18 aprile 1839
Giulio Merici - 14-10-2005

De Guerin è morto e la cosa mi crea più problemi di quanto pensassi.
In classe, per il fatto, s'è creato uno scompiglio celato, nascosto.
Niente accenni dell'insegnante di lettere, è uno scrittore troppo impudico per il mio collegio.
Ma la notizia al "Louis le Grand" è circolata comunque. Tra gli studenti, all'entrata; nelle classi per via orizzontale, afferrando foglietti di carta e facendoli scivolare sulle ginocchia del vicino.
De Guerin e le sue opere hanno sempre esercitato fascino su di me, anche perché proibite, cancellate dalla cultura ufficiale. Ora però hanno avuto la massima influenza sulla mia vita. Hanno cancellato me dalla scuola.
Marc aveva piegato bene il biglietto con la segreta notizia, per passarlo lo aveva posato indifferentemente sul mio banco. L'ho letto schiacciandolo sul quaderno aperto alla traduzione delle massime ciceroniane. Quelle sì che sono cose da dire e ripetere in classe! Nessuno ha nulla da ridire se ti sente recitare frasi di una lingua morta per il puro gusto di sentirne il suono. Quello va benissimo. Ma quando distrattamente l'insegnante ha fatto cadere lo sguardo sul mio quaderno, scorgendovi le linee del biglietto, la sua reazione è stata ferrea.
Niente moderatio oraziana o pietà cristiana, voleva quel foglietto per evitare che qualcosa che era in quell'aula diventasse cultura. Sono stato combattuto. In fondo sul biglietto non c'era nulla di eclatante, niente insulti al professore o al collegio che pure li meritano. Non avrei avuto grandi guai. Certo, avrei dovuto confessare il mittente del foglio, inguaiando mezza classe, ma la cosa che m'ha fatto desistere è stata di tutt'altro genere. Non volevo dare in mano all'istituzione qualcosa che era unicamente legato al mondo esterno, alla nostra vera educazione. Una cultura che nasce da interessi e curiosità reali, non da imposizioni.
Far rientrare De Guerin nel putridume e nello squallore del collegio, sarebbe stato come ufficializzare anche la sua morte letteraria. Ho pensato che con Seneca e Virgilio avesse poco di cui discutere.
Noi studenti siamo sempre accusati (come se fossero caratteristiche negative) d'essere incoscienti e spensierati. E lo sono stato. Non ho pensato ai guai che avrei passato, al proseguimento dei miei studi. Il foglio non o volevo consegnare e l'ho inghiottito. Una gloriosa merenda.
L'accusa con cui sono stato espulso è quella di ribellione all'autorità dell'insegnante. Il grande problema della scuola è che è pronta solo ad insegnare e non ad imparare.
È il secondo istituto che cambio. Anche gli anni passati, al Collège Royal di Lione, erano stati di botte, di battaglie con i professori e i compagni, d'opprimenti malinconie, in una città bigotta e commerciante, cattolica e protestante. Per loro non conto nulla e non sarò mai nessun.

Charles Baudelaire


Nota: Questa pagina di diario è inventata nella sua quasi totalità, ma si fonda su un fatto realmente accaduto. Baudelairevenne espulso dal "Louis le Grand" per aver mangiato un bigliettino invece di consegnarlo. Negli stessi giorni moriva anche Maurice De Guerin, prosatore romantico francese, che fu uno dei maestri letterari del grande poeta. Le uniche reali parole di Baudelaire sono quelle con cui descrive i suoi anni a Lione e descrive la città.


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