ADHD: l’intelligenza artificiale può aiutare la diagnosi

Panorama della Sanità  del 14/02/2023

Un modello di machine learning predice la decisione diagnostica del
clinico con un tasso di accuratezza dell’82%. Lo studio del Medea
pubblicato su “European Child & Adolescent Psychiatry”.

Negli ultimi anni i servizi sanitari di tutto il mondo sono stati
coinvolti in un progressivo processo di digitalizzazione. La pandemia di
Covid-19 ha velocizzato questa tendenza, portando a un aumento
dell’applicazione di processi di telemedicina anche nell’ambito della
salute mentale. Tuttavia, sono ancora pochi gli studi che accertino la
validità e l’affidabilità dei dati clinici raccolti tramite piattaforme
online, in particolare in Italia, specie per l’età evolutiva. Un gruppo
multidisciplinare di clinici e ricercatori dell’IrRCCS Medea ha
recentemente condotto uno studio pionieristico nel campo della
intelligenza artificiale a supporto dei percorsi diagnostici nel
disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), i cui risultati
sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista “European Child &
Adolescent Psychiatry” (IF 5.349). “Scopo dello studio – spiega l’Irccs
– è stato quello di indagare in quale misura un modello di intelligenza
artificiale (machine learning) possa “predire” la decisione diagnostica
effettivamente presa dai clinici sulla base delle informazioni fornite
tramite questionari online compilati da genitori e insegnanti. A tal
fine, sono stati analizzati i dati socio-anamnestici e comportamentali
raccolti online dalla piattaforma MedicalBit, progettata e sviluppata
dal Medea, relativi a 342 bambini e adolescenti, di età tra i 3 e i 16
anni, che hanno avuto accesso al Polo NPIA di Bosisio Parini per
sospetta diagnosi di ADHD”.

Come spiega l’Istituto Medea, i dati sono stati analizzati mediante un
modello di machine learning – il decision tree – che è stato utilizzato
per simulare il processo clinico di classificazione, basandosi
esclusivamente sui dati raccolti attraverso i questionari online. Il
modello di intelligenza artificiale sviluppato ha identificato le regole
decisionali che i clinici adottano per porre una diagnosi di ADHD al
termine del percorso clinico con un tasso di accuratezza dell’82%: dato
assolutamente sorprendente. Il modello ha indicato inoltre come elemento
di complessità la presenza di concomitanti sintomi riferibili ad altri
problemi del neurosviluppo, in particolare sintomi autistici, indicando
chiaramente quali debbano essere le vie delle future ricerche per
affinare i modelli decisionali di intelligenza artificiale.

In sintesi, lo studio ha dimostrato come le procedure di telemedicina,
integrate da modelli di classificazione basate sulla intelligenza
artificiale, possano essere efficaci ed affidabili nel fornire
un’indicazione di probabilità di rischio diagnostico di ADHD.

“Questo – afferma l’IRCCS –  potrebbe portare in un futuro prossimo ad
un importante ripensamento dei modelli organizzativi clinici della
attività di NPIA, orientando un utilizzo preminente delle risorse per i
casi che il sistema evidenza come “incerti” e che necessitano quindi di
maggiore attività diretta da parte dell’equipe clinica. Infatti,
partendo dalla pre-selezione effettuata dagli algoritmi di machine
learning, sarebbe possibile riorientare il lavoro clinico-diagnostico,
con una riduzione anche significativa dei tempi che intercorrono tra le
prime richieste di intervento da parte delle famiglie e la decisione
clinica finale: a tutto vantaggio di una maggior rapidità
nell’intervento terapeutico successivo”.

L’IRCCS Eugenio Medea ha sviluppato la piattaforma MedicalBit già prima
della pandemia, affiancandola al lavoro delle equipe cliniche che si
occupano dei disturbi del neurosviluppo: “la telediagnostica è stata nel
nostro studio integrata con approcci di intelligenza artificiale basati
su machine learning – spiega Paola Colombo, Responsabile del Medea
SmartLab, Laboratorio di innovazione digitale per la clinica e la
ricerca applicata in psicopatologia dell’età evolutiva -. In
prospettiva, questi sistemi potrebbero contribuire anche ad individuare
in maniera oggettiva i criteri di priorità e forse anche una differente
modalità di sviluppo della rete curante in questa specifica attività”.
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