Se la mediazione culturale trova le sue finalità nella ricerca
di punti e modalità d'incontro tra le culture, quella linguistica,
per i rapporti che ha con le specificità di pensiero e relazione,
ha a che fare anche con le profonde diversità di senso e significato,
non sempre traducibili letteralmente, che ci attraversano.
Nella quotidianeità
dell'incontro multietnico il ruolo del mediatore linguistico si distribuisce
nella facilitazione, l'interpretariato, la traducibilità di meccanismi
e formule di accesso ai servizi. Nelle scuole in cui sono presenti,
i mediatori sono indispensabili nella prima accoglienza, per stabilire
correttamente i primi livelli di comunicazione ed orientamento: non
per sostituire le figure docenti. Sicuramente svolgono un ruolo positivo
nella relazione interculturale e per
attivare pratiche di valorizzazione delle lingue d'origine, come risorsa
generale ed individuale, di pensiero e riferimento, alle proprie e/o
comuni radici.
Difficilmente
però sono coinvolti in maniera stabile e finalizzata, nella progettazione,
nella scelta di metodologie e di materiali didattici. In
alcuni casi collaborano a mantenere il rapporto con le famiglie e la
realtà territoriale delle immigrazioni.
Dati CENSIS
dicono che in Italia i minori d’origine straniera
sono
circa 500.000 dei
quali oltre
il 30% nato nel nostro paese, con
un incremento del 23% rispetto al 1999. In realtà sono
molti di più anche se quelli che frequentano la scuola arrivano
appena all’1,4% del totale degli studenti.
Significativo
il dato che il 40% dei genitori stranieri consideri il buon inserimento
dei propri figli prioritario rispetto al reddito, alla casa ed al diritto
di voto.
Territorio di incontro interculturale, apprendimento, formazione, il
contesto scolastico consente, in maniera immediata, il contatto con
la lingua e con la realtà italiane.
Molte le iniziative che cercano di migliorare e rendere sostanziale
l'offerta educativa ma l'obiettivo del pieno "successo formativo"
è ancora da raggiungere.
Attualmente infatti, ancora secondo il CENSIS, il 44% dei bambini di
origine straniera accumula uno, due e anche tre anni di ritardo rispetto
al normale corso di studi.
Tra le motivazioni, alcune sono riferibili alle difficoltà della
prima accoglienza, che si protraggono nel tempo, trasformandosi in problematiche
di disagio, altre a profonde diversità nelle caratteristiche
culturali ed alla drammaticità delle condizioni di vita, come
nel caso dei ROM. Ma un aspetto centrale è quello delle difficoltà
nell'apprendimento della lingua italiana, intesa non solo nel suo uso
comunicativo: la lingua, per leggere, scrivere e studiare.
In forte
aumento anche la domanda di apprendimento linguistico da parte dall'utenza
adulta, rivolta ai Centri Territoriali ed alle tante iniziative intraprese
dal volontariato, sempre più indirizzata al conseguimento di
titoli di studio superiori, alla volontà di ottenere il corrispondente
di livelli di istruzione conseguiti nel paese d'origine, non ancora
riconosciuti ed al miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita.
L'attenzione
all'insegnamento della lingua italiana come lingua straniera è
di recente diffusione nella generalità delle scuole. Del 1998
la prima iniziativa ministeriale a Stresa e dell'anno scolastico trascorso
l'attivazione di corsi di formazione
in servizio, rivolti ad insegnanti di scuola primaria e secondaria ancora
in svolgimento e in fase organizzativa per il 2001/02. Si sta lavorando,
con iniziative diverse di ricerca/azione, per generalizzare ed adeguare
le metodologie tradizionali della lingua straniera, fortemente innovative
rispetto a quelle tradizionali dell'alfabetizzazione, ai nuovi bisogni
ed alla luce della scelta multiculturale.
Parallelamente si specifica l'offerta universitaria nei corsi di laurea
e nelle specializzazioni.
Troppe
sono ancora però le situazioni in cui i docenti si trovano a
proporre obiettivi e contenuti curriculari a bambini, adolescenti, adulti
stranieri senza aver acquisito gli strumenti e le competenze necessarie.
Il risultato è, in questi casi, l'insicurezza nella padronanza
dei mezzi linguistici che si trasforma in ostacolo ed esclusione dai
livelli di studio superiori.