Fondi pensione? No: fondi bidone
Fuoriregistro - 14-06-2005
Riceviamo e pubblichiamo

Con l'annuncio di Maroni dello slittamento a settembre - ad un mese dal termine ultimo fissato nella legge delega - del decreto sul trasferimento del TFR ai Fondi pensione e dell'avvio della procedura del silenzio/assenso a gennaio 2006, si apre una fase importante e decisiva per tutti coloro che non intendono rassegnarsi a questo furto con destrezza perpetrato ai danni dei lavoratori e ideato dal governo di centro-destra per ingrassare la speculazione finanziaria attraverso l'avvio forzoso della cosiddetta previdenza integrativa.

I tempi, per il governo e per i lupi di ogni sorta che si aggirano famelici intorno ad una torta calcolata nell'ordine dei dieci miliardi di euro, sono sempre più stretti e la possibilità che la delega salti - anche per le difficoltà economiche del Paese (da dove tireranno fuori le risorse per gli incentivi di compensazione alle imprese chiamate a rinunciare al finanziamento a tasso iper- agevolato costituito dal TFR?) - diviene una possibilità da non scartare.
E' in questi mesi che si rende allora necessaria una forte azione che, svelando i reali giochi in atto, faccia montare l'opposizione sociale, prima al varo del decreto e poi, se mai il decreto verrà pubblicato, al trasferimento del TFR nel Fondi.
Preliminarmente a ciò e perché una qualunque campagna possa essere realmente incisiva occorre però fare chiarezza sulle mistificazioni insite nella stessa terminologia adottata per far passare nelle coscienze delle persone l'intera operazione.

Si dice che per recuperare il taglio delle pensioni pubbliche diviene necessario avviare la "seconda gamba" previdenziale costituita dai Fondi pensione e che il sacrificio del TFR è indispensabile per garantire ai futuri pensionati una pensione integrativa.
I Fondi pensione però, a dispetto del nome, non erogano alcuna pensione. I Fondi pensione accumulano semplicemente il capitale versato dai lavoratori cercando di farlo fruttare attraverso speculazioni di borsa. Quando un lavoratore va in pensione riceve dal Fondo pensione quel capitale accumulato e nient'altro (anzi, ci paga le commissioni) così come avrebbe da qualunque altra forma di risparmio gestita. Il lavoratore ha a questo punto la possibilità di farsi spalmare quel capitale negli anni - sulla base della speranza di vita ufficialmente accettata - avendo come unica rivalutazione possibile quella prevista per un qualunque deposito bancario.
Questa operazione la si potrebbe fare, negli stessi identici termini, con il TFR (sempre che il lavoratore non abbia dovuto impiegarlo a copertura di periodi di disoccupazione).

E allora perché il lavoratore dovrebbe preferire ingrassare i Fondi pensione?
Il TFR è certo ( se la ditta che lo ha accantonato fallisce lo eroga l'apposito fondo istituito presso l'INPS), ha un rendimento garantito (1,5% l'anno più il 75% dell'inflazione) e copre i lavoratori dai rischi di perdita del lavoro.
I Fondi pensione sono soggetti ai rischi connessi alla svalutazione delle monete, ai rischi di iperinflazione (tuttaltro che remoti nell'arco dei 40 anni di vita lavorativa di ogni persona), ai rischi di gestioni fallimentari o truffaldine dei capitali i cui esempi sono sotto gli occhi di tutti e, se il lavoratore ha scampato da questi rischi, alle oscillazioni e alla volatilità delle borse in connessione con le capacità speculative dei gestori finanziari.
In pratica, nessun Fondo pensione può garantire al lavoratore che aderisce neanche la restituzione del capitale versato e nessun Fondo può ipotizzare attese di rendimento tali da compensare - tolte le spese a carico del lavoratore - i rischi a cui sottopone il capitale versato.
Perché un lavoratore dovrebbe allora preferire un Fondo pensione al TFR?

Qualcuno dirà che al capitale nel Fondo pensione a favore del lavoratore concorrono anche i versamenti del datore di lavoro stabiliti nella contrattazione collettiva.
Affermazione vera ma parziale: i versamenti che i datori di lavoro erogano nei Fondi pensione rientrano nel costo del lavoro concordato in fase contrattuale, sono nella voce costo del lavoro e lo sarebbero comunque se quei fondi finissero direttamente in aumenti salariali o (perché no?), ad incremento dello stesso TFR (anzi credo che quest'ultima sarebbe un'ipotesi particolarmente bene accetta dalla imprese visto il suo utilizzo come forma di finanziamento agevolato). Ergo, pompare i Fondi pensione o rimpinguare i salari dei lavoratori, anche tramite un incremento del TFR e solo una scelta sociale e sindacale.
Ovviamente lo stesso discorso vale per le agevolazioni fiscali utilizzate come cuneo per imporre la finanziarizzazione della previdenza.

Non c'è una sola ragione che giustifichi la rinuncia del TFR da parte dei lavoratori: non è certo attraverso il sistema dei Fondi pensione e della speculazione finanziaria (che non produce ricchezza ma semplicemente la ridistribuisce verso l'alto sottraendola alle persone e ai paesi più deboli), che si garantisce una pensione adeguata ai futuri pensionati.
L'unica strada percorribile è quella di una nuova previdenza pubblica che si finanzi con quel sistema a ripartizione fondato sulla solidarietà tra le generazioni che non si regge, come hanno tentato e ci hanno fatto credere negli ultimi quindici anni, sul denaro, ma sul lavoro e sulla capacità di questi di produrre ricchezza e benessere sociale.
Di questo e su questo dobbiamo parlare ed interrogarci nelle prossime settimane e nei prossimi mesi se vogliamo realmente vincere questa battaglia

Severo Lutrario
Attac italia

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 Dal Ministero del Welfare    - 14-06-2005
Previdenza dall'1 gennaio 2006 silenzio-assenso sul tfr.


Partiranno il 1 gennaio 2006 i sei mesi nei quali il lavoratore potra' esprimere la sua volonta' sul Tfr e quindi decidere a quale fondo complementare destinarlo. Lo ha detto il ministro del Welfare Roberto Maroni. Per chi non decidera' il Tfr andra' direttamente nella previdenza integrativa.

''Abbiamo comunicato alle parti sociali - ha detto il Ministro uscendo dall'incontro con sindacati e datori di lavoro - che nei prossimi giorni definiremo nel dettaglio il provvedimento che sara' sottoposto al Consiglio dei ministri per la decisione preliminare. La delega e' al Governo e non al ministero del Welfare, quindi e' indispensabile l'approvazione da parte del Consiglio dei ministri per discuterlo con le parti sociali''.

Il ministro ha spiegato che il confronto con le parti dovra' concludersi entro settembre per approvare il decreto entro il 6 ottobre. "Abbiamo intenzione di far decorrere il provvedimento di attuazione della riforma dal primo gennaio 2006 - spiega Maroni -. Nell'ultimo trimestre 2005 ci sara' una campagna di informazione istituzionale molto intensa perche' la scelta consapevole del lavoratore sia garantita''.

FONTE: Ministero del Welfare

 filippo    - 14-06-2005
L’adesione ad ESPERO implica una serie di vantaggi che possono essere così riassunti:

IL LAVORATORE MATURA PRESTAZIONI PENSIONISTICHE AGGIUNTIVE A QUELLE EROGATE DAL SISTEMA PENSIONISTICO PUBBLICO (INPDAP).
Questo aspetto è molto importante in quanto le riforme del sistema previdenziale degli ultimi anni
comporteranno una riduzione delle prestazioni erogate dal sistema previdenziale pubblico. Pertanto tutti i lavoratori hanno la necessità di costituirsi una pensione che si aggiunga a quella pubblica.

IL LAVORATORE USUFRUISCE DEI CONTRIBUTI DELL’AMMINISTRAZIONE
Aderendo ad Espero si fruisce del contributo annuo dell’Amministrazione, versato direttamente nel conto del lavoratore.
Da tale contributo sono esclusi coloro che non aderiscono.
Per chi aderisce nel primo anno di operatività di Espero l'Amministrazione verserà un ulteriore contributo dell'1% per 12 mesi.

I DIPENDENTI A TEMPO INDETERMINATO GIA’ IN SERVIZIO AL 31.12.2000 CHE ADERISCONO AD ESPERO AVRANNO DIRITTO AD UNA ULTERIORE QUOTA PARI ALL’1,5% DELLA BASE CONTRIBUTIVA VIGENTE AI FINI DEL TFS.
Questa quota è considerata neutra rispetto a quanto dovuto dal lavoratore e dal datore di lavoro ed è accantonata, figurativamente, presso l’INPDAP per essere poi effettivamente versata al fondo pensione ESPERO al momento della cessazione del rapporto di lavoro che implichi l’interruzione dell’iscrizione all’INPDAP.

IL LAVORATORE USUFRUISCE DI VANTAGGI FISCALI SUI VERSAMENTI, SUI RENDIMENTI E SULLE PRESTAZIONI
L’adesione ad Espero consente numerosi vantaggi fiscali, quali:
deducibilità dal reddito dei contributi versati al Fondo dal lavoratore e dall’Amministrazione, con un conseguente risparmio fiscale, la cui entità dipende dall’aliquota IRPEF a cui è si è soggetti. Il lavoratore potrà dedurre dal suo reddito complessivo il valore più basso tra le tre voci seguenti: il doppio del TFR destinato ad Espero, non più del 12% del suo reddito complessivo, 5.164,57 euro;
Dip. già in servizio al 31/12/2000 Dip. Assunto dopo il 31/12/2000
Retribuzione annua 22.000 18.000
Contributo dipendente 1% 220 180
Risparmio fiscale IRPEF 82 53
Costo effettivo annuo in busta paga 138 127
tassazione agevolata dei rendimenti ottenuti anno per anno dalla gestione del capitale via via accumulato, che scende dal 12,5% normalmente applicato ai rendimenti finanziari all’11%;
agevolazioni fiscali sulle prestazioni del Fondo durante la fase di erogazione, sia sulla pensione complementare sia sul capitale:
- Tassazione della pensione complementare
La pensione complementare concorre parzialmente a formare il reddito complessivo del pensionato, in quanto non è tassata per la parte corrispondente ai contributi non dedotti e ai redditi già assoggettati a tassazione.
Durante l’erogazione della pensione, le rivalutazioni, anno per anno, sono assoggettate a un’imposta sostitutiva del 12,5%.
- Tassazione del capitale
Qualora gli importi liquidati in capitale siano non superiori ad 1/3 del montante maturato dall’associato, l’imposta si applica sull’importo maturato, al netto dei rendimenti finanziari già tassati e dei contributi eccedenti i limiti di deducibilità fiscale. Questa stessa modalità di calcolo della base imponibile si applica, anche se la prestazione in capitale è superiore ad 1/3 della posizione maturata, in presenza delle seguenti situazioni:
l’associato ha optato per la liquidazione dell’intera posizione pensionistica in capitale (facoltà riconosciuta al lavoratore associato nel caso in cui l’importo annuo della rendita vitalizia risulti inferiore a quello dell’assegno sociale);
il riscatto avviene per pensionamento, cessazione del rapporto di lavoro, mobilità o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti;
il riscatto è esercitato dagli aventi diritto in caso di morte del lavoratore associato.

I COSTI TRASPARENTI E CONTENUTI
Fra le migliori prerogative offerte dal Fondo Espero ci sono sicuramente la trasparenza e il contenimento dei costi per la gestione.
Per coprire i costi di apertura della posizione individuale dell’aderente è necessaria una quota d’iscrizione (una tantum) di 2,58 euro a carico dell’aderente.
Per fare fronte alle spese di funzionamento del Fondo dai versamenti sarà dedotta una quota associativa il cui valore viene stabilito annualmente, che sarà particolarmente contenuto in quanto Espero ha una dotazione iniziale di 2,5 milioni di euro.
A questo si aggiunge il costo della gestione finanziaria.
I costi dei fondi pensione negoziali/contrattuali (tipo Espero) sono molto contenuti rispetto ai prodotti previdenziali individuali: fondi pensione aperti e polizze individuali pensionistiche, in quanto:
non hanno fini di lucro, quindi, non devono generare ricavi per soggetti differenti dagli iscritti;
possono beneficiare di economie di scala in relazione all’ampiezza del bacino dei destinatari;
hanno un forte potere contrattuale in sede di definizione dei rapporti contrattuali con i soggetti terzi fornitori di servizi e pertanto riescono ad ottenere condizioni particolarmente vantaggiose.
- Fondi pensione negoziali (tipo espero)
anno 2003
Spese in % sul patrimonio 0,47%

FONDI PENSIONE APERTI E POLIZZE INDIVIDUALI PENSIONISTICHE
Spese in % sul patrimonio, in base agli anni di permanenza nel fondo/polizza
3 anni 10 anni 35 anni
Fondi Pensione aperti 1,80% 1,40% 1,20%
Polize individuali pensionistiche 8,40% 3,00% 1,90%
fonte: COVIP, relazione per l’anno 2003

GESTIONE PROFESSIONALE E RENDIMENTI DI MERCATO
I contributi raccolti saranno investiti da Gestori specializzati che verranno scelti da Espero tramite una gara pubblica: tra Banche, Compagnie di Assicurazione, Società d’Intermediazione Mobiliare (SIM) e Società di Gestione del Risparmio (SGR).
Tutti i gestori avranno quindi un elevatissimo livello di professionalità.
Di seguito si riportano i rendimenti realizzati dai Fondi Pensione Negoziali.

FONDI PENSIONE RENDIMENTI NETTI
Rendimento a 5 anni
(1999-2003) Rendimento a 1 anno
(2003)
16,1% 5,0%
fonte: COVIP, relazione per l’anno 2003

MAGGIOR RENDIMENTO RISPETTO AL TFR
Anche se è difficile fare previsioni, sulla base delle simulazioni effettuate dalla COVIP (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione) e riportata nella relazione per il 2003, il rendimento nel medio periodo delle risorse conferite in gestione ai fondi è da considerarsi superiore a quello riconosciuto per legge sul TFR (75% dell’indice ISTAT +1,5%)


 Confederazione Cobas    - 17-06-2005
Difendiamo il TFR! NO ai Fondi Pensione!

Si è concluso con un altro rinvio l’incontro del 9 giungo sulla previdenza complementare tra governo, CGIL-CISL-UIL-UGL, Confindustria, Concommercio, Confapi,…
Il testo del decreto attuativo sul trasferimento del TFR nei fondi pensione sarà varato in settembre, se non addirittura in coincidenza con la scadenza della delega (6 ottobre 2005).
Il meccanismo del silenzio/assenso partirà dal 1° gennaio 2006; da allora i lavoratori, se non vorranno vedere il proprio TFR confluire in un fondo pensione, avranno 6 mesi di tempo per dichiarare all’azienda e all’INPS o INPDAP la volontà di mantenere il TFR.
Intanto Maroni ha preannunciato da ottobre a dicembre una “intensa campagna di comunicazione istituzionale” per convincere i lavoratori ad aderire ai fondi pensione.

La torta del TFR dei lavoratori fa gola a tanti, si tratta di 14 miliardi annui e non si sono ancora accordati su come spartirseli. Nell’ultimo incontro le divergenze tra associazioni padronali e CGIL-CISL-UIL-UGL da una parte e il governo dall’altra, sono rimaste invariate. Le prime premono perchè il decreto privilegi i fondi pensione chiusi da loro cogestiti, mentre il governo sponsorizza le assicurazioni private in cui Berlusconi e i suoi sodali hanno corposi interessi.
Entrambe queste posizioni sono però concordi nel procedere con il meccanismo truffaldino del silenzio/assenso allo scippo del TFR dei lavoratori che andrà a finanziare fondi o polizze pensione comunque privati, costituendo un colpo mortale per la previdenza pubblica.
Per i/le lavoratori/trici non ha senso parteggiare per l’uno o l’altro degli schieramenti, è come scegliere tra camera a gas o sedia elettrica per condannare a morte la previdenza pubblica.
In realtà i continui rinvii del decreto attuativo sullo scippo del TFR sono il frutto non solo di divergenze reali tra lor signori, ma anche della sempre più diffusa sfiducia tra i lavoratori che si stanno rendendo conto della fregatura in arrivo, grazie anche alla controinformazione che i Cobas stanno svolgendo; per cui sono un piccolo ma signi ficativo successo per i lavoratori.
Abbiamo ora più tempo per organizzarci e per demistificare le loro menzogne.

Una buona notizia viene dalla scuola: il primo fondo pensione publico attivato, Espero, ha raccolto da ottobre 2004 al 31 maggio 2005 solo 3.000 adesioni su una categoria di oltre un milione di dipendenti e nonostante sia stato sguinzagliato nelle scuole a caccia di gonzi da pelare un migliaio di attivisti sindacali, si siano fatte assemblee straordinarie, compaiano sul cedolino della busta paga di ogni lavoratore tutte le informazioni per iscriversi ad Espero.

Perché sacrificare il nostro TFR (Trattamento di fine rapporto) o TFS (Trattamento di fine servizio per i dipendenti pubblici assunti entro il 31/12/2000) per una pensione integrativa di cui nessuno può stabilire l’entità, che dipende dall’andamento degli investimenti sui mercati finanziari, che oggi possono andar bene e domani avere conseguenze catastrofiche?
E’ dei primi di maggio negli USA il più grande fallimento della storia dei fondi pensione, l’United Airlines ha lasciato un “buco” di svariati miliardi di dollari, le migliaia di dipendenti truffati verranno risarciti solo al 50% dallo stato; nè si dimentica il fallimento di Enron, Bethlehem Steel, Us Airways, Alaska Carpenter Fund (aveva investito in Parmalat) e in Italia della Comit.
Cgil-Cisl-Uil, sponsorizzando la generalizzazione dei fondi pensione chiusi, promuovono la previdenza privata per gestire e investire, insieme ai padroni, i soldi dei lavoratori.

Investire nei fondi pensione significa sottrarre risorse alla previdenza pubblica, negare l’universalità del diritto ad una pensione pubblica dignitosa, cancellare ogni principio previdenziale solidaristico, diffondere l’egoismo e la competitività tra i lavoratori

Tutto ciò è intollerabile!

Costruiamo un movimento di massa per la difesa del TFR/TFS, per far saltare la truffa del silenzio/assenso (se si vuole regalare il TFR al fondo pensione lo si deve dichiarare, e non viceversa!), per riaprire la partita generale contro le “riforme” previdenziali di Berlusconi e Dini.

BOICOTTIAMO I FONDI PENSIONE!

 paolo forin    - 21-06-2005
Hai ragione a dire che il sistema a ripartizione si regge
...sul lavoro e sulla capacità di questi di produrre ricchezza e benessere sociale.
Il problema che vedo io è che c'è molta gente in giro che di lavorare proprio non se la sente.
Quarant'anni, che sono quelli che lavorerò da qui alla fine, non sono certo gli anni che hanno lavorato intere categorie beneficiarie di trattamenti per così dire "privilegiati".
Condivido tutti i dubbi sui fondi pensione, ed anzi ho delle certezze sul fatto che nascondano costi cui subito non si pensa a fronte di vaghe promesse, ma altrettanto il sistema a ripartizione premia chi meno lavora, ecco perchè siamo giunti a questo punto.