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In relazione all'intervento di De Luca e alle successive osservazioni di Rabbone
Nanda Cremascoli
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La relazione di De Luca al convegno di Milano ha il merito di riflettere ulteriormente sulla complessa questione della valutazione del lavoro dei docenti, ne ho apprezzato la ricchezza e, come Rabbone, la pacatezza.
Dell'intervento De Luca apprezzo molto la riflessione che una qualsiasi valutazione dei docenti sia un processo assai articolato, ma concordo in parte con Rabbone quando puntualizza che il processo decisionale deve, non del tutto, ma in gran parte, essere interno all'istituto. Ma soprattutto mi preme osservare che non si può prescindere da quanto le leggi ormai in vigore hanno costruito e cioè, per riassumere con uno slogan, non
possiamo prescindere dalla REALTA' della scuola autonoma.
Che la valutazione del lavoro dei docenti debba essere articolata è un punto su cui concordo pienamente, ma non vi pare che tutto questo discorso non possa ignorare la lucida definizione dello scopo che si vuole ottenere, valutando? cioè che la valutazione non possa essere disgiunta dalla definizione di un percorso di carriera per i docenti, FUNZIONALE alla scuola autonoma che DOBBIAMO gestire?
Mi sembra importante allora discutere prima su quali parametri ancorare la carriera docente, perché la definizione dei metodi di valutazione è conseguente a ciò che si vuole valutare e perché, ed il punto critico di ogni riflessione sulla valutazione del lavoro dei docenti non è tanto il tipo di selezione, ma il disegnare un percorso professionale ed IN RELAZIONE a questo individuare le prove di selezione.
Ripropongo brevemente la mia proposta, alla luce di quanto emerge dagli interventi di De Luca e Rabbone, con lo sforzo di non perdere di vista ciò di cui avrà bisogno la scuola dell'autonomia.
Anzitutto i prerequisiti di accesso alla professione (ormai in gran parte delineati, certo da riempire di contenuti, ma il passo è stato finalmente fatto: mi sembra importante rendercene conto): formazione universitaria per tutti, scuola di specializzazione con abilitazione, creazione di una lista permanente degli abilitati.
Poi il primo livello del percorso professionale: il docente immesso in ruolo rimane per un certo tempo nel livello iniziale. L'accertamento delle competenze disciplinari e didattico-pedagogiche non è oggetto di valutazione, perché tale verifica si effettua al momento dell'assunzione: dunque è il sistema di reclutamento dei docenti che deve garantire in entrata un livello accettabile nella preparazione disciplinare e nelle competenze didattiche. In questo periodo il docente è affidato a un docente, che gli fa da tutor, e lo aiuta ad acquisire le competenze didattiche e le tecniche di insegnamento, che tutti i docenti affinano nei primi anni di insegnamento. Al termine di questo primo periodo il docente ha un primo significativo passaggio di livello, sulla base di prove, documentazione di esperienze didattiche e di aggiornamento, relazione del tutor. La selezione è interna all'istituto, affidata al comitato di valutazione, che è presieduto dal dirigente scolastico e a cui hanno accesso solo i docenti al livello più alto di carriera, e che opera sulla base di criteri e procedure più scientifiche e oggettive -e quindi anche meno automatiche- di quelle relative all'attuale valutazione del periodo di prova. Contro le decisioni del comitato di valutazione il docente può ricorrere presso il pretore.
Il secondo livello. Deve essere prevista nel corso dei primi 15/20 anni di carriera una significativa progressione economica ogni due anni. Questa progressione non deve però essere automatica, ma deve essere legata a una valutazione del dirigente scolastico, sulla base di una griglia di elementi il più possibile oggettivi, CONCORDATA PER CONTRATTO, basata anche su elementi di valutazione espressi dagli utenti del servizio. Questo consente di dare rilievo a elementi connessi alla professionalità quotidiana, al lavoro scolastico di tutti i giorni, all'impegno, alla collaborazione, all'attenzione per gli studenti; elementi fondamentali della professionalità docente che non possono essere valutati in alcun tipo di concorso. Naturalmente, contro le decisioni del dirigente scolastico è ammesso ricorso al pretore del lavoro e nella valutazione del dirigente scolastico hanno peso i ricorsi perduti: in questo sta l'elemento di garanzia per i docenti.
Da questo secondo livello il docente può ulteriormente sviluppare il proprio percorso professionale in due diversi ambiti: uno interno al secondo livello e strutturato in modo da dare accesso al concorso per dirigenti scolastici, l'altro di accesso per concorso al terzo livello, il più alto della carriera del docente.
Nel secondo livello e' possibile uno sviluppo di carriera di tipo organizzativo-funzionale sul versante delle figure di sistema (impropriamente chiamate dal contratto attuale "funzioni obiettivo") con assunzione di compiti, sempre più necessari, di organizzazione, gestione, progetto. Questi docenti, incluso il vicepreside, costituiscono lo staff del dirigente scolastico, che sceglie personalmente tra i docenti di secondo livello della scuola. Non dimentichiamo che il dirigente scolastico è valutato dall'Ufficio scolastico regionale, cui deve rispondere delle sue scelte gestionali. Nella serietà e nel rigore della valutazione è l'elemento di controllo anche sulla bontà delle sue scelte nella selezione dello staff di gestione dell'istituto. In ogni scuola, sulla base delle sue dimensioni è stabilito per statuto il numero massimo di docenti che entrano nello staff del dirigente. Questi docenti lavorano per contratto 35/36 ore settimanali ed hanno una retribuzione contrattuale maggiore degli altri docenti di secondo livello, comprensiva di ogni emolumento. I docenti esperti che abbiano maturato esperienze gestionali per cinque anni nello staff del dirigente scolastico possono poi accedere al concorso per diventare essi stessi dirigenti scolastici.
L'altro possibile percorso di carriera è invece tutto interno alla funzione docente ed ha lo scopo di selezionare per concorso i docenti cui affidare compiti di progettazione e gestione didattica della scuola. A loro sono infatti affidate funzioni didattiche specializzate: il comitato di valutazione dell'istituto cui appartengono, il coordinamento disciplinare, il coordinamento del lavoro nelle classi, l'assistenza ai docenti appena assunti, la ricerca, la documentazione didattica, la formazione di commissioni per il concorsi dei nuovi docenti e dei concorsi di terzo livello, la presidenza delle commissioni d'esame, etc.. Sui contenuti del concorso per accedere a questo livello sembra piuttosto convincente la proposta dell'ADI: un esame che includa anche la discussione di un portfolio di esperienze documentate, di titoli professionali e culturali. In questo caso la prova preliminare a test non sarebbe affatto scandalosa, se pensata come prova di selezione per ridurre la platea degli aspiranti e procedere poi a una selezione seria, meglio ancora se con un corso di formazione.
Per ogni scuola l'amministrazione centrale definisce la quota necessaria di docenti di terzo livello e su quei posti, qualora nel singolo istituto ve ne siano di scoperti, vanno nominati i docenti che sono inseriti in una graduatoria permanente regionale. In questo modo, come avviene anche in tutte le altre organizzazioni lavorative, eviteremmo anche il rischio, connesso alle attuali modalità di selezione previste dall'art.29 del contratto, di avere scuole con molti docenti di terzo livello e altre senza. L'organizzazione della professione del docente in una carriera elimina anche ogni equivoco sui docenti bocciati o meno. I concorsi per docente di terzo livello non implicano infatti un giudizio di merito circa le competenze disciplinari, didattiche e pedagogiche, ma piuttosto hanno lo scopo di individuare il personale che possa svolgere, su un numero limitato di posti, funzioni superiori. Così come nessuno è costretto a fare il concorso per dirigente scolastico, nessuno è costretto a sostenere le prove concorsuali se non intende svolgere le mansioni del docente master.
I vantaggi di questa proposta sono, questi:
1. Introduce elementi di carriera professionale per i docenti e non solo una progressione economica, promuovendo non la concorrenza tra i docenti o una divisione in "buoni" e "cattivi", ma individuando il "cursus" articolato che ogni docente può intraprendere con lo scopo duplice e strettamente correlato di gratificare ciascuno e produrre nel contempo una ricaduta positiva sul sistema scolastico nel suo insieme.
2. Prevede diversi passaggi corrispondenti ai diversi elementi che costituiscono la ricchezza di una professione articolata e con molte sfaccettature, sul versante della preparazione culturale, sul versante organizzativo, su quello relazionale, su quello valutativo.
3. Propone una forte correlazione tra il tipo di progressione economico/professionale e lo strumento di selezione ed il soggetto che valuta: il comitato di valutazione, il dirigente scolastico, il concorso a seconda di ciò che si vuole selezionare.
4. Riduce fortemente rischi e arbitrarietà perché non prevede un unico strumento e un unico soggetto di valutazione, ma un'articolazione legata alle diverse sfaccettature della professione docente.
L'elemento che vorrei sottolineare con forza rispetto alle riflessioni di De Luca e Rabbone è che proprio perché siamo senza pregiudizi non dobbiamo considerare tabù la parola "concorso", che è UNO degli strumenti valutativi del lavoro, quello che introduce elementi di "oggettivita'" tali da controbilanciare l'inevitabile "soggettivita'" di altri strumenti valutativi quali il comitato di valutazione interno alla scuola. E proprio perché siamo senza pregiudizi non possiamo considerare tabù nemmeno il dirigente scolastico! A proposito di quest'ultimo (e lo dico sulla scorta delle mie esperienze di questi ultimi anni da preside), osservo che esso non può essere il convitato di pietra di cui nessuna parla, ma che incombe minaccioso con la sua presenza da esorcizzare, mettendogli di fianco il collegio, oppure sistemi "oggettivi" di valutazione (docenti universitari e ispettori): il decreto sulla dirigenza scolastica e' uno dei cardini della scuola autonoma: esiste, va usato!
12 novembre 2000
in dall'interno della "riforma":      |
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