Scuola malata: a chi la diagnosi e la cura?
Sergio Gilioli - 16-04-2005
Come i cittadini vedono la scuola italiana?

Occorre cambiare il nostro sistema scolastico che l'Europa valuta tra i più resistenti alle innovazioni necessarie. Ma non si può pretendere che siano gli innumerevoli docenti delle scuole statali ad attenuarsi di loro iniziativa i loro stessi privilegi quantunque innegabili. Anzi, in alcune ML scolastiche essi difendono la più disinvolta autoreferenzialità della categoria: sono pressochè intoccabili sul lavoro, esenti da ogni valutazione di merito professionale "tutti egualmente eccellenti" e iperprotetti da sindacati che esercitano di fatto nella scuola un enorme potere senza responsabilità sull'efficacia complessiva del sistema, dunque docenti con un salario differenziato solo dall'anzianità di carriera (dove le anziane maestre risultano le migliori anche in palestra sebbene non ci vadano spesso coi ragazzi, per via dei tanti mali alle ossa ecc. - [ma per il resto sembrano davvero ancora le migliori!]).
Di docenti davvero eccellenti per fortuna ce n'è in ogni scuola. Ma non possono rivendicare il diritto di valere qualcosa di più della enorme massa di mediocri.
Il Ministro Berlinguer che provò a voler riconoscere il merito fu cacciato dalla stessa 'enorme massa': non lo salvò il fatto che di scuola se ne intendesse davvero.
Stando così la scuola, quale riforma proporre? E a chi chiederla?
All'inesistente "sindacato dei genitori" o degli utenti?
Chiederla ai docenti stessi sarebbe come chiedere a Bertoldo di scegliere l'albero in cui impiccarsi.
Alla maggior parte di loro le cose stanno bene così.
Bocciata la riforma Berlinguer/De Mauro (e con essa di fatto anche il governo che la proponeva), non accetteranno cure che sanino alle radici il sistema: temono il cambiamento, non accettano valutazioni e giudizi nel loro settore.
Eppure è malato il sistema che ai primi anni delle superiori caccia via 2.800 alunni a Milano! (23 su 100 il primo anno, 16 su 100 il secondo anno, ecc).
Per curare un organismo malato occorre una qualche forma di valutazione diagnostica che dica dove cominciare a mettere le mani.
E' proprio l'INVALSI - organismo nazionale per la valutazione del sistema scolastico - che può e deve richiamare l'attenzione sulle spie rosse di allarme che lampeggiano sul cruscotto di marcia degli istituti autonomi. L'indagine interna, pure necessaria, di autodiagnosi di istituto non può bastare perchè autoreferenziale (Come si può chiedere di guarire un malanno allo stesso medico che da sempre lo manipola impotente? O all'ospedale che - al dire di Don Milani - "caccia i malati e si cura i sani").


Perchè sabotare l'attività dell'INVALSI?

Qualche collega docente insegna come sabotare i questionari di valutazione di aspetti della vita scolastica predisposti dall' INVALSI per le classi della scuola primaria ("Basterà che ogni insegnante risponda ai quesiti in classe insieme ai bambini..."). Qualcun altro si pone qualche problema di legalità: pare che anche il sindacato ritenga poco tutelabile il sabotaggio delle prove dell' INVALSI in classe ed ora c'è addirittura un parere dell'avvocato Mauceri.
Più che a disagio io sono un po' sconcertato perché queste azioni di sabotaggio e falsificazione delle prove INVALSI dentro la scuola mi sembrano, e forse lo sono, all'incirca come la produzione di 'falsi in atto'. Azioni dolose, voglio dire, forse perseguibili anche penalmente. Infatti L'INVALSI è un organismo annunciato dalla legge sull'autonomia delle scuole fin dal '97 e finalmente istituito con poteri esclusivi e autonomi, fissati con legge di stato, per la valutazione della qualità del sistema scolastico. Altri soggetti e operatori dell'amministrazione non credo possano interferire contro il suo mandato senza compiere una specie di abuso di potere. E in subordine le prove sono da intendersi come un'azione disposta da un organo esecutivo e gerarchicamente superiore al singolo insegnante e all'Istituto (l'autonomia del quale non è TOTALE, ma circoscritta dalle stesse leggi).
I docenti possono contestare un eventuale ordine di servizio anche con un'azione giudiziaria ma nel frattempo e 'nelle more del giudizio' (non auspicabile dallo stesso avv.Mauceri) occorre ottemperare.
"Dura lex sed lex".
Perché mai gli uomini e le donne di scuola che siedono nelle poltrone dei vari "uffici vertenze o uffici legali", blasonati dal sindacato scuola, non dicono chiaramente a insegnanti e genitori come stanno le cose? Giova a qualcuno tutto sto torbido che si sta creando? A parte ciò, i suggerimenti di lotta degli insegnanti fanno affiorare per contrappasso anche una seria questione di etica professionale: quanto sarà 'valida e attendibile e vera', la valutazione dei processi di apprendimento e la valutazione dei processi globali di maturazione degli alunni? Che modello docimologico superiore adotterà mai la scuola o la classe che con tanta disinvoltura demolisce gli strumenti di verifica di altri organismi? Si tratta davvero qui di "professionalità magistrale illuminata"? Trovo che c'è una evidente supponenza, forse un pochettino spocchiosa, in chi vuole insegnare a quelli dell'INVALSI il loro mestiere, se i test sono buoni, se i metodi sono scientifici, ecc. E' già così difficile rendere credibile l'autodiagnosi del nostro mestiere in classe e a scuola.
E poi il suggerire metodi di lotta illegale, come si concilia con la quotidiana necessità di incarnare in classe "l'educazione alla legalità", per battere, col ragionamento e col modello adulto da maestri, le mafie grandi e piccole, i bullismi estorsivi, le violenze individuali e di gruppo che talvolta manco riusciamo a vedere tra i banchi? L'insegnante che suggerisce ai genitori di tenersi a casa i figli per tre giorni per evitare mezz'ora di questionario invalsi, forse è in conflitto con la sua stessa professione più che con l'Invalsi: perché la legge e la deontologia ci hanno sempre spinto contro l'evasione scolastica.
L'obbedienza non è una virtù in assoluto. Ci sono questioni di coscienza importanti che ci spingono a pagare il prezzo cocente dell'obiezione e della disubbidienza civile. Ma vi pare questo il caso? Credo proprio di no. E so che la sovranità della legge ci vuole sempre composti anche se critici: "Leges sine moribus vane".
Un'etica professionale troppo sbrindellata danneggia noi stessi della scuola e non giova alla comunità di cultura alla quale ci dedichiamo.

  discussione chiusa  condividi pdf

 Giancarlo Righini    - 16-04-2005
E allora come si spiega il comportamento del mio dirigente scolastico, che dovrebbe essere il paladino di cotanta legalità, che proprio stamani mattina si è rifiutato di mettere in votazione una proposta di delibera del collegio in merito alle prove Invalsi?
E nella delibera non c'erano solo le critiche, ma anche le proposte per fare un passo avanti nel campo della valutazione oggettiva.

Nel nostro Istituto Comprensivo Massarosa 1 di Lucca, lunedì 18 inizierà la somministrazione delle Prove senza che il Collegio dei docenti abbia avuto la possibilità di votare una delibera, ma neppure di discuterla nel merito, perchè le prove sono obbligatorie e dunque non si possono discutere.
Vanno fatte e basta.

Nel mio Istituto ci sarà un ordine di servizio che obbligherà gli insegnanti a svolgere le prove senza una delibera, votata dal collegio.

Certo il rifiuto di eseguire le prove può essere eccessivo, ma in presenza di tanta mancanza del rispetto della legge e delle corrette procedure di lavoro del collegio la voglia di rifiutarsi viene eccome.




 ilaria ricciotti    - 17-04-2005
Per quanto concerne le prove INVALSI ci sarebbe da entrare nel merito e chiedersi:
+ come vengono somministrate;
+ quando;
+ perchè;
ed inoltre se esse sono solamente una copia già propinata agli alunni per far bella figura, o qualcosa di sistematico che tiene conto dei livelli che un Istituto scolastico si è prefisso di raggiungere, in base alla sua realtà educativa e didattica.

 Irene Baule - insegnante del 1° Circolo di Alghero (SS)    - 17-04-2005
Anche io, caro Sergio, non so su quale bocca stia meglio in questo momento la parola LEGALITA'...
se dobbiamo giocarci, giochiamoci in prima persona -come facemmo io e te sulle "nuove schede" di valutazione una 30ina di anni fa (ti ricordi,vero?)
non credo nè a chi compila "insieme ai bambini" nè a chi "scarica sui genitori" la propria responsabilità.
Da parte mia, essendo specialista di inglese e quindi titolare di tutte le classi, sono "esonerata" ogni anno ipso facto da questa BARZELLETTA...
e poi, come VECCHIA MAESTRA, chissà se sarei in grado?!? ;-)
ma tu, non hai qualche anno più di me? o i direttori, come spiegò il buon Einstein, sempre di corsa - non invecchiano? ;-)
Irene

 paolo    - 17-04-2005
Caro collega,
è capitato anche a me di bollare come supponente l'atteggiamento di quei colleghi che considerano la struttura scolastica attuale, il loro modo di insegnare e i rapporti esistenti all'interno della scuola come eterne e addirittura superiori a quelle di qualsiasi altro modello scolastico. Le prove INVALSI (pur con i loro limiti) possono invece essere utilizzate per interrogarci sulla didattica finora adottata (obiettivi, contenuti, sistemi di valutazione). Per alcuni colleghi forse la scuola è soltanto l'organizzazione che fa gli orari e che distribuisce le cattedre, non è il luogo in cui si ricercano le modalità per migliorare gli apprendimenti e per mettere gli studenti in grado di affrontare le sfide del futuro.

 Cocco    - 18-04-2005
Sono un’insegnante a cui non piace la difesa corporativa della categoria ma non mi piace neanche che si butti la croce solo addosso agli insegnanti senza chiamare in causa tutto il resto.
Ragionare su particolari aspetti di determinati temi può essere utile ed importante in un paese civile e laddove la scuola non è il mercato di tutti e su essa non ci sono conflitti d’interesse.
Altrimenti, più che utile, diventa pericoloso.
Chi studia un pochino sa bene che le prove INVALSI serviranno in un futuro molto prossimo a differenziare le scuole pubbliche e parificate in eccellenti e sotto-graduate fino ai “ricoveri” per bambini e adolescenti disagiati. Chi insegna sa pure che un ragazzo in qualche modo in difficoltà non può rendere a livello di conoscenze e competenze acquisite quanto un ragazzo che vive una tranquillissima adolescenza, oppure ha l’appoggio di genitori ed altri professori a casa o la strumentazione adatta (a casa!!!! La storia dell’informatica a scuola, ad esempio, laddove per intere classi ci sono otto computer del centenario e nessun tecnico che si occupi della manutenzione ed aggiornamento degli stessi è solo una panzana).
Differenziazione che porterà all’annullamento dei finanziamenti dello Stato alle scuole non qualificate……. Gli Stati Uniti insegnano, nel senso che ci precedono sempre, soprattutto nelle scelte sbagliate.
Cosa fa gran parte dei dirigenti?
Non voglio generalizzare poiché so che non tutti operano allo stesso modo, ma la pratica che sto per descrivere è ormai molto diffusa e la conosco non solo per sentito dire.
Lavora con metodi leciti e meno leciti perché le prove INVALSI si facciano. Equivarrebbe altrimenti a denunciare ben altro, il che corrisponderebbe ad assumersi una grossa responsabilità politica e non solo individuale.
Al tempo stesso induce, con metodi assolutamente non documentabili e quindi non attaccabili giuridicamente, l’aiuto degli studenti da parte degli insegnanti somministratori che si guarderà bene dal perseguire, cosicché l’Istituzione scolastica da lui/lei guidata non debba mostrare eventuali grosse falle, magari giustificate dall’esistenza di una popolazione scolastica socialmente disagiata o da una condizione di lavoro regolamentata di fatto dalle leggi garantiste nei confronti dei diritti di studenti e genitori (mai degli insegnanti, che però non sono un monolite nel deserto bensì parte del sistema sociale, come gli studenti, i genitori, i politici), e /o dalla riduzione di spesa in tutti i settori.
Conflitti d’interesse, dicevo!
L’interesse non è solo quello degli insegnanti che non vogliono essere valutati attraverso la valutazione dei loro allievi e che semmai sanno bene che un eventuale insuccesso verrà considerato effetto solo della loro azione quando invece è il risultato di una miriade di fattori esterni ed interni alla singola realtà scolastica in cui operano.
Personalmente è tutto l’anno che lamento l’impossibilità (non nel corridoio ma con la dirigenza) di condurre l’insegnamento delle discipline che mi competono a causa di continue allettanti manifestazioni volte ad incentivare le iscrizioni alla scuola del paese in cui lavoro piuttosto che in quelle del paese vicino; a causa di carenza di strumentazione di laboratorio, non dico sofisticata ma almeno minima; a causa di dislocazioni di quel poco di materiale e strumentazione esistente in due sedi differenti, unificate a seguito della formazione degli istituti comprensivi. E’ veramente demenziale che per determinare la densità di diversi materiali in due classi che si trovano nelle due diverse sedi, abbia dovuto sotto la mia personale responsabilità chiedere, tra mille difficoltà, di traslocare la bilancia (unica) da una sede ad un’altra….traslocare da un posto all’altro un cilindro graduato (unico) per la determinazione dei volumi….ecc. Questa è la realtà in cui molti insegnanti si trovano spesso ad operare….e non da ora.
Una realtà che con il procedere degli anni finisce col dequalificare anche le competenze di chi le possiede.
Manifestazioni sportive e festaiole di vario genere che vanno sotto il nome dello “star bene a scuola” e che, a mio avviso, conducono ad un disagio futuro molto prossimo, negli anni scolastici superiori, nella frequenza dell’Università….all’abbandono degli studi in assenza di promozione facile quando per forza di cosa la società non richiederà più lo studente felice degli spot pubblicitari “la scuola cresce con te” ma l’uomo, il cittadino, il lavoratore.
La discussione sull’INVALSI mi sembra tanto quindi la solita falsa discussione, l’oggetto di turno da utilizzare per far emergere i rapporti di forza tra chi nella scuola, nella classe, non ci vive, non la conosce, ed è l’unico deputato a discuterne per difendere interessi che nulla hanno a che vedere con l’etica.
L’INVALSI non è altro che l’ex CEDE; i vari PP (progetti pilota) hanno seguito un iter avviato già parecchi anni fa; vecchi e nuovi politici ed amministratori sono per l’autonomia delle scuole; un’autonomia che unitamente al sistema di valutazione centralizzato si traduce sempre più nella migliore forma a garanzia della differenziazione delle scuole del territorio.
Chi ce l’ha il coraggio di dire chiaramente dove si vuole “andare a parare” anziché continuare a fare discorsi eruditi e di etica professionale sulle varie virgole trovando solo, di volta in volta, il capro espiatorio della situazione? Capro espiatorio che nella maggior parte dei casi coinciderà con un generico lavoro degli insegnanti……..un modo come un altro per non andare al nocciolo del problema e per giustificare l’indisponibilità ad elevare gli stipendi di tutti gli insegnanti, meritevoli e meno meritevoli, cui i figli degli artigiani ridono in faccia perché vanno a scuola con la macchina datata e non sfoggiano costosi vestiti.
E allora, operatori della scuola, puntiamola l’attenzione sull’etica professionale ma non soltanto su quella degli insegnanti. Puntiamola su quella dei sindacalisti di mestiere (non sul sindacato), su quella dei dirigenti, su quella dei pedagogisti del ministero, su quella dei politici mestieranti. E non perché così “mal comune mezzo gaudio” ma perché se si settorializza anche la responsabilità identificandone a turno un solo tipo, allora ogni categoria cercherà di difendere se stessa ed il proprio posto di lavoro mentre la Scuola non la difenderà nessuno, o meglio contribuiranno tutti a distruggerla: gli insegnanti cercheranno di mantenere il proprio posto di lavoro, i dirigenti pure, insieme al loro stipendio e prestigio sociale, i pedagogisti s’inventeranno analisi che portano alla formazione di tante cattedre universitarie in più per loro (laurea in scienza della formazione), i sindacalisti plauderanno e sosterranno tutte le modifiche che garantiscono il mantenimento dei loro distacchi. Tutti favoriranno con i più svariati mezzi il sistema clientelare che ha dequalificato l’insieme e, sia chiaro!, il sistema clientelare è stato applicato al reclutamento degli insegnanti ma anche, e sempre più, a quello dei dirigenti e dei segretari, provinciali e non, dei vari sindacati.
Qualcuno mi spieghi, per cortesia, come si concilia l’aumento percentuale delle promozioni, sia pure ancora basso in Europa, con i risultati dell’indagine PISA sulla formazione scientifica che vede l’Italia agli ultimi posti tra i paesi dell’OCSE e ad un livello in calo rispetto agli anni precedenti.
Qualcuno mi spieghi come mai le prove INVALSI (io le ho lette sia quelle degli anni precedenti che quelle di quest’anno) sono di anno in anno più semplici e semplicistiche.
Qualcuno mi spieghi come mai il testo del problema di matematica per gli indirizzi tradizionali del liceo scientifico fornito dal ministero per l’esame di stato dello scorso anno fosse di una banalità estrema rispetto a quelli degli anni precedenti per lo stesso tipo di indirizzo.
E mi si dica in che modo bisogna incentivare l’iscrizione in notevole decremento alle facoltà scientifiche. Forse abbassando l’importo delle tasse per l’iscrizione ad esse?
Lo hanno fatto gli improvvisati “intenditori” di formazione, ma non ha funzionato! E non poteva funzionare!
Gli studenti non scelgono le facoltà scientifiche perché si rendono conto di non avere le competenze minime per affrontarle.
Non c’è bisogno di nessun Invalsi per accertare tutto questo. I fatti e le altre indagini parlano chiaro.
La mistificazione delle prove INVALSI, da chiunque operata, dalla testa o dalla coda, non serve ad altro che a rallentare la presa di coscienza del grave stato in cui versa l’istruzione, e nel frattempo la selezione per censo, possibilità economiche delle famiglie, disponibilità a vendersi al miglior offerente finalizzata all’ingresso nel mercato del lavoro piuttosto che alla formazione dell’uomo e del cittadino, farà il suo corso.
Qual è l’obiettivo che si persegue nella formazione? Soffermiamoci su quello, prima di sparare a zero sull’operato del singolo o di una particolare categoria che non ha “santi in paradiso”.

Leggevo al primo post:
“docenti possono contestare un eventuale ordine di servizio anche con un'azione giudiziaria ma nel frattempo e 'nelle more del giudizio' (non auspicabile dallo stesso avv.Mauceri) occorre ottemperare.
"Dura lex sed lex".”

Se non è auspicabile l’azione giudiziaria per contestare un ordine di servizio ma occorre ottemperare ci piaccia o no, mi chiedo in che cosa si traduca tutto questo se non in un invito ad ubbidire e tacere. Dov’è l’etica professionale in questo caso?
Qui non stiamo parlando di una dura legge sed lex , ma di una questione per la quale le leggi in materia, come sempre più spesso sta succedendo, sono controverse…..e il consiglio di ubbidire non mi sembra molto democratico.
Il “non auspicabile” dell’avvocato Mauceri lo avevo inteso nel senso che sarebbe opportuno, prima che qualcuno si debba rivolgere alla magistratura, dar luogo alla libera discussione finalizzata alla decisione in collegio docenti di adottare le prove oppure no. L’ordine di servizio che prescinda da essa, la impedisca o la disattenda potrebbe costituire un illecito giuridico tanto quanto lo potrebbe essere la delibera del collegio docenti. Non è ancora dato saperlo.

 Carla Roscioli    - 18-04-2005
Sono una mamma romana, sono di sinistra, iscritta al partito dei DS. A me non sembrava così terribile che mio figlio di dieci anni venisse sottoposto a delle prove di verifica e lui per primo mi era sembrato molto contento di poter provare (visto che gli hanno sottratto l'esame di V elementare) l'efficacia dei suoi metodi di studio. Poi è scoppiato il finimondo. Io ho sempre avuto il sospetto che l'intervento genitoriale non sia sempre positivo in un organismo quale quello scolastico di cui molti di noi, diciamolo francamente, non comprendono bene i meccanismi di funzionamento. Insomma si è costituito un non meglio identificato Comitato di genitori (Boicottiamo l'Invalsi) e si sono permessi, anche in mio nome ed a mia rappresentanza, non chiesta né ri-chiesta, di far INVALIDARE queste prove. Ora io ritengo questo comportamento ASSOLUTAMENTE antidemocratico nel merito e nel metodo. Insomma nessuno tocchi Caino o meglio "nessuno tocchi er mi' fijo". Quanta paura ci fanno le innovazioni, siamo proprio un paese che invecchia, invischiato nella retorica e nell'incapacità di analisi critica costruttiva.

 Flora    - 21-04-2005
Purtroppo Sergio e Carla sfiorano solo in superficie il problema.

Le prove invalsi non sono obbligatorie.
Quindi se la "Dura Lex sed Lex" è ancora VALIDA le prove invalsi non si possono fare.
Le direttive e le circolari non possono tradire delle norme da cui discendono.

I comitati d'Istituto dei genitori sono riconosciuti per legge nella loro rappresentatività, i comitati "politici" che difendono la scuola non hanno rappresentatività istituzionale ma sicuramente rappresentano i contenuti su cui si muovono.Quindi non bisogna fare confusione fra i due ambiti.

Oltre che attuare la legge, gli insegnanti devono necessariamente conoscere le norme.
Dal 2001 non si può più prescindere da questo dato di fatto.

L'apparato burocratico non può più "forzare" le interpretazioni delle norme per superare l'irresponsabilità o l' inefficacia nelle scelte politiche.

Si rischia di amplificare sempre più l'inadeguatezza dell'organizzazione del ministero rispetto al nuovo titolo V della Costituzione.

Non ho timore a sostenere che la stragrande maggioranza dei colleghi non studia le leggi che governano la professione docente.

Mi spiace, ma leggendovi è così.


 carla    - 27-04-2005
A tutti coloro che amano confrontarsi a botte di DPR non entrando mai nel merito filosofico delle questioni e restando negli stretti ambiti del singolo fatto allego volentieri la pubblicazione di un direttore scolastico di un istituti di Reggio Emilia (non Reggio Calabria)

La legittimità dell’indagine affidata dal MIUR all’INVALSI promana in prima istanza dal DPR 275/1999 (Regolamento dell’autonomia delle istituzioni scolastiche) il quale con l’art. 8 affida al MIUR la definizione, tra l’altro, degli “obiettivi generali del processo formativo”, degli “obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni”, degli “standard relativi alla qualità del servizio” e con l’art. 10, comma 1, “la verifica del raggiungimento degli obiettivi di apprendimento e degli standard di qualità del servizio”, fissando in proposito “metodi e scadenze per rilevazioni periodiche”.
La legge 53/2003, con le disposizioni contenute nell’art. 3, non innova sostanzialmente quanto sancito dal Regolamento dell’autonomia, stabilendo che “ai fini del progressivo miglioramento e dell'armonizzazione della qualità del sistema di istruzione e di formazione, l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione effettua verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell'offerta formativa delle istituzioni scolastiche e formative”.

La valutazione “esterna” (tale è la natura delle prove INVALSI) disposta dal DPR 275/1999 e dalla L. 53/2003 non esaurisce ovviamente la valutazione scolastica ma ne è solo un piccolo (quantitativamente assai ridotto) per quanto significativo tassello. I protagonisti, anche della valutazione, continuano ad essere gli insegnanti, come senza margine di dubbio si evince dal punto a) dell’art. 3 della legge 53: “la valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti e del comportamento degli studenti del sistema educativo di istruzione e di formazione, e la certificazione delle competenze da essi acquisite, sono affidate ai docenti delle istituzioni di istruzione e formazione frequentate; agli stessi docenti è affidata la valutazione dei periodi didattici ai fini del passaggio al periodo successivo; il miglioramento dei processi di apprendimento e della relativa valutazione”.
Pertanto l’effettiva peculiarità della problematica della valutazione (e delle soluzioni in proposito messe in scena dall’interazione tra autonomia scolastica e riforma degli ordinamenti) si può intendere soltanto facendo opportunamente coagire la “valutazione interna” (ancora affidata alla responsabilità professionale dei docenti) e la “valutazione esterna” costituita dalle prove INVALSI.

La transitorietà delle Indicazioni Nazionali non giustifica la inapplicabilità della “valutazione esterna”. Innanzi tutto le Indicazioni, se pure transitorie (che non significa “provvisorie” né “derogabili”) hanno piena validità, fino a quando non saranno sostituite dal previsto regolamento (artt. 12, 13, 14 del D.L.vo 59/2004). Inoltre la normativa specifica concernente la somministrazione delle prove INVALSI non menziona mai esplicitamente le Indicazioni. La connotazione delle prove, infatti, è tale da essere supportata anche dai programmi didattici previgenti.

Da tutto quanto sopra argomentato deriva la legittimazione dell’INVALSI a somministrare agli studenti test per la verifica delle conoscenze e delle abilità, in quanto la stessa promana dalla legge, cioè dall’unica fonte normativa che (in base alla Costituzione: art. 97, 1° comma) ha la forza di determinare gli enti e le loro funzioni, gli organi e le loro competenze.
Nessuna norma attribuisce questa competenza (diversa essendo la valutazione periodica dell’apprendimento degli studenti spettante ai docenti) alle istituzioni scolastiche (né conseguentemente agli organi amministrativi che tali istituzioni compongono né al personale docente a titolo “individuale”).
Nessuna norma attribuisce “frazioni” di questa competenza né alcun “ruolo” amministrativo (e nemmeno didattico) alle istituzioni scolastiche i cui studenti siano coinvolti nelle verifiche in questione.

 ilaria ricciotti    - 29-04-2005
Nessuno in un precdente mio commento ha risposto alla domanda che ponevo:-E' vero o no che alcune scuole sono a conoscenza dei test delle prove INVALSI, ancora prima che esse vengano somministrate?"