La centralità della persona
Cosimo De Nitto - 13-04-2007
(o della quasi continuità con la Moratti)

A proposito delle nuove (?) Indicazioni Nazionali 2

Il secondo capitolo del documento è dedicato alla centralità della persona. Qui si riprende il Moratti-Bertagna-pensiero e lo si ripropone pari passo per 20 righe. Poi nelle altre 20 si parla di gruppo, socializzazione, classe.

Accortisi gli estensori della giustapposizione e timorosi che si indulga troppo alla importanza della "socializzazione", e che ci si contraddica con quanto affermato nelle prime 20 righe, recuperano in questo modo:

"La formazione di importanti legami di gruppo non contraddice la scelta di porre la persona al centro dell'azione educativa, ma è al contrario condizione indispensabile per lo sviluppo della personalità di ognuno".

Insomma, si potrebbe dedurre, l'essere sociale dell'uomo se si potesse si negherebbe del tutto (Moratti-Bertagna), ma non potendosi ignorare una dimensione così importante e fondamentale dell'essere umano che lo fa stare con gli altri e lo connota in tutti gli aspetti del suo esistere, allora la si limita ad "importanti legami di gruppo, importanti in quanto "condizione indispensabile per lo sviluppo della personalità di ognuno ".

Vivere, giocare, cooperare, fraternizzare, scontrarsi, prevaricare, subire, mediare, negoziare, pattuire, aiutare ed essere aiutati, apprendere insieme, discutere, sintetizzare pensieri, costruire conoscenze insieme agli altri, provare sentimenti come amicizia, stima, amore, simpatia, antipatia, gelosia, invidia ecc, ecc.

Come si fa a ridurre la dimensione sociale del bambino-ragazzo-adolescente alla nozione di "legami di gruppo" importanti in quanto strumentali allo sviluppo della persona? Troppe semplificazioni e banalizzazioni su questo terreno rendono pressoché inutili scienze (umane) come la sociologia, la psicologia, l'antropologia.

Nelle buone intenzioni degli estensori si vogliono evitare astrazioni ed astrattismi. Ma allora, perché il cardine di tutto il discorso è la nozione di persona così astratta che più astratta non si può?

Il libricino del Ministero titola "Cultura Scuola Persona" e come sottotitolo recita "verso le indicazioni nazionali per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo di istruzione".

Allora perché non si è cercato di rendere concreta la nozione metastorica ed astratta, metafisica direi, di persona dicendo: parliamo dei bambini di oggi 2007 anno del Signore presi nella fascia di età dai 3 ai 5 anni e nella fascia dai 6 agli 11 anni.

Nella fascia dai 3 ai 5 e dai 6 agli 11 anni come si manifestano i bambini nei comportamenti, negli apprendimenti, nelle relazioni con i pari e con gli adulti di riferimento?

Quale percezione essi hanno di se stessi e degli altri?

Quali bisogni essi avvertono, quali disagi svelano, come si sviluppano in essi dimensione cognitiva, comportamentale, socio-affettiva?

Come crescono "questi" bambini, figli di "queste" famiglie, in "questi" contesti socio-culturali e relazionali?

Dire che è "persona" basta a connotare Marco, che ha problemi fisici, Lin che non dice e non capisce una parola di italiano, Andrea che è un bambino figlio di tossici ed alcolizzati dato in affido ad una famiglia che non sa come prenderlo, Gianni che è aggressivo e violento, Marta che si chiude in sé, non dice una parola e se ne sta sempre sola, Lucia che se ne sta attaccata alle gonne della maestra tutto il tempo, Luca che ha sempre gli occhi ed il pensiero da un'altra parte, Anna che piange ad ogni minimo contrattempo?

Ci sono forse insegnanti che per andare dietro alle loro conoscenze astratte non si occupano di questi bambini reali, in carne ed ossa?

Mi chiedo, nella commissione ministeriale, c'era qualche insegnante di scuola dell'infanzia o elementare che dicesse agli altri: "Ma signori miei di quali bambini parliamo, di quali insegnanti parliamo, di quale scuola stiamo parlando?"

Anche se l'insegnante volesse, perché (sciagurato!) ama più le nozioni parcellizzate ed astratte (?) dei suoi bambini, potrebbe mai lasciare Marta al suo mutismo, Gianni alla sua aggressività, Luca ai suoi pensieri che sono sempre da qualche altra parte, Andrea alla sua carenza di genitorialità, Lucia alle sua carenze affettive, Anna alla sua gracilità emotiva, Lin a pensare alla Cina e al perché si trova in questo mondo strano e qualche volta ostile?

Assolutamente no.

L'insegnante si occupa prevalentemente e prioritariamente delle "persone" sempre, da quando entrano i bambini in classe a quando escono, quando dialogano, o cercano di dialogare con i genitori, quando si riuniscono tra di loro, quando devono inventarsi soluzioni per colmare la carenza di strutture specialistiche di assistenza, supporto psicologico e sociale nel territorio, quando devono supplire all'assenza degli insegnanti di sostegno che il Ministro ha ritenuto inutili ed ha tagliato.

Ben strana cosa è che il ministro Fioroni, come prima di lui la Moratti , canta il peana della "persona" e poi aumenta i bambini per classe, taglia il sostegno e gli organici, rende impossibili interventi, questi sì, "personalizzati".

Ma allora, se gli insegnanti si occupano quotidianamente, a volte ne hanno persino gli incubi notturni, dei bambini-ragazzi-persone umani che hanno una loro fisicità, psicologia, comportamenti, capacità apprenditive, hanno una loro storia, loro vissuti, mondi interiori, quale bisogno c'era e c'è di martellare con la centralità della persona e traslare così dal livello antropologico, psicologico, sociologico, pedagogico, a quello ideologico, teleologico e persino teologico?

Alla faccia del nuovo umanesimo!

Mi sembra che sia stato messo un cappello sul sistema formativo pubblico e nazionale. Un cappello inutile per certi aspetti, dannoso per altri. Un cappello che non unisce, non "legge" la realtà, non interpreta il presente (valore ermeneutico), ignora la storia, non indica strade e percorsi lungo cui cercare, sperimentare, trovare, inventare soluzioni sempre adattabili e perfezionabili ai veri e reali problemi del nostro sistema formativo.

Manca la storia, ridateci la storia dell'istituzione scolastica; dateci le coordinate spazio-temporali per capire il cammino che la scuola italiana ha fatto per giungere sin qui, le diverse stagioni, le cose bellissime ed originali che ha fatto, gli errori, le difficoltà e le sfide di oggi .

Dateci la storia affinché gli insegnanti (soprattutto gli anziani esperti reduci da tanti cambiamenti) possano guardare il loro passato, anche personale, e trovarci il continuum, il filo conduttore che li ha fatti navigare nelle diverse stagioni, con successi, errori, intuizioni, entusiasmi, ricerche e sperimentazioni, infatuazioni pedagogiche e didattiche, sempre comunque al servizio dei bambini-ragazzi e delle loro persone.

Dateci la storia per non cadere nel vuoto della disperazione e del pentimento per non aver mai messo in tutta la nostra vita professionale al centro la persona, anzi "la centralità della persona".

Che delusione!

Quanto sono arretrate queste nuove(?) Indicazioni!

E poi, diciamocelo chiaramente: alla Chiesa non è riuscito di mettere il cappello delle "radici cristiane dell'Europa" alla Costituzione Europea, riesce bene invece metterlo come ispirazione centrale alle Indicazioni Nazionali, Moratti-Fioroni imperanti.

E' mai possibile, oggi, con la cultura pedagogica e didattica che gli insegnanti hanno maturato in decenni di professione, di trincea direbbe una mia collega, parlare di "centralità", qualsivoglia essa sia? Se proprio si vuole, si può parlare di centralità al plurale.

Centrale è l'allievo, centrale è il docente, centrale è l'ambiente di apprendimento, centrali, anzi centralistiche, sono le politiche ministeriali, centrali sono le risorse che diminuiscono, centrale è il territorio, centrali sono le relazioni tra tutte queste centralità.

Lo so che non è troppo neo-umanista fare ricorso alla Sistemica, ma penso che tutte queste centralità "facciano sistema" e come tale esse vadano considerate.

Allora non parliamo solo della complessità del mondo globalizzato, parliamo anche delle complessità della scuola. Per capire, pensare, elaborare strategie, operare per il suo miglioramento.

Ci dicano qualcosa a questo livello le Indicazioni, non si esauriscano nel teleologismo, altrimenti si potrebbe dire che sono Indicazioni che indicano poco, perché ad alcuni possono sembrare scontate, ad altri non dire niente, ad altri ancora risultare un'occasione perduta per dire qualcosa di significativo ed efficace sulla scuola di oggi (e quella di domani).

A proposito delle nuove (?) Indicazioni Nazionali 1
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