Innocenzo Cipolletta - 15-06-2005
Ne avevamo già parlato nei giorni scorsi. Ora entriamo nel merito proponendo un intervento pubblicato nel sito La voce . (Red)
Il sistema contrattuale nato dagli accordi del 1993 ha molti limiti, ma la sua sostituzione con uno nuovo non sarà agevole. Se non si farà attenzione ai molti trabocchetti, l'eventuale avvio di una nuova negoziazione potrebbe portare più tensioni e inconvenienti che vantaggi.
Il contratto e il territorio
Vediamo i suggerimenti e gli obiettivi fin qui proposti da esperti e da parti sociali. Si sostiene che la determinazione del salario debba essere decentrata in modo da distribuire la produttività del lavoro lì dove essa si forma. Così espresso, questo obiettivo presuppone il mantenimento di un sistema di contrattazione salariale centrale, dove venga assicurata la difesa del potere d'acquisto del salario, e l'estensione a tutte le imprese della contrattazione decentrata, per favorire la distribuzione della crescita della produttività.
In questi termini, rappresenta un aggravio di contrattazione e verrebbe a determinare un aumento del costo del lavoro rispetto alla situazione attuale, dove la contrattazione aziendale non è obbligatoria. Pertanto, sarebbe mal digerito dalle imprese, sia che si estenda obbligatoriamente la contrattazione aziendale a tutte le imprese (anche alle piccole), sia che si adottino livelli contrattuali territoriali (regionali o altro). Per altro, è da notare che il contratto territoriale ha tutti i difetti di quello nazionale portati all'ennesima potenza. Infatti, poiché non distingue tra le diverse aziende, distribuisce incrementi di produttività (o quant'altro) che sono una media relativa a imprese presenti su di un territorio limitato. La media, quindi, è ancora meno rappresentativa che nel caso nazionale, tanto più che sul territorio possono esserci casi di competizione reciproca: lo stesso aumento di costo salariale finirebbe per penalizzare l'impresa più debole, ovvero per avvantaggiare notevolmente quella più forte.
Il sistema contrattuale nato dagli accordi del 1993 ha molti limiti, ma la sua sostituzione con uno nuovo non sarà agevole. Se non si farà attenzione ai molti trabocchetti, l'eventuale avvio di una nuova negoziazione potrebbe portare più tensioni e inconvenienti che vantaggi.
Il contratto e il territorio
Vediamo i suggerimenti e gli obiettivi fin qui proposti da esperti e da parti sociali. Si sostiene che la determinazione del salario debba essere decentrata in modo da distribuire la produttività del lavoro lì dove essa si forma. Così espresso, questo obiettivo presuppone il mantenimento di un sistema di contrattazione salariale centrale, dove venga assicurata la difesa del potere d'acquisto del salario, e l'estensione a tutte le imprese della contrattazione decentrata, per favorire la distribuzione della crescita della produttività.
In questi termini, rappresenta un aggravio di contrattazione e verrebbe a determinare un aumento del costo del lavoro rispetto alla situazione attuale, dove la contrattazione aziendale non è obbligatoria. Pertanto, sarebbe mal digerito dalle imprese, sia che si estenda obbligatoriamente la contrattazione aziendale a tutte le imprese (anche alle piccole), sia che si adottino livelli contrattuali territoriali (regionali o altro). Per altro, è da notare che il contratto territoriale ha tutti i difetti di quello nazionale portati all'ennesima potenza. Infatti, poiché non distingue tra le diverse aziende, distribuisce incrementi di produttività (o quant'altro) che sono una media relativa a imprese presenti su di un territorio limitato. La media, quindi, è ancora meno rappresentativa che nel caso nazionale, tanto più che sul territorio possono esserci casi di competizione reciproca: lo stesso aumento di costo salariale finirebbe per penalizzare l'impresa più debole, ovvero per avvantaggiare notevolmente quella più forte.