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Risposta
a Laura Pavoni
Ho letto con
attenzione il lungo sfogo della collega Laura Pavoni con cui simpatizzo, perché
conosco lo stato d'animo che palesa nella sua risposta rabbiosa e indignata.
Al di là di ogni
altra considerazione, vedo però che la collega riconosce che sarebbe il caso di
distinguere tra due categorie di insegnanti, quelli a tempo pieno e quelli a
part time.
Sono
completamente d'accordo e i miei amici sanno che questa e' una mia convinzione
profonda da molti anni. (io ho sempre reclamato il mio ufficio a scuola: perché
dovrei lavorare nel soggiorno di casa mia? che non lo sa nessuno, io ho sempre
proposto la timbratura del cartellino, e adesso che faccio la preside di una
scuola timbro; un'altra volta potrei tornare sul
perché lo
faccio)
Nella proposta
mia e di Cremaschi i colleghi che svolgono le funzioni di gestione (i docenti
di secondo livello) e di ricerca,coordinamento didattico, etc. (i docenti di
terzo livello) hanno tempo lungo e stipendio adeguato, comprensivo di ogni
emolumento.
Noi vorremmo
abolire la pratica che il nostro stipendio sia l'insieme di uno stipendio vero
e proprio + una serie di benefici amministrati dal fondo di istituto, cioè
decisi da un organo collegiale. L'unica cosa che apprezziamo di questo
sciagurato contratto e' che stabilisce la misura (poi della misura si può
discutere, naturalmente) del compenso per chi svolge determinate funzioni,
uscendo dalla logica che sia l'organo collegiale (il consiglio di istituto) ad
amministrare il compenso di un insegnante particolarmente impegnato!
Secondo noi però
(e qui forse Laura Pavoni non sarà d'accordo) è l'Amministrazione a dire quante
figure di sistema, quanti docenti di terzo livello ha bisogno ogni istituzione
scolastica.
Questi docenti
sono a tempo pieno e lavorano a scuola (come già fanno: nella mia scuola
costantemente presenti con me ci sono almeno venticinque/trenta colleghi - su
ottanta circa che siamo).
Laura poi dice
che un aumento di stipendio si contratta comunque quando c'è un rinnovo
contrattuale: io penso che abbia ragione. E' vero però che questo rinnovo
contrattuale si e' posto il problema (sia pure maldestramente, a mio giudizio -
conoscete il mio pensiero) di delineare una "carriera" degli
insegnanti, cioè un "cursus" un percorso tale da garantire a chi lo
voglia intraprendere di avere una qualche soddisfazione professionale ed
economica, senza per questo pensare che chi non lo percorre sia un
"somaro", come dice Laura Pavoni.
Personalmente
constato ogni giorno che nella scuola ci sono insegnanti che ambirebbero di
avere la possibilità di un percorso professionale, ma ce ne sono altri (e sono
la più parte) che per ottime ragioni preferiscono invece avere con la scuola un
rapporto meno impegnato (meno ore di lezione per dedicarsi ad altro: famiglia,
professione, interessi diversi, etc).
Non esprimo un
giudizio negativo su questi colleghi: perché dovrei?
Fanno scelte del
tutto legittime.
Solo che mi
domando: perché mai dovrebbero avere lo stipendio e la
carriera di chi
invece nella scuola decide di spendersi in modo più intenso?
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Nanda Cremascoli
nanda@mail.askesis.it