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Silvio e le donne
l'Unità - 17-03-2006
C'è stato un momento alto dell'allocuzione del Cavaliere, nell'incontro match col povero Romano Prodi. È stato quando ha parlato di donne. Non di Valeria Marini o di qualche altra attrice di razza, bensì di quelle che lui ha chiamato "le signore". Sono persone, ha specificato, appartenenti ad una "categoria" speciale. Come i farmacisti, come i metalmeccanici, come i netturbini. La categoria delle "signore". La domanda del solito giornalista comunista era relativa a fatto che lui gira per le stanze di Palazzo Chigi e in Parlamento circondato da uomini. Ovverosia Bondi, Cicchitto, Dell'Utri e pochi altri. Niente femmine nel palazzo del potere di centrodestra. Perchè?

La risposta del Cavaliere è stata suadente. Ha spiegato come poche signore sono assunte (pardon, elette) dalle sue parti perché la maggioranza di loro non vogliono lasciare i mariti, la famiglia e trasferirsi a Roma. È stata una scelta a favore dell'integrità del nucleo familiare. La Stefania Prestigiacomo, con la sua mania delle quote rosa, è un'eccezione, un tarlo nell'ideologia di governo.

C'è molta delicatezza in queste riflessioni circa l'eterno femminino. Già il Cavaliere aveva anticipato il suo pensiero addirittura in Usa, quando aveva invitato gli opulenti boss americani a venire in Italia dove, aveva sottolineato, «abbiamo bellissime segretarie». E aveva aggiunto: «Consiglio a tutti di fare investimenti da noi, perché li farete in letizia e con la gioia se non altro negli occhi». È tutto chiaro: le donne del centrodestra possono al massimo fare le segretarie, se sono carine. Per il Parlamento niente da fare.

È così che il Cavaliere ha distrutto Prodi. Dipingendo un'Italia dove tutti sono ricchi, i precari sono felici, gli immigrati cantano facendo la coda agli uffici postali, la sinistra è in un angolo e le donne fanno sempre la calza. Come tanto tempo fa.

Bruno Ugolini
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 Pierangelo    - 17-03-2006
da Aprile online - 16.3.2006

Un governo di donne

A sentire Silvio Berlusconi abbiamo la prova provata di quanto siano lontani i tempi degli annunci della sua mirabolante modernizzazione che esaltava libertà e iniziativa individuale. Promesse infrante nel ripristino del modello familistico più vieto e retorico che inchioda staticamente tutti ad un destino “naturale”, a partire dalle donne che in quanto “spose e madri” non possono – nonostante le sue richieste (sic!) – scegliere di ambire a una qualche esperienza parlamentare.
Un tuffo negli anni ’50… per meglio dire in perfetta continuità con quel periodo la cui temperie Paolo Conte descriveva chiedendosi perché le donne odiassero il jazz.

La curiosità ci fa chiedere dove sono queste donne che non possono “lasciare” la famiglia per Roma? In tutta evidenza ciò che abbiamo intravisto in questi mesi è un duro scontro di potere tra uomini e donne sulle candidature che, nel centro destra, stando ai numeri, non ha finito per premiare le seconde.

Nella discussione pubblica che lo ha accompagnato non è stato risparmiato nessun tipo di stereotipo per stigmatizzare il comportamento delle donne che desiderano fare politica. Le donne sono state rappresentate come intriganti, egoiste che sfruttano tutti i mezzi per le loro ambizioni, anche l’influenza del marito potente. Oppure – come per il premier – sono “spose e madri” che rinunciano alla politica per onorare il loro compito familiare.

Le cose sono molto più semplici. Oggi le donne sono dappertutto in casa, nelle professioni, nei lavori. Possono e vogliono fare tutto. Ieri non era così. La politica però continua a rimanere non scalfita da questo cambiamento sociale. È il danno più grave, che non può durare. Allora rimandiamo a casa sua l’attuale capo del governo e la sua rappresentazione medioevale di donna e a Romano Prodi chiediamo fin da ora di comporre un governo composto per metà da donne. Come la Spagna di Zapatero e il Cile della Bachelet.

Marisa Nicchi

 ilaria ricciotti    - 18-03-2006
Ed ancora c'è chi lo ama così tanto da osannarlo come il politico più liberale e moderno di questi ultimi 50 anni!
A proposito sento il bisogno di esprimere piena solidarietà per il mio corregionale, Diego Della Valle, oggi attaccato dal cavaliere e da quanti non condividono che un industriale appoggi l'Unione.