Socialisti
Giuseppe Aragno - 07-01-2006
Quando ne ho sentito parlare per la prima volta, l'Unipol "assicurava" insegnanti per i rischi d'un mestiere a rischio. E mi si passi il bisticcio delle parole: ci sono casi in cui la forma cede per forza di cose alla sostanza.
Se ne faceva promotrice in qualche modo - e non c'era di che gridare allo scandalo - la Cgil scuola di altri tempi.
Figlia già spuria di un sogno - il socialismo - essa nasceva da un principio semplice e affascinante, di quelli che hanno fatto sognare generazioni di salariati nel tempo in cui si sperava che sorgesse "il sol dell'avvenire".
Altri tempi, lo so. E conosco benissimo il sorriso ironico dei compagni "benpensanti", addottorati in politologia, paladini di diritti della povera gente - perché no? serve ancora nel giorno che si vota - e poi, lindi, pinti e realisti, papalini se serve alla morte e alla nascita d'un papa e, ovunque e in ogni caso, compassati come richiede la cultura giusta: cultura di governo. Lo so, lo so bene: se ti metti a discutere troppo, ribattono, giovanili, irridenti e un poco insofferenti: e dai, compagno, guardati un po' attorno, ma non vedi, non senti, non t'accorgi, che sono tempi nuovi? I conti si fanno coi fatti e tu sei lì che corri appresso ai sogni, tu cavilli con le tue eterne regole e la fissazione dell'etica. Lo so, li conoscete ormai bene anche voi: sapienti, rampanti, brillanti, ironici e taglienti, discutono competenti di azienda e di mercato e, se parli di storia, ti guardano con uno sconforto misto a pena: sanno quel tanto che passa il bignamino di storia sociale, fanno confusione con la sociologia e ad ogni piè sospinto ripetono frettolosi che le regole del gioco le fa l'economia, che continui a non capire le difficoltà in cui versa Confindustria.
Sono anni che non ce la fanno più a sentirci insistere su regole e principi. Hai voglia di ripetere: guardate, questa è storia, noi nascemmo pensando che le terre e i mezzi di produzione fossero in mano a pochi prepotenti che ci imponevano i prezzi e avevano in pugno il destino nostro e dei nostri figli. Hai voglia di dirgli che, scelta la via "legalitaria", pensavamo che una rivoluzione vera è quella che regolamenta il mercato.
E' storia. I socialisti spiegavano ai contadini che la questione è semplice: le terre si affittano ad un prezzo troppo caro. Una cooperativa li abbassa. I contadini, analfabeti, ma acuti e concreti, ponevano domande e i socialisti davano loro risposte accurate: in fondo basterebbe eliminare i mediatori e il risparmio fatto diventerebbe il vostro guadagno. Ora, per fare questo occorre organizzarsi, mettersi insieme, formare una società perché, sommando i soldi e le forze avrete terra a sufficienza e pagherete poco. Fate una cooperativa, date la terra ai soci al prezzo che vi fanno i proprietari e non avrete più padroni: lavorerete per voi stessi e depositerete i vostri risparmi in una cassa comune. La cooperativa e la cassa operaia e rurale vi fanno padroni di voi stessi. Questa è la lotta che avete da fare al capitale; questa la via che distrugge la speculazione e lo sfruttamento dei capitalisti. Una via semplice, un'idea nobile e socialista: il sistema cooperativo cancella i parassiti.
Certo, il mondo è cambiato e dal 1970 lo Statuto dei Lavoratori, preso atto della crescita delle cooperative, ha riconosciuto che si andavano instaurando anche al loro interno relazioni e rapporti organizzativi simili a quelli imprenditoriali ed ha esteso le tutele contrattuali e sindacali anche ai soci lavoratori di cooperativa. Ma che si potesse partire dalle cooperative rosse per dare l'assalto a un banca non l'avrebbe mai detto nessuno.
In questa storia della Unipol Fassino e i vertici diessini sono di certo innocenti, non hanno preso un quattrino. Il guaio è che si può fare di peggio: si può trasformare l'ideale socialista in una speculazione di mercato. Si può consentire che ciò che nacque per battere il capitalismo diventi a sua volta capitalismo della peggiore specie. E' questo quello che sembra abbiano fatto. Null'altro. E però basta per dire basta. Una volta per tutte. Basta.

interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 da http://ilmessaggero.caltanet.it/    - 08-01-2006
INTELLETTUALI E SINISTRA QUANTA IPOCRISIA

di VINCENZO CERAMI

MA DOVE si sono nascosti gli scrittori e gli intellettuali di sinistra, ora che finalmente avrebbero qualcosa da dire? I Pasolini e gli Sciascia non esistono più? Queste sono le domande che assillano Franco Cordelli e chi altro si sente in dovere di esternare il proprio disdegno, naturalmente “dall’interno”. Il discorso di Cordelli (Corriere della Sera, 3 gennaio) era prevedibile, un film visto già mille volte. Non risulta che lui si possa definire artista da barricata, come lo è stato ad esempio Nanni Moretti. Eccolo all’improvviso uscire dal seminato e prendersela con Eco, con Tabucchi, eccetera.
Come mai stanno zitti davanti alla casa che brucia? Come mai lo scandalo non li scandalizza? Non si chiedono, Cordelli e compagni, che forse è più serio stare ancora un po’ alla finestra piuttosto che sparare giudizi alla rinfusa, senza troppi argomenti? Poi, francamente, questo fiorire di mammole e verginelle, che si ritraggono scontrosette perché Fassino tifa per la banca delle cooperative o perché D’Alema ha la passione della barca, fa sorridere anche il più bacchettone dei veterocomunisti.
Vergogna: la sinistra s’intende di finanza e di scalate, i suoi dirigenti addirittura parlano confidenzialmente con i banchieri. È immorale: banche e scalate le lascino alla destra, che è materia loro. Il politico di sinistra deve andare in giro con scarpe di pessima marca, sul pattino gli se piace il mare, e vestire povero (se ha la sfortuna di non nascere povero). Infatti la barca di Beppe Grillo non scandalizza nessuno, quella di D’Alema fa impressione.
Questa storia, che almeno fino ad oggi lascia Fassino fuori da ogni indagine giudiziaria, ha subito smosso le coscienze dei benpensanti, colpiti da un possibile “collateralismo” dei Ds: coscienze sensibili, incantate dalla purezza, come se la politica non fosse di questo mondo. E invece è di questo mondo e ha un suo linguaggio omologante e a sua volta dipendente da un modello di sviluppo che sfugge al suo potere. La politica vorrebbe incidere sulla realtà ma spesso ha comportamenti dettati dall’esterno, è condizionata dal mercato e non riesce a rispondere alle forti pressioni dei conflitti sociali. Talvolta costruisce alleanze “insane”, anche immorali. Da quando in qua politica e moralità hanno marciato insieme? Nei casi “buoni” la giustizia è il risultato di una somma di ingiustizie. Quel che oggi c’è da chiedersi, semmai, è se nelle possibilità della politica c’è ancora la creazione di regole che tutelino l’esclusivo interesse dei cittadini. Questo è il problema che gli scrittori e gli intellettuali debbono seriamente porsi.
Il sospetto che in questi anni la politica giuochi un ruolo subalterno, se non proprio di servizio, rispetto a un sistema economico-finanziario internazionale e globalizzato, non è un’invenzione fantastica. Che sia solo uno strumento, e neanche centrale, di quel sistema dove si giocano le pesantissime partite legate all’approvvigionamento dell’energia, ai grandi mercati, ai riciclaggi di denaro, alle ipocrite esportazioni della democrazia, è un’ipotesi che si fa realtà. Se così è, perfino le differenze tra destra e sinistra diventano secondarie. La partita si svolge altrove, e sempre meno in Parlamento, dove restano le briciole. Noi qui stiamo a far finta di scandalizzarci perché nei toni della conversazione telefonica intercettata c’è troppa confidenza tra Fassino e Consorte. Toni che hanno offeso l’irreprensibilità di Cordelli, scatenando una piedigrotta di luoghi comuni.
In ogni caso si ha l’impressione che nella testa di alcuni esponenti della sinistra sopravviva un’idea della politica che snatura le istituzioni e inquieta gli elettori. Eco, Tabucchi e Camilleri continueranno a star zitti? Speriamo. Il tono di voce di questi piccoli Savonarola non li tocca, è tutta roba vecchia.



 Giuseppe Aragno    - 09-01-2006
Cerami non è ipocrita, non si sdegna ed ha un'idea modernissima della politica. Un politico di sinistra - sostiene Cerami - non ha alternative: va in giro come un pezzente e non capisce niente di banche, di finanza e di scalate, o veste come un damerino e si lancia nei più sordidi imbrogli della finanza. Non c'è scampo, non c'è via di mezzo: un politico che si intende di economia e però non si lascia invischiare in affari torbidi per Cerami non esiste e non è mai esistito. E se tu pensi che no, che non sia così, benissimo, fatti avanti che lui ti sceglie un posto tra "mammole e verginelle, che si ritraggono scontrosette".
Cerami è veramente un'aquila ed ha avviato una rivoluzione copernicana della politica: ha scoperto - nessuno ancora se n'era accorto - che la politica appartiene a questo mondo. E occorrerà ringraziarlo, perché così risolve ogni problema di coscienza e il ragionamento non fa una grinza: il mondo è impuro, non aspettarti una politica pulita. Non ci stai? D'accordo, fatti avanti, che Cerami, sempre lui, ti sceglie un posto tra i bacchettoni veterocomunisti e gli intellettuali ipocriti di sinistra.
Bravo Cerami, è giusto, è così che si fa: bacchettate sulle mani a questi zoticoni che non sanno di Machiavelli e fanno questioni morali. Mentecatti, glielo dica Cerami, lo ripeta: da quando in qua politica e moralità hanno marciato insieme? Cose da pazzi! C'è ancora chi non sa che la giustizia è il risultato di una somma di ingiustizie e che un ladro non è un ladro se il giudice lo assolve. Anche se ha rubato.
Bravo Cerami. Queste cose, così chiaramente, non le ha mai dette nemmeno quell'anima pia di Berlusconi.

 Fuoriregistro    - 09-01-2006
Rita Gagliardi non è un'intellettuale, ma una giornalista. Una di quelle che, stando alle opinioni riportate da Sabina Guzzanti nel suo Via Zapatero, fanno più politica dei politici, visto che i politici stanno zitti. Anche loro in sciopero contro Savonarola?
In risposta a Dalema, la Gagliardi afferma su Liberazione di oggi:

"...In un altro passaggio, dici, più o meno, che il “peccato originale” diessino è stato il tentativo di intervenire contro i più prestigiosi poteri del capitalismo italiano - la Fiat - e aiutare, appoggiare, sostenere la nascita di nuovi poteri “indipendenti” - la famosa Opa di Colaninno, per intenderci. Ora, qui emerge la portata strategica della questione, e del nostro dissenso di fondo: aver accarezzato l’illusione che, per ritrovare un ruolo politico primario, per ricostruire un sistema di alleanze sociali largo e robusto, per ritornare ad esercitare sulla società italiana una vera e rinnovata egemonia, la strada giusta per la sinistra fosse quella di “appoggiarsi” su un pezzo di capitalismo - quello avventuroso, o all’apparenza in ascesa. Qui, è vero, la questione morale non c’entra nulla: c’entra invece, fino in fondo, l’idea di politica, l’idea di sinistra. Quell’opzione, ribadita in tutti gli ultimi congressi Ds, che la sinistra del duemila, per esser tale, altro non debba che “governare la modernizzazione”, cioè il capitalismo nell’era della globalizzazione - magari individuando in qualche pezzo della neo-borghesia nazionale un antidoto efficace ai guai della concorrenza e del mercato mondiale..."

C'è da pensare. Tutto il pezzo si trova qui.