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A proposito del mini-dibattito sulla valutazione
Stefano De Luca
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Il mini-dibattito sulla valutazione che si è sviluppato sin qui mi conferma due sensazioni che mi accompagnano da tempo:
1) che se si avvia una discussione seria e concreta tra persone che conoscono realmente i problemi della scuola è possibile arrivare a definire in modo abbastanza determinato anche un problema così difficile come quello della valutazione dei docenti;
2) che le persone adatte a fare ciò sono i docenti stessi e i presidi, ossia coloro i quali fanno realmente scuola, e non i cosiddetti 'esperti', in primis i professori universitari di pedagogia e affini (ci sarà qualche eccezione, ma la regola...) e subito dopo gli esperti di derivazione aziendale.
Ciò detto, ho trovato particolarmente interessante la proposta della preside Cremascoli. La proposta è molto articolata, specifica, determinata ... insomma il contrario di quello che circola normalmente. L'idea di una carriera, anzi di due carriere, mi sembra buona. Avrei solo qualche osservazione da fare. La prima è di dare un ruolo più rilevante all'utenza (in primo luogo, agli studenti) nella valutazione del docenti (su questo rimando anche a quanto ho già scritto sulla valutazione tra docenti della medesima scuola), per ciò che riguarda la 'carriera docenti' (dal I al III livello). La seconda è che per passare al livello più alto della docenza bisogna definire bene i criteri, perché un rischio esiste. Mi spiego: da qualche anno mi sembra di assistere alla nascita di una nuova categoria, che io chiamo i 'professionisti del progetto'. Questi insegnanti, anche se a volte non sono particolarmente brillanti ed efficaci come insegnanti, sono efficacissimi nel buttare giù 'progetti' sui più svariati argomenti, in modo particolare su quelli che il Ministero è poi pronto a finanziare. Talora (non voglio dire spesso) si tratta di aria fritta, ma magari è ben pagata, e tutti i colleghi sono contenti che a scuola arrivino dei soldi; ma, culturalmente e dal punto di vista della formazione, siamo vicini allo zero.
La mia preoccupazione, allora, è che si individuino criteri di forte significato culturale, formativo e didattico per far giungere un docente al massimo livello della sua carriera (quello in cui, per capirci, dovrebbe potersi occupare di progettazione didattica, aggiornare e formare anche i colleghi, e così via). La terza osservazione riguarda le retribuzioni. Dopo il secondo livello, se ho capito bene, si aprono due strade: quella interna alla 'docenza' (con il passaggio al terzo e ultimo livello di cui ho appena parlato) e quella verso le figure di sistema, che preludono ad una carriera 'dirigenziale'. Mi pare di aver capito che queste ultime lavorerebbero 35/36 ore alla settimana e sarebbero pagate di più dei docenti di III livello.
Ecco, su questo avrei delle riserve: a mio parere, tra il livello più alto della carriera docente e le figure di sistema ci deve essere parità di trattamento economico, anche nel caso in cui ci sia una magari leggera disparità di orario. Per i docenti, infatti, il minore carico di orario da passare a scuola sarebbe ampiamente compensato dal lavoro di preparazione per chi debba svolgere attività didattica a così alto livello.
Ma si tratta, tutto sommato, di particolari. Nel complesso, la soluzione proposta mi pare un'utile base di discussione, già molto articolata. Vorrei solo insistere sui criteri di fondo, i quali devono garantire che a progredire, nella carriera docente, siano quei docenti che fanno bene il loro mestiere di insegnanti (insomma, che i criteri siano rigorosamente culturali, didattici, formativi, senza nessuna concessione al mondo spesso fittizio dei progetti ministeriali o regionali o quant'altro. Ecco perché il giudizio dell'utenza è decisiva: provate un po' a chiedere agli studenti cosa pensano di molte 'belle' iniziative organizzate dalla scuola in collaborazione con il Provveditorato, con il Ministero, con la Regione, con l'Università e così via. Le risposte sono spesso irriferibili).
Un'ultima cosa. Visto che la discussione, una volta tanto, è determinata e concreta, azzerderei una proposta: perché non provare a definire, prendendo come base il testo di Cremascoli, una vera e propria proposta? Sarebbe interessante se si costitutisse un gruppo che faccia un simile tentativo. Mi farebbe piacere, ad esempio, se su un argomento così delicato intervenisse anche il collega Biuso. E, dopo aver sottoposto tale proposta ad un numero adeguato di colleghi, si potrebbe inviarla ai vari soggetti istituzionali interessati, in primis al Ministero. Non è forse ora che a pronunciarsi sul futuro della scuola siano coloro i quali la scuola la fanno (e la faranno) davvero? Anche perché si potrebbe scoprire (potrebbero scoprire...) che hanno più cose da dire degli esperti (pur costando infinitamente meno).
12 novembre 2000
in dall'interno della "riforma": |
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