Capodanno silenzioso
Pierangelo Indolfi - 31-12-2004
Segnalo dal Corriere della Sera

La preghiera di Assisi «Capodanno silenzioso»

Il Custode della basilica: donate i soldi alle vittime dell’Asia Il cardinale di Napoli: no ai botti. I Comuni riducono le feste

«A Capodanno non spendete soldi in fuochi d’artificio. Date i vostri denari per aiutare le popolazioni colpite dall’immane tragedia causata dal maremoto»: parte dai Frati Minori di San Francesco d’Assisi, da padre Vincenzo Coli, il Custode della Basilica, l’invito agli italiani ad «allargare il cuore con gesti di generosità». E mentre Telefono Blu propone una giornata di lutto nazionale (in Austria ci sarà oggi), in alcune città - Bolzano, Saronno, Como e Bari - si è già deciso di annullare o ridurre i festeggiamenti per la notte del 31. In altre, ad esempio Napoli, capitale dei botti, ci saranno luminarie e feste, ma saranno l’occasione per raccogliere fondi e aiuti. E un invito arriva anche dal cardinale Giordano: «Nella notte di Capodanno sarebbe edificante se si rinunciasse ai botti». Si calcola che nella notte di San Silvestro vengano sparati 55 milioni di botti. Milioni di euro in fiamme e fumo. «L’avvento del nuovo anno deve essere segno di un rinnovamento interiore, con l’uomo che diventa sempre più uomo perché si fa fratello dell’altro», si augura padre Coli. Ci vogliono «gesti dettati dalla fantasia che trova percorsi e strade proprie in ciascuno». I fondi per finanziare la festa programmata per San Silvestro a Bolzano saranno dirottati dal Comune verso le organizzazioni umanitarie impegnate nei Paesi straziati dallo tsunami. L’amministrazione del capoluogo altoatesino invita anche la cittadinanza a offrire contribuiti in denaro. Non ci sarà festa in piazza a Saronno. Il Comune del Varesotto ha cancellato fuochi d’artificio e spettacoli di cabaret mentre il sindaco, Pierluigi Gilli, invita i concittadini «a rinunciare ai bagordi, a mobilitarsi nelle iniziative di soccorso e a essere particolarmente generosi».
«Sarà un segno di concreta condivisione eliminare o almeno ridurre le spese per i botti, soprattutto di quelli più pericolosi, e devolvere i risparmi alla doverosa opera di solidarietà», sottolinea il cardinale di Palermo Salvatore De Giorgi. Il porporato, il quale ha disposto che in tutte le parrocchie dell’archidiocesi siciliana si promuova una colletta per le popolazioni coinvolte nella sciagura, invita i parroci a inserire nelle celebrazioni della notte di San Silvestro l’intercessione per le vittime e l’invocazione della serenità per i sopravvissuti. Niente giochi pirotecnici anche a Como. La giunta provinciale li ha annullati. Ai comaschi saranno distribuite migliaia di torce da accendere a mezzanotte nella piazza principale. A Milano l’opposizione propone di annullare le feste e di devolvere gli stanziamenti. L’ha già deciso il sindaco di Bari, Michele Emiliano: meno concerti e 100 mila euro in beneficenza.
A Napoli la festa si terrà. Sul palco allestito in piazza Plebiscito saliranno alcuni cantanti e ci saranno i tradizionali fuochi a mare. «Stiamo studiando come raccogliere denaro e trasformare le manifestazioni multietniche che abbiamo organizzato in una festa della solidarietà», dichiara l’assessore Nicola Oddati. Martedì è stato il cantante e musicista Mirko Casadei, l’erede di Raoul, re del liscio, a lanciare da Forlì l’invito a raccogliere fondi per la Croce Rossa in tutte le piazze. Sono già arrivate le prime adesioni.
«Gli italiani stanno già dimostrando la propria solidarietà. L’uomo ha bisogno di scosse. Dà il meglio di sé quando si trova di fronte alle tragedie», commenta padre Vincenzo Coli. I francescani, si sa, sono poveri. Tutto ciò che hanno da offrire è se stessi. «Faremo una veglia di preghiera sulla tomba di Francesco nella basilica inferiore di Assisi», dice padre Enzo Fortunato, portavoce dei religiosi. Poi apre il libro delle Ammonizioni di San Francesco e legge la diciottesima: «Beato l’uomo che sostiene il suo prossimo...».

Giuseppe Guastella

interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 Gianni Mereghetti    - 31-12-2004
Nello sguardo ferito
le spiagge punteggiate di morte,
a fatica si va nella notte
dove incombe l’estremo singhiozzo del tempo.

Il passaggio non è l’evasione dal male,
è un inizio che tutto lo porta.

La vittoria di Cristo
ci accompagna sul ponte
che mai cederà sotto il peso dell’umano fardello.

La vita rinasce
nel crogiuolo di un unico istante,
la simpatia di uno sguardo
sconfigge per sempre la furia del nulla.

Buon anno.
Gianni


 Pierangelo    - 31-12-2004
da Repubblica Bari del 31.12.2004

Cari baresi perché si deve andare in piazza
di MICHELE EMILIANO - Sindaco di Bari

Cari baresi,
alla mezzanotte di oggi, 31 dicembre 2004, il cittadino Michele Emiliano sarà con voi in piazza. Sarà un brindisi ideale perchè sinceramente non avrò voglia di alzare il calice a quello stesso cielo che, per quel miracolo che si chiama vita, transiterà anche sulle teste dei morti e dei vivi del disastro dell´Oceano Indiano. Prima di venire in piazza, sarò a casa con la mia famiglia e mai, come quest´anno, sentirò forte, fortissimo nel cuore il desiderio di abbracciare mia moglie e i miei figli e ringrazierò chi riterrò di ringraziare per la fortuna d´avermi dato: avere una famiglia e avere accanto a me le persone che mi amano. Non per questo ritengo d´essere migliore degli altri. Penso che anche chi sceglierà di partecipare a un tradizionale veglione, tra balli, feste e cenoni, abbia il sacrosanto diritto di farlo e abbia la mia identica sensibilità che, come sanno i filosofi, è un abito della coscienza e non si misura dai gesti ma dai sentimenti. E quelli, come dice Sant´Agostino, abitano «in interiore homine», cioè nella parte più riservata della nostra anima. Non vi chiedo, pertanto, gesti di estremo sacrificio, ma essenzialmente due cose.
La prima: spero d´essere compreso e accettato per la mia decisione di tagliare la festa di fine anno e destinare i fondi alle adozioni a distanza dei bambini sopravvissuti. Agirò in questa direzione personalmente, ma queste cose non si dicono: se lo faccio è solo perché spero che in molti, tanti seguano il mio esempio. La seconda: venite in piazza, ci sarà buona musica e ci sarà anche buona gente, ci saranno tutte le persone che si occupano degli altri senza nulla chiedere in cambio se non la consapevolezza di potersi guardare allo specchio e sentirsi bene. Ecco, vorrei dirvi che anch´io, quando ho deciso di non celebrare una festa sfarzosa, mi sono sentito bene. Non è stata una decisione indolore e vi spiego perché. Siamo stati eletti da pochi mesi e avevamo organizzato tre giorni di spettacoli, sobri ma intensi, anche per dimostrare di voler fare qualcosa di buono. L´assessore Laforgia aveva lavorato per allestire un bellissimo programma. Non so se e quanti condivideranno la nostra decisione, ma so che c´è un momento, nella vita di ogni uomo, in cui, come diceva un titolo di un famoso best seller, bisogna andare dove ci porta il cuore. Il mio cuore mi porta laggiù e spero di avere molti compagni di viaggio. Nella notte più magica dell´anno ci saranno tutti i consiglieri comunali, di maggioranza e di opposizione e anche gli assessori. Consentitemi di ringraziare soprattutto coloro che, schierati dalla parte opposta dello schieramento politico, hanno condiviso e sostenuto con forza la nostra scelta. Devo ammettere che la loro determinazione è stata una molla fondamentale per fugare gli ultimi dubbi.
Penso che questa città possa e debba crescere e lo farà se un piccolo esempio come questo, servirà a mettere da parte gli steccati ideologici. Vi chiedo, quindi, un gesto concreto per aiutare i bambini. Ma chiedo anche a ognuno di voi di pregare il suo Dio - e chi non ce l´ha preghi l´Uomo - affinché la disperazione di chi non ha più niente possa trovare ristoro nella speranza di un anno migliore. Auguri.

 Pierangelo    - 31-12-2004
da Repubblica online - 29.12.2004

PASSAPAROLA
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Capodanno senza botti un silenzio per condividere
In un mondo sempre più globale, quello che è successo ci tocca da vicino. E la festa non può trascorrere come se niente fosse
di MAURIZIO CROSETTI

Ci sono momenti in cui il silenzio è una necessità più che un dovere. Momenti in cui non si può chiudere il mondo dietro la porta di casa, lui là fuori, noi qui dentro a festeggiare. Perché questo non è un Capodanno come gli altri. Il mondo, fuori, ci è entrato in casa senza bussare: è così che fa, quando la gente muore. Il mondo sfonda la porta, ci mette davanti agli occhi le tremende fotografie dei giornali, le strazianti immagini della televisione. Non è possibile restare indifferenti a quel mondo che bussa e muore, magari con una bottiglia di spumante in mano e un petardo nell'altra.

Non si tratta di retorica, né di astratta carità mentale. La necessità del silenzio, come momento di riflessione sulla nostra storia e sul nostro destino di uomini - che in un attimo può trasformarsi nel destino di tutti e viceversa (il destino è capriccioso e non si cura dell'indifferenza) - riguarda chiunque abbia occhi e cuore.

E allora pensiamo che stavolta sia giusto non fare rumore, non festeggiare il nuovo anno con i botti e i fuochi: sarebbe come urlare in presenza di chi soffre. Condividere un dolore non vuol dire diventare tristi, ma rispettare quel dolore e chi lo sta vivendo.
Anche se si trova dall'altra parte del mondo: e poi, la tragedia del Sudest asiatico ci ha spiegato che il mondo è diventato proprio piccolo, e che lo si percorre in un attimo. Può accadere di essere turisti in vacanza esotica, e in un istante trasformarsi in vittime o testimoni di un cataclisma.

Dunque, il silenzio di Capodanno è anche un modo per riflettere su di noi, non solo per essere un po' più vicini a "loro", ai lontani, agli sventurati.
Una festa senza fuochi (che, tra parentesi, ogni anno mozzano mani e oscurano occhi, di bambini e ragazzi soprattutto) è un segno di profonda umanità, di semplice ma vissuta partecipazione. Aspettare il secondo che fa scoccare il nuovo anno, e pensare che chi sta male non è solo: proviamoci, stavolta. Sarà una maniera, anche, per augurarci di non essere soli quando potrebbe toccare a noi star male.

Si parla tanto di globalizzazione e di confini più vicini, in questa nostra inquieta modernità, e così viviamo nel mondo che aspetta il nuovo anno.

Proviamo a farlo nel silenzio e nel rispetto del dolore, così anche il nostro pensiero potrà essere un po' più globale, se riuscirà a occuparsi dell'uomo.

Cioè gli altri, cioè noi.

 Ilaria Ricciotti    - 01-01-2005
PACE, GIUSTIZIA, SERENITA', LIBERTA', RISPETTO,

ALTRUISMO, SINCERITA',

QUESTO E' CIO' CHE CHIEDO ALL'ANNO 2005,

NATO POCO FA.

 Gianni Mereghetti    - 01-01-2005
E’ un attimo la mezzanotte,
impercettibile il passaggio,
l’anno che finisce si salda in quello che comincia.
E’ un istante di tempo
in cui vibrano estremi desideri,
che nulla si perda,
tutto venga ricomposto.
E così stando in bilico
tra la gioia e la tristezza
si cammina dentro il tempo che passa,
è un Dio che ci accompagna
l’unica, incrollabile certezza

 Anna Di Gennaro    - 01-01-2005
Nel segnalarvi un articolo davvero significativo, colgo l'occasione per augurare a tutta la gentile redazione, nonostante tutto, i più sinceri auguri di buon anno nuovo.
Anna Di Gennaro


Il Giornale 30.12.2004
Il tropico del dolore
Antonio Socci
da stranocristiano.com

Ci angoscia da giorni il pianto straziato di tutte quelle madri. Quante vittime innocenti: ogni giorno migliaia in più. Certo, da noi c’è anche chi riesce a dispiacersi per il fatto di aver perso una vacanza prenotata e la caparra (dimenticando di averla scampata). Ma tanti sono sinceramente addolorati. Fanno la telefonata al numero verde per “regalare un euro” a quei poveracci e anche di più. Molti pregano. Tuttavia sappiamo qual è la legge ferrea dei media. Fra due o tre settimane questa sciagura non sarà più in prima pagina e neanche nei titoli dei tiggì.
Se non fosse per quel centinaio di italiani ancora introvabili, forse – diciamoci la verità - avremmo già una gran voglia di “distrarci”. Lo si vede su giornali e tiggì: pian piano la normalità riguadagna spazio e anche le fatuità (che in tv, peraltro, non hanno mai perso la scena). Fanno capolino gli oroscopi per il 2005, il menù del cenone e si dibatte della telenovela fra Mastella e Prodi: fra un po’ tornerà pure la Lecciso. Sono pronti a milioni a passare dalle immagini delle isole della tragedia alla nuova edizione dell’ “Isola dei famosi”.
E’ anche ovvio che si volti pagina. E’ così che si sopravvive alla condizione umana. La strage verrà prima o poi archiviata sotto la voce “Cataclismi asiatici”. Com’è accaduto alle 200 mila vittime del Delta del Gange (nel novembre del 1970), di cui ci ha parlato splendidamente Mario Cervi, e al terremoto che esattamente un anno fa, lo stesso giorno del maremoto (il 26 dicembre 2003) ha raso al suolo la città storica di Bam, in Iran, facendo 20 mila morti (a proposito: chi si ricorda più di questi fatti?).
L’uomo non può sopportare troppo dolore, né troppa realtà. Ha bisogno di fuggire nella rassicurante banalità e nei lustrini dell’illusione con nani e ballerine. Ieri Giuliano Ferrara mi ha scritto che “senza routine e senza Mastella, non percepiremmo l’eccezione” che sarebbe “il tragico”. Ma proprio qui sta l’abbaglio, caro Giuliano. Tu pensi davvero che noi viviamo nella “Penisola dei famosi”, cioè in una normalità, occidentale e benestante, dove il tragico è “l’eccezione”?
Certo, viviamo benone a confronto del resto del mondo ed è pazzesco che lo dimentichiamo così spesso. Ma davvero pensiamo che “il tragico” sia il cataclisma che ogni tanto si abbatte da qualche parte? Non stiamo dimenticando qualcosa? La nostra vita dov’è? Io penso che il tragico sia la sorte quotidiana degli esseri umani, ogni giorno della storia, dalla notte dei tempi, per tutti: occidentali compresi. E penso che ciò che corrode l’Occidente, quello che tu, amico Ferrara, chiami nichilismo, sia innanzitutto una cultura che censura questa condizione di mendicanti che tutti, anche noi occidentali, viviamo. Esagero? Mi sbaglio? Può darsi.
Ma penso ai 100 mila poveretti la cui sorte in questi giorni ci addolora e poi rifletto su un’altra cifra: ogni anno ben 17 milioni di persone muoiono nel mondo per le “normalissime” e silenziose malattie cardiovascolari (solo in Italia le vittime sono 242 mila all’anno e in Europa 4 milioni). Un mare di morti che non vediamo, morti – per così dire – di routine, in linde camere di ospedale (conosciamo quanto dolore e quanta solitudine vi si respirano?). Potremmo aggiungere i 9 milioni di esseri umani spazzati via ogni anno dal cancro. E’ la normale ecatombe con cui conviviamo senza pensarci (salvo quando ci tocca personalmente, magari in una persona amata).
Anche oggi è in corso questa tragedia, anche se la scienza ha fatto “grandi conquiste” (l’Oms prevede che il numero di vittime per le malattie cardiovascolari addirittura s’incrementerà di 250 mila all’anno fino al 2020). Certo è già tantissimo avere a disposizione le cure della medicina moderna (tanta parte dell’umanità, purtroppo, non ne dispone), ma alla fine, a ben vedere, effimera resta la vita e dolorosa è la sorte umana. Si dirà che c’è una bella differenza fra un’onda anomala e quelle patologie. Ma perché?
In entrambi i casi grida la spaventosa fragilità della nostra condizione e la forza travolgente e cieca della natura: sia nella sua maestosa potenza devastatrice (basta un sussulto dell’oceano per sommergere tante minuscole creature), sia nei suoi incontrollabili meccanismi microscopici (basta un nonnulla che ostruisca le nostre arterie ed egualmente a milioni veniamo sopraffatti ogni anno).
La differenza sta solo nel fatto che l’onda anomala va in mondovisione e così pure le sue vittime, tutte insieme. Ma allora questa tragedia non ci sconvolge perché è “l’eccezione”, ma perché è visibile e ci apre gli occhi sulla normalità della morte quotidiana che non vogliamo mai vedere, che censuriamo. Ogni giorno vengono al mondo nuove creature e una miriade di esseri umani viene spazzata via. E’ un batter d’occhio, la vita umana. Dice la Sacra Scrittura che la stirpe degli uomini è “come l’erba che germoglia al mattino:/ al mattino fiorisce, germoglia,/ alla sera è falciata e dissecca”. Ma tutto questo c’induce alla saggezza? C’è nel mondo una sorgente di saggezza, quella che Thomas S. Eliot nei suoi “Cori da La Rocca ” chiamava “ la Straniera ”, ed è lei che ammonisce: “Ricordati che sei polvere e polvere tornerai”.
Un pensiero attribuito al grande Leonardo – che aveva una percezione terribile dell’uomo e della sua miseria – recita amaramente: “Gli uomini nascono e vivono senza rendersi conto o interrogarsi sulla vita, di loro spesso restano solo cessi pieni”. Un giudizio sferzante. Forse troppo. Al tramonto di un anno dovremmo lasciar spazio piuttosto alla pietà. Siamo poveracci, dovremmo aver compassione gli uni degli altri. Come nella “Ginestra” leopardiana. D’altra parte non è necessaria la brutale forza del vulcano, basta la nostra debolezza. Nel 1999 sono morte nel mondo 3 milioni di persone per cause dirette o indirette dovute al banalissimo fumo: un morto ogni dieci secondi (fra il 1950 e il 2000 circa 62 milioni di persone sono decedute per questo). Si calcola che nel 2025 i morti a “causa del fumo” saranno 10 milioni all’anno: uno ogni tre secondi. Quando si dice la banalità del male.
Basta così poco. Siamo veramente effimeri. A metà fra durezza della natura e gravi responsabilità umane sta un’altra ecatombe quotidiana di cui fatichiamo ad accorgerci: secondo l’Oms circa 10 milioni di morti ogni anno per fame e povertà, 6 milioni dei quali sono bambini sotto i cinque anni. Gran parte dei quali si potrebbe salvare con pochissimo. Sì, perché spesso anziché soccorrerci noi cooperiamo con la crudeltà della natura e la superiamo in ferocia.
Proprio in quell’Asia oggi flagellata dal disastro naturale, per la precisione nella Cina di Mao, in un paio di anni, dal 1959 al 1960, furono fatte morire di fame 30 milioni di persone, perlopiù contadini, a causa delle follie del regime. E in Indocina – specialmente nella Cambogia dei Khmer rossi – negli anni Settanta se ne massacrarono altri milioni, a volte a colpi di piccone sul cranio, sempre per deliri ideologici. E – per stare alla zona del disastro – come dimenticare il genocidio di Timor est e la strage per fame in corso in Corea del Nord? Par di vedere il tremendo Novecento dell’Europa dei genocidi. Non solo la natura, ma anche la storia – come diceva Hegel – è un’orrida macelleria.
La tragicità non è l’eccezione. Siamo tutti naufraghi. E il Cristianesimo, il mio amico Giuliano lo sa bene, non è uno spunto per imbastire belle polemiche culturali e dividersi fra neocon e nichilisti. E’ la salvezza, il trionfo sulla morte. Oppure è un imbroglio.


 Pierangelo    - 03-01-2005
Leggendo l'articolo di Antonio Socci, resto allibito. Non sono un insegnante di Lettere, ma ad un temìno siffatto non metterei un voto alto. Non tanto per la forma, ma per la illogicità del susseguirsi delle argomentazioni.

Come si fa a partire da una tragedia in cui sono morte in pochi minuti centinaia di migliaia di persone, per poi dire che i morti a causa del fumo di sigaretta sono assai di più, quindi approdare alle citazioni da Il libro nero del comunismo e concludere liquidando un fenomeno complesso come il Cristianesimo con una sola battuta, come se stesse parlando dell'Aspirina: "è la salvezza, il trionfo sulla morte".

E, come ho già avuto modo di affermare a proposito di Gaspare Barbiellini Amidei, la cosa che mi stupisce è che questa è gente che da quello che scrive riesce a campare la famiglia.

Poi dice che la Sinistra vuole detenere l'egemonia della cultura in Italia. Se dall'altra parte il meglio che viene fuori è il manganellante pressappochismo di Marcello Veneziani o il mistico baciapilismo alla Socci, non c'è neanche il gusto di controbattere.