriamo buon lavoro.
Prof. Ilaria Ricciotti

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 Emanuela Cerutti    - 15-07-2006
Riporto le parole di Mario Bulgarelli, Senatore dei Verdi, parole che giungono in Redazione poco dopo la lettera di Ilaria, insieme alla comunicazione dell'incontro di oggi a Roma. Le riporto perchè credo importante porre una differenza tra creare disturbo e cercare coerenze. Coerenze che hanno davvero visto molte italiane e molti italiani compattamete uniti sul fronte di un no senza condizioni. Quello alla guerra, ma potremmo aggiungere quello alla scuolazienda, che anche alcune delle ultime scelte non paiono esattamente contrastare.
La situazione non è semplice, d'accordo. Quello che però non vorrei è che ad alleanze strumentali (mai viste tante rose_e_fiori come in campagna elettorale) seguisse ora l'abbandono dei principi su cui la sinistra (radicale, forse, il che è un pro e non un contro) fonda le proprie scelte, col silenzioso beneplacito di molti, troppi. Certo, finchè c'è vita c'è speranza e finchè c'è dialogo c'è possibilità di cambiamento, per il mondo migliore possibile che si è fatto di colpo nebbioso.



Quando mi si chiede quali siano le ragioni del mio dissenso circa il rifinanziamento della missione militare in Afghanistan rimango francamente un po’ perplesso. Nel corso di tutta la precedente legislatura, quella che viene definita “sinistra radicale” ha sempre chiaramente manifestato la propria opposizione alla presenza di truppe italiane a Kabul e questa opposizione si è tradotta puntualmente in un voto. Ovviamente contrario. Quando, nella nuova legislatura, si è riproposta la questione del rifinanziamento, ho preso atto che le caratteristiche della missione erano sostanzialmente identiche a quelle definite dal governo Berlusconi, con in più un' aggravante decisiva: la situazione in Afghanistan è in questi ultimi mesi precipitata, il governo di Karzai è ampiamente delegittimato, in vaste zone del paese lo scontro con le milizie talebane ha assunto ormai i connotati di un conflitto aperto. Ciò è talmente vero che la Nato ha esplicitamente richiesto all’Italia di aumentare in misura considerevole il proprio contingente, dotandolo di aerei Amx, elicotteri, predator e truppe speciali. In parole povere, ma inequivocabili, ha chiesto all’Italia di entrare in guerra.

Di fronte a una simile situazione, mi è sembrato coerente, oltre che doveroso, dichiarare la mia assoluta contrarietà ad avallare il coinvolgimento del mio paese in un’operazione bellica, resa ancora più odiosa dal tentativo del governo di farla passare per missione umanitaria. Come ho avuto modo più volte di affermare in queste settimane, questo camuffamento, che ricorda tanto da vicino quello messo in atto per le “guerre umanitarie” nei Balcani, è intollerabile e si configura come una vera e propria truffa ai danni dei tantissimi elettori che hanno sostenuto l’Unione nella speranza che imprimesse un’inversione di rotta in materia di politica estera.

Del resto, durante la mia campagna elettorale in Sardegna, nel corso delle tante assemblee a cui ho preso parte, la richiesta del ripudio della guerra è stata esplicita e ciò costituisce per me il vincolo più forte che grava sul mandato che ho ricevuto. Ho pertanto deciso di esprimere apertamente il mio dissenso, chiedendo che l’esecutivo si mostrasse disponibile a riconsiderare non solo la natura della missione ma, soprattutto, a segnare una discontinuità concreta con le politiche del governo delle destre. Ho fatto questa richiesta alla luce del sole, fiducioso che fosse possibile aprire nella maggioranza un dibattito di ampio respiro sul tema della guerra e arrivare quantomeno a definire una strategia di uscita dall’Afghanistan. Purtroppo, ho riscontrato invece una sconfortante indisponibilità, da parte del governo, ad aprire un tavolo di discussione su questi temi, aggravata dalle continue sortite di alcuni suoi esponenti finalizzate ad accentuare il carattere bellico della missione, in ottemperanza ai diktat della Nato. È ovvio che su queste basi è difficile arrivare a una ricomposizione del dissenso che, da parte mia, rimane auspicabile e necessaria a patto, però, che dia luogo a mutamenti reali di indirizzo.

È vero che la posizione assunta da me e da altri colleghi ha suscitato qualche “problema di comunicazione” con i rispettivi partiti ma, per quanto mi riguarda, ciò non incrina minimamente il mio senso di appartenenza ai Verdi, verso i quali non nutro alcun tipo di ostilità. Ritengo anzi che il mio partito abbia espresso posizioni avanzate in seno all’Unione sulla questione dell’Afghanistan e che esse costituiscano un buon punto di partenza per aprire una discussione seria all’interno della maggioranza. Del resto, ho partecipato a parte della riunione dalla quale è scaturito il documento approvato dall’esecutivo e non ho potuto prendervi parte oltre solo perché impegnato in lavori di commissione. Detto questo, però, rimango convinto che occorra fare di più e che la pressione esercitata nei confronti del governo debba tradursi nell’adozione da parte sua di alcuni provvedimenti concreti: una cospicua riduzione delle truppe di stanza a Kabul, la definizione di una strategia di uscita dall’Afghanistan, niente aumento dei finanziamenti a Enduring Freedom. Su queste basi c’è la possibilità, da qui al voto del 25, di ricomporre il dissenso e mi auguro sinceramente che ciò accada. Il governo deve però dare dei segnali chiari d’ascolto e, a tal fine, un incontro con il presidente del consiglio sarebbe la soluzione migliore.

Detto questo, vorrei comunque ricordare che la partita non si gioca tra otto senatori e il resto della maggioranza. Noi abbiamo semplicemente rappresentato il rifiuto per la guerra - comunque essa sia presentata - che la grande maggioranza degli italiani in numerosissime occasioni ha espresso. Esiste una società civile che pensa, si mobilita e si organizza al di là dei partiti e che merita rispetto e considerazione. È necessario interloquire con essa, ascoltare la sua voce, e per questo considero di particolare importanza l’assemblea autoconvocata per il 15 luglio al centro congressi di via dei Frentani a Roma, alla quale hanno assicurato la loro partecipazione moltissime individualità e realtà del mondo della politica, dei movimenti, della cultura e dell’arte. Sarà una prima occasione per verificare il livello di condivisione della nostra scelta di dissenso e per ricevere indicazioni preziose su come andare avanti.

 dal Manifesto    - 16-07-2006
Non difendete un narcostato

Cari compagni, è giunta alla nostra attenzione la notizia che vi siete rifiutati di votare il disegno di legge che dovrebbe rifinanziare le truppe italiane in Afghanistan. Noi sosteniamo appieno la vostra coraggiosa posizione e condanniamo la pressione cui siete sottoposti da parte dei vostri partiti perché votiate a favore. Sono loro ad essere in torto. Sono loro ad aver ceduto all'imperialismo, con il pretesto di impedire che cada il governo. La guerra in Afghanistan è un'avventura imperialista, una violazione bella e buona dei diritti di un paese sovrano, un'invasione ingiustificabile che, oltretutto, non è sancita da alcuna risoluzione dell'Onu.

Nel corso degli ultimi cinque anni gli Stati uniti hanno cercato di imporre nel paese un protettorato, ma questa impresa si è rivelata un gigantesco fallimento. Perché? Una delle funzioni fondamentali di un governo è garantire unminimo di ordine e sicurezza. Secondo un rapporto del Centro per gli studi strategici e internazionali, «le condizioni di sicurezza si sono andate deteriorando sin dall'inizio della ricostruzione, nel dicembre 2001, e in particolare nel corso dell'estate e dell'autunno 2003». Il governo di Hamid Karzai, instaurato da Washington, non ha il controllo del territorio all'infuori di Kabul e una o due altre città. Questo ha spinto il segretario generale dell'Onu Kofi Annan ad affermare che «senza delle istituzioni statali funzionali che soddisfino i bisogni essenziali della popolazione in tutto il paese, l'autorità e la legittimità del nuovo governo avrà vita breve». Ancor peggio, l'Afghanistan è diventato un narcostato. I talebani avevano ridotto la produzione di papavero da oppio. Da quando sono stati defenestrati, nel 2001, la produzione di papavero è aumentata inmodo vertiginoso, producendo un raccolto record nel 2004 e guadagnando all'Afghanistan il dubbio onore di fornire quasi l'80% della produzione mondiale di eroina. Attualmente, circa 170.000 afghani, tra cui 30.000 donne, usano oppio ed eroina. I rappresentanti del governo sono coinvolti nel 70% del traffico di narcotici, e all'incirca un quarto dei 249 parlamentari recentemente eletti sono legati al narcotraffico.

Una stima in uno studio condotto per conto dell'Afghanistan Research and Evaluation Unit, un organismo indipendente, conclude che almeno 17 parlamentari neoeletti sono essi stessi dei narcotrafficanti, altri 24 sono legati a bande criminali, 40 sono comandanti di gruppi armati, e 19 sono ritenuti responsabili di crimini di guerra emancato rispetto dei diritti umani. Per queste persone, che dominano la vita politica dell'Afghanistan, secondo Kofi Annan l'«insicurezza» è un «business» e l'estorsione è uno «stile di vita». Dato che il governo è controllato da narcotrafficanti, ladri e signori della guerra, non sorprende che i talebani siano in ripresa in tutto il paese, specialmente al Sud, dove saranno assegnate le forze Nato - comprese le truppe italiane, se saranno inviate. I talebani sono fondamentalisti, ma vengono percepiti - nelle regioni pashtun del centro-sud - come forze indigene che combattono un invasore imperialista e un regime corrotto. Invece di ridurre l'appeal dei talebani, le forze militari straniere lo stanno facendo aumentare. La missione italiana e le altre forze Nato saranno viste come truppe mercenarie al soldo degli interessi Usa. Dovranno svolgere un compito che la macchina militare americana non è stata in grado di svolgere negli ultimi cinque anni: riuscire a imporre l'occupazione militare del paese. Adesso si schierano le forze Nato per fare il lavoro sporco degli Stati uniti. Questo è un compito senza scrupoli e senza speranza.

Ma la missione italiana avrà implicazioni che vanno oltre l'Afghanistan. Farà del ritiro dall'Iraq del governo italiano uno zimbello. Come tutti sanno, l'esercito Usa è sovrautilizzato. A parte i circa 140.000 soldati presenti in Iraq, esso conta in Afghanistan13.500 uomini. Portare le truppe Nato in Afghanistan serve a liberare personalemilitare americano per l'Iraq. Così, inviare truppe in Afghanistan andrà sfacciatamente contro la volontà del popolo italiano che il governo non sia più complice della guerra degliUsa in Iraq. Vi preghiamo di restare saldi nella vostra decisione di non votare il finanziamento delle truppe italiane in Afghanistan. Il vostro coraggio servirà da esempio
alle forze che si battono per la pace e la giustizia in tutto il mondo.

(Traduz.Marina Impallomeni)

 ilaria ricciotti    - 16-07-2006
Da "la Repubblica" del 16 luglio 2006, pag 13:

"Sulla "Frankfurter"nuovo monito del capo dello Stato al fronte dei "ribelli"
ed ancora "L'amicizia con gli USA pilastro della nostra politica. Il PCI lo capì trent'anni fa"
ed ancora "Nella sinistra italiana piccoli gruppi anacronistici"
ed ancora " Napolitano: grave se l'Unione si divide su Kabul"
Ribadisco anch'io che questo atteggiamento assunto dai "dissidenti" è gravissimo. Chi ha accettato di diventare Parlamentare ed ha sottoscritto un patto, non può poi dissentire ed assumere incoerenti prese di posizione.

 Giuseppe Aragno    - 17-07-2006
Cara Ilaria, io sono certo che tu conosca la Costituzione della Repubblica. Sai perciò che "ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato" (art. 67). E' perciò gravissimo che il Presidente della Repubblica faccia le dichiarazioni che tu riporti. Inoltre, La Carta costituzionale - tu lo sai meglio di me - non consente a un governo di superare i confini della legalità istituzionale. Finanziando la spedizione in Afganistan, il governo Prodi, di fatto, conduce il nostro paese in guerra: E' una scelta gravissima e illegale. Non puoi negarlo: ti sei sempre opposta all'invio dei nostri uomini in Afganistan e Irak.
In quanto all'amicizia "con gli USA pilastro della nostra politica", sono anni che condanni le guerre di aggressione di Bush. Nessuno ha dato a Prodi un solo voto perché si dichiarasse amico della criminale amministrazione USA. Nemmeno tu lo hai votato per questo. Come fai ora a scrivere queste cose? La tortura, Guantanamo, i civili massacrati sotto le bombe, Sgrena ferita, Calipari ucciso, i cittadini stranieri rapiti in Italia dalla Cia, tutto questo non conta più niente dopo le elezioni? Ripeti con Napolitano che ci sono "nella sinistra italiana piccoli gruppi anacronistici". E' certo che Prodi ha vinto le elezioni perché qualcuno li ha votati e, se non avesse voluto quei voti, avrebbe potuto rifiutarli: non formava il governo. E' di se stesso che deve lamentarsi, Ilaria, e tu non puoi negare la realtà dei fatti. I "dissidenti" come tu li definisci, fanno il loro dovere di Parlamentari e rispettano la Costituzione; è il governo che si mette ogni giorno contro alcuni suoi ministri e parti della sua stessa maggioranza. Quello che sta accadendo è di una infinita arroganxza e di una inaudita gravità. Tu sei troppo intelligente per non capirlo. Tu lo capisci e io credo che in fondo anche tu sia delusa e amarggiata da quello che il governo combina. C'è bisogno di gente combattiva come te per dar battaglia in difesa delle Istituzioni. Io non credo che tu sia disposta e firmare cambiali in bianco a Prodi. Tu sei una democratica: il tuo campo è quello della democrazia, quello dei "dissidenti". Il clerico-fascista Casini è pronto a sostituirli, tu lo sai bene e Prodi non aspetta che il momento opportuno per attuare il colpo di mano. Aiuta i "dissidenti" a vincere la loro disperata battaglia. Non dar ragione a chi, come me, pensa che la partita sia persa e che il regime ci sia già. Un regime moderno senza manganello e olio di ricino. Quello che mette insieme una finta maggioranza ed una ancor più finta opposizione: una grottesca maggiominoranza. Pensaci bene. Per la democrazia questa potrebbe essere l'ultima spiaggia.

 da Retescuole    - 17-07-2006
Lettera aperta a Giorgio Napolitano
Attuale Presidente della Repubblica Italiana



Egregio signor Presidente, apprendo, dai media, della sua recente intervista alla Frankfurter Allgemeine e di come ella abbia definito "piccoli gruppi anacronistici" i movimenti e le persone che non si rifanno alla vulgata politica imperante.
Lei non è nuovo a sollecitare radiazioni dal consesso politico. Del resto non ha mai nascosto le sue opinioni; ricorderà certamente quando così si rivolgeva a Giolitti nel 1956: "Il compagno Giolitti ha il diritto di esprimere le proprie opinioni, ma io ho quello di aspramente combattere le sue posizioni. L'intervento sovietico ha non solo contribuito a impedire che l'Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione ma alla pace nel mondo"
Qualche anno più tardi lei si trovò fra coloro che promossero anche la radiazione dei compagni del Manifesto, radiazione che nel suo ultimo libro lei, singolarmente, difende ancora!
Poi la folgorazione sulla via di Damasco del liberalismo e delle simpatie istituzionali, non da ultimo il suo ottimo lavoro (dal punto di vista berlusconiano) nella Presidenza della Commissione speciale per il riordino del settore radiotelevisivo (1994). Certo a tutti è concesso rivedere le proprie idee o il proprio passato. Ad avergliene dato modo anche Mussolini avrebbe, forse, rivisto le sue posizioni, ma, essendo stato fucilato non ha avuto 40 anni di tempo.
Ma torniamo a noi, a noi poveri anacronisti.
Il termine non è certamente estemporaneo e, mi pare, segue quello del riferimento al "folclore" già utilizzato da Prodi nei confronti dei partiti della sinistra rosso-verde.
Lei, abusando del suo ruolo, mi creda è una impressione non solo mia ma anche di altri ben più illustri di me commentatori e costituzionalisti, sta, in questi giorni, forzando la mano e surrogando una funzione vicariale della Presidenza del Consiglio, forse perché lei è tra coloro che piangono l'abbattimento della riforma costituzionale della CDL e lamenta l'assenza del premierato forte.
Certo gradirebbe, e come non capirlo data la sua formazione, una semplificazione del quadro parlamentare ed una messa in mora, definitiva,
di questi comunisti e pacifisti bastardi che rompono sempre le uova nel paniere al ceto politico, che osano ancora riproporre il tema del senso e dei fini della NATO, che pensano alla politica come una tensione forte verso uno sviluppo concreto del genere umano e non come mera gestione dell'esistente.
Anacronisti quindi, perché Il termine anacronismo (dal greco "mancanza di tempo") si usa per indicare, generalmente nei film storici, situazioni dove appaiono oggetti o personaggi che storicamente non sarebbero potuti apparire.
Un anacronismo è dunque un fatto o un oggetto “fuori dal tempo”, ovvero, inserito in un contesto temporale che non è il suo.
Allora vede, signor Presidente, nessuno di noi disconosce il significato del termine, siamo andati a scuola anche noi, il problema è che del nostro supposto anacronismo, noi ne siamo ben fieri.
La cosa curiosa è che chi oggi si definisce comunista, libertario, pacifista, è sovente, per non dir quasi sempre, un soggetto che non deriva la sua formazione da quella delle culture staliniane, ma vi è spesso approdato per una sorta di necessità etica e fattuale.
A noi anacronisti spetta così dover riprendere in mano l'eredità di movimenti, di idee, di pulsioni che hanno segnato profondamente il novecento senza ancora trovare le ragioni per la loro scomparsa o negazione.
Anzi oggi sul tappeto vi sono tutte le ragioni e le urgenze per una riproposizione secca ed energica di quelle pulsioni, di quelle aspirazioni, di quelle cornici di riferimento.
Certo voi non ci capite, preferite capire le bande berlusconiane, affermare che il panem et circenses delle manifestazioni calcistiche sono un ritrovato anelito "patriottico" una conferma dell'unione del paese di cui, e lo sottolineate anche, andar fieri.
Ma di cosa dovremmo andar fieri? Della Mafia o Camorra o sacra Corona Unita che imperversano in almeno quattro regioni italiane? Dovremmo andar fieri degli scandali che annualmente affiorano tra il ceto dirigente italiano?
Dovremmo andar fieri di un paese che, passate le elezioni politiche, scopre che la sua rinnovata classe dirigente l'unica cosa che cerca è di ricalcare il più possibile le orme di quella passata?
Lei, purtroppo, è stato troppo filobolscevico per capire cha la democrazia è altra cosa dalla continuità congelata delle istituzioni e dei percorsi politici.
Ogni giorno ci rammenta la necessità di posizioni comuni tra governo ed opposizione su praticamente tutto, ma forse lei non ha torto.
Come giustamente affermava lo scrittore pachistano Tariq Alì a proposito della nostra classe politica, non v'è veramente alcuna differenza tra il centro sinistra e la CDL, questi, in definitiva, ragionano allo stesso modo, considerano lo stato, espressione di loro stessi.
Ma se tutto ciò crea a noi anacronisti, oggettivamente, dolore e sofferenza anche umana, stia pur certo, caro Presidente, che non scompariremo, per quanti sforzi voi facciate, sappiamo che oggi, tutto muove contro di noi, particolarmente per gli errori e le limitatezze di sguardo storico che voi ex comunisti, quando eravate su altre sponde, più simili alle nostre, avete commesso e che non sapete più, in alcun modo, reinterpretare, schiavi della stessa falsa coscienza a cui avete assoggettato il vostro popolo.

Gabriele Attilio Turci

Forlì 17 luglio 2006