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Dall'interno della riforma e dell'autonomia
proposte di soluzioni "tecniche"
Alessandro Rabbone
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La relazione di Stefano De Luca, alla Manifestazione nazionale organizzata dal Sole24ore e dalla Confindustria, con il patrocinio del Ministero della Pubblica Istruzione a Milano il 9/11/2000, ha permesso di riprendere, con nuovo vigore, la discussione a proposito della questione "valutazione dei docenti".
Alessandro Rabbone, citando, così commentava:
Secondo il relatore una parte significativa della valutazione dei docenti dovrebbe essere affidata agli utenti, in primis agli studenti (almeno per ciò che riguarda le scuole superiori).
...
La valutazione del Dirigente scolastico, sommata a quella dell'utenza, dovrebbe all'incirca
raggiungere il 50% della valutazione a disposizione.
Fino a qui sono molto d'accordo. Utenza + dirigente (ma perché non anche il collegio docenti o una sua commissione? Si continua a considerare gli insegnanti come un gruppo di bambini che si fanno dispetti a vicenda?)
"A queste valutazioni 'soggettive' dovrebbero poi affiancarsi della valutazioni 'oggettive' (o, per meglio dire, precodificate) costituite dai risultati ottenuti dagli studenti dell'insegnante in prove nazionali predisposte (tendendo conto degli standard generali e particolari, anche in relazione ai contesti socio-culturali) dall'Istituto Nazionale per la Valutazione. Queste dovrebbero prendersi all'incirca il 25%."
Anche l'adozione di questa forma oggettiva, con le dovute cautele, è condivisibile.
Infine, potrebbero essere costituite delle commissioni di esperti (professori universitari e ispettori) chiamati a valutare, sempre secondo criteri prefissati, le eventuali pubblicazioni scientifiche, le attività scolastiche e professionali svolte nel proprio settore di competenza e il grado di aggiornamento del docente stesso (su tematiche prefissate e scelte su base nazionale di triennio in triennio).
È questa, secondo me, la parte "malata" della proposta (la stessa che costituiva il cuore del "concorsaccio"). Il modello ripropone infatti un meccanismo di tipo "gerarchico - intellettuale" in vigore nei concorsi tradizionali dalla riforma Gentile in poi.
Si presume implicitamente cioè che il valutatore sia in possesso di una competenza professionale "specifica", dello stesso tipo dell'esaminando, ma di qualità superiore.
Mi si permetta di dissentire.
Con tutto il rispetto e l'ammirazione che ho per i docenti universitari e gli ispettori credo che una loro competenza specifica nell'insegnamento non sia un fatto da dare per scontato sempre e comunque.
Non capisco poi perché Stefano De Luca assegni al giudizio di docenti universitari e/o ispettori un valore "oggettivo" mentre quello dei dirigenti scolastici viene classificato (giustamente) come "soggettivo" (trattandosi appunto di soggetti).
Infine sono convinto che la discussione sulla valutazione dei docenti vada inserita nella piu' ampia visione della riforma per l'attuazione dell'autonomia.
Se di autonomia amministrativa ed organizzativa si tratta, dovrebbero essere allora i singoli istituti a dotarsi di forme di valutazione proprie, pur nei margini fissati da una normativa a livello nazionale (tra cui anche il contratto di lavoro).
Dovrebbe essere soprattutto l'unita scolastica (l'istituto) nel suo complesso ad essere oggetto di valutazione da parte di valutatori nazionali (l'Istituto Nazionale per la Valutazione ex CEDE) attraverso metodologie e prove standard come dice De Luca.
In altre parole, il meccanismo di valutazione degli insegnanti può essere un fatto che rafforza il processo di autonomia o che, al contrario, lo svuota di fatto della sua potenzialità innovativa e di cambiamento.
11 novembre 2000
in dall'interno della "riforma": |
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