Il testamento di Bomprezzi: “Forza giovani, siate leggeri. Io vorrei riposarmi”

18 dicembre 2014

Franco Bomprezzi, morto oggi a Milano, è stato indubbiamente la persona che ha contribuito più di ogni altra in Italia a cambiare la comunicazione sulla disabilità. Aveva lavorato in diverse testate, facendo anche la “macchina” (Mattino di Padova, Agr) e occupandosi in particolare di cronaca.

Quasi in parallelo aveva condotto un’intensa attività giornalistica (divenuta pressoché esclusiva negli ultimi anni) sui temi della disabilità, fondando nel 2000 Superabile.it, portale promosso dall’Inail e il blog “Invisibili”sul Corriere della sera. Era anche direttore del sito Superando.it promosso dalla Fish.

A Superabile era rimasto legatissimo e il suo ultimo impegno consisteva nella rubrica “Dr. Jekill e Mr. Hide” sulla rivista stampata mensile “Superabile Magazine”. Questo il suo ultimo articolo nel numero doppio di dicembre 2014-Gennaio 2015, non ancora uscito.

A caccia di parole

Ci vorrebbe un concorso per creativi. Lo dico sinceramente. Sarei davvero ricco se avessi voluto o potuto chiedere royalties su almeno due titoli che sono scaturiti dalla mia mente malata, in condizioni differenti, ma con il medesimo desiderio di individuare parole comprensibili a tutti, e capaci di svegliare chi dorme, anche nel mondo della comunicazione.

“SuperAbile” e “Invisibili”: ebbene sì, in tempi diversi e in contesti editoriali lontani, sono definizioni approvate in altrettanti brainstorming, ma scaturite da mie elucubrazioni mentali, stanco come ero, e come sono, delle banalità riferite al mondo delle persone con disabilità. SuperAbile nacque sulla scia dell’epopea sfortunata di Christopher Reeve, Superman divenuto negli anni terminali della sua esistenza un grande protagonista delle battaglie statunitensi per la ricerca e per i diritti delle persone paratetraplegiche e non solo. Da quell’accostamento onirico nacque la testata del portale Inail e di questo magazine.

Ne sono felice e orgoglioso. “Invisibili” è figlio di una constatazione personale, ossia la capacità della gente, per strada, nei negozi, nei luoghi pubblici, di non vedere – nel senso letterale – una persona con disabilità motoria, sensoriale o intellettiva. Ne è nato un blog molto seguito su Corriere.it e anche di questo sono felice e orgoglioso.

Ma mi domando: è possibile che il nostro mondo non riesca a elaborare con fantasia, ironia, leggerezza, coraggio, incoscienza, qualche altra chiave di comunicazione? Possibile che l’alternativa, orrenda, sia stato solo quel “diversamente abile” che tuttora invade e inquina ogni ragionamento sensato sulla pari dignità, sui diritti, sull’inclusione sociale? Forza giovani, scatenatevi. Io vorrei riposarmi.

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