breve di cronaca
Non sostituisce il collega in sciopero
Gilda UNAMS della Puglia - 29-03-2005
DOCENTE DI LECCE VIENE PROSCIOLTO DA ADDEBITO DISCIPLINARE DAL CSA DI LECCE: ERA STATO ACCUSATO DAL DIRIGENTE SCOLASTICO DI ESSERSI RIFIUTATO DI SOSTITUIRE UN COLLEGA SCIOPERANTE.

22 marzo 2005

Il Dirigente del CSA di Legge ha archiviato molto speditamente un procedimento disciplinare aperto a carico di un docente di NARDO' (LECCE) accusato dal Dirigente scolastico dell'Istituto [...] di essere venuto meno ai doveri di vigilanza sugli alunni di una classe che gli voleva affidare in luogo dell'assenza di un collega in sciopero.
Il prof. V.V. è stato assistito dal prof.[...] SEGRETARIO PROVINCIALE E REGIONALE dell'UNAMS- SCUOLA (Federazione nazionale Gilda/UNAMS) che ha approntato una memoria difensiva molto articolata con la quale sono stati smontati punto per punto tutti gli assunti del Dirigente scolastico e del CSA di LECCE.
Veniamo ai fatti e alle motivazioni di diritto .

Con nota n. 4/2005 (senza data) il Dirigente scolastico del suddetto istituto affermava che a carico del prof. V.V. era stata «avviata la procedura per l’erogazione di sanzione disciplinare di cui all’art. 494 lettera c del D. Lgs. 297/94», dando implicitamente per scontato, ancor prima della contestazione degli addebiti prevista dall’art. 7. L 300/70 recepito dall’art. 55, comma 5, D. Lgs. 165/01 (secondo cui «ogni provvedimento disciplinare, eccetto del rimprovero verbale, deve essere adottato previa contestazione degli addebiti»), la colpevolezza del docente in ordine a presunte mancanze di cui all’art. 494, lettera c, D. Lgs. 297/94.
Nella nota di contestazione di addebiti del Dirigente coordinatore del C. S. A di Lecce si contestava al docente che si sarebbe «rifiutato, il giorno 21.1.2005, di entrare nella classe ... del plesso di Via Bologna, durante la sesta ora di lezione, su invito della prof.ssa [...], responsabile del menzionato plesso, in seguito a disposizione del Dirigente scolastico, “per assicurare la vigilanza sugli alunni in funzione di sorveglianza ed assistenza, nonostante fosse regolarmente in servizio e libero in quanto tutti gli alunni della sua classe ..... erano assenti”».

Il sindacato ha fatto presente che:

1. In via preliminare: nullità del procedimento disciplinare Preliminarmente va eccepita l’invalidità dell’intero procedimento disciplinare avviato.
In effetti, nel caso di specie l’inchiesta preliminare che il D. S. avrebbe dovuto condurre – e non ha condotto – non aveva «lo scopo di formulare giudizi e valutazioni, ma solo di acquisire fatti e circostanze …» (Cons. Stato, sez. V, 25.6.1968 n. 981).
In altre parole, come chiarito dalla giurisprudenza, una cosa è la fase preliminare delle indagini, che il datore di lavoro può svolgere, al fine di acquisire, anche mediante l’audizione del lavoratore, i necessari elementi di giudizio per verificare la configurabilità o meno di un illecito disciplinare a carico di quest’ultimo, sempre che all’esito delle indagini si proceda alla rituale contestazione dell’addebito, con la possibilità per il lavoratore di difendersi, ed altro è l’apertura del procedimento disciplinare, che presuppone la conoscenza dei fatti e la individuazione del soggetto a cui imputarli, e non può procedere ma solo, eventualmente, seguire il compimento e la valutazione degli accertamenti preliminari (così App. Bari 18.1.2002).
Nel nostro caso alcun accertamento è stato compiuto, ma si è proceduto alla mera contestazione di addebito.
Nella fattispecie, non sussisteva alcuna inadempienza ad alcun ordine.
A ben vedere, in effetti, può parlarsi di “rifiuto” del dipendente ad eseguire un ordine di servizio – fatto questo sì di rilevanza disciplinare – solo allorché tale ordine avvenga con atto scritto, a seguito di rimostranza, e sia impartito da soggetto qualificato giuridicamente a disporlo ed a cui il lavoratore risulti essere subordinato gerarchicamente (cfr. art. 17 D.P.R.
10.1.1957 n. 3).
Ne segue il totale difetto di forma nell’ordine che sarebbe a base del presunto rifiuto del docente, atteso che questi, dinanzi all’invito rivoltogli precisò la sua rimostranza, adducendo i motivi che ostacolavano l’esecuzione dell’«invito».
Tanto obbligava il suo superiore gerarchico – da non riconoscersi comunque in capo alla docente presunta responsabile di plesso – ad esporre le ragioni, attraverso quelle modalità legali (atto rinnovato per iscritto) prescritte dalla legge, con valore di ordine di servizio del D. S. rivolto al docente ed a lui notificato, tale da far presumere una mancanza disciplinare del dipendente per un eventuale rifiuto ad eseguirlo.

2. Nella contestazione si faceva riferimento, peraltro, ad un presunto «invito» al docente da parte della presunta responsabile , nella sua assunta qualità di «responsabile del menzionato plesso».
Anche tale ultima qualificazione di responsabile di plesso in capo alla docente [.....] non risultava affatto provata.
In materia, l’art. 25, comma 5, D. Lgs. 165/01, prevede che «nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative il dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati, ai quali possono essere delegati specifici compiti».
Quindi i compiti che il D. S. può delegare ai docenti da lui individuati (diversi dal collaboratore vicario eletto dal Collegio dei docenti ex art. 7 comma 2 lettera h del D. Lgs. 297/94), sono solo quelli organizzativi ed amministrativi.
Appare chiaro, pertanto, che la (presunta) delega delle attribuzioni di responsabile di plesso in capo alla prof.ssa [.....] andava rilasciata in forma scritta e nelle forme dovute.
Della mancanza di tale delega scritta, peraltro non comunicata neanche al collegio docenti o attraverso avviso interno, v’è prova in una nota recente del D. S. del 10.2.2005 rivolta ad una richiesta di chiarimenti inviata dalla componente RSU della scuola, in cui lo stesso D.
S., proprio in relazione alle figure da lui individuate come collaboratori, affermava assurdamente che «È ormai consuetudine, infatti, che gli atti amministrativi possono essere assegnati anche verbalmente e vengono diffusi attraverso le azioni che vengono effettivamente svolte nella scuola» (cfr. nota 1012 del 10.2.2005).
È di tutta evidenza come si ignori che un atto amministrativo per essere tale ed avere valore giuridico ed efficacia in capo ai terzi interessati, deve essere dotato di forma scritta, salvo che la legge o altra fonte normativa stabilisca espressamente altra diversa forma (per es., nel caso di ordini di polizia, atto di convocazione di Giunta e/o Consiglio per esplicita previsione statutaria o regolamentare) (cfr. TAR Puglia, sede di Bari, sez. I, 20.5.2004 n.
2227).
La generalità degli atti, infatti, non si può concepire e recepire se non in forma scritta, salvo che, come detto, la legge non disponga altrimenti. Tanto in ossequio al principio di legalità dell’azione amministrativa (cfr. art. 97 Cost.). Pertanto, alcuna consuetudine può disporre o anche solo consentire l’assegnazione di funzioni in forma orale, se ciò non è disposto per legge o da altra fonte normativa. La consuetudine in diritto amministrativo – salvo che non sia richiamata o “legittimata” per legge – non ha diritto di cittadinanza!!!!!!!!!!
Da tutto ciò ne segue che la nominata prof.ssa [.....] non era in alcuna maniera legittimata a dare “disposizioni” o “inviti” al docente, non essendo stata data prova dei suoi poteri legittimanti.
Anzi … . Emerge chiaramente come la ridetta prof.ssa I.... abbia agito in TOTALE CARENZA DI POTERE.
Di talché, anche ammettendosi, per mera ipotesi, la possibilità di un “invito”, la condotta dello scrivente risulta scriminata non avendo dato esecuzione ad un ipotetico ordine palesemente illegittimo, in quanto proveniente da soggetto non legittimato.

3. Nel merito. Violazione dell’art. 40 Cost. Infondatezza della censura Nel merito va affermato, di contro, che il giorno 21.1.2005 il servizio scolastico non era regolare, poiché l’O.S. SNAIPO aveva indetto uno sciopero e quindi, alla VI ora in I, sez. ...., classe in cui il docente si sarebbe, assuntamene, rifiutato di andare, era assente un docente scioperante.
Anche per tal altro motivo, il docente evidenziava le sue perplessità dinanzi alla richiesta a lui rivolta di sostituire alla VI ora il docente assente nella classe ID per sciopero, ritenendo la suddetta del tutto illegittima e lesiva del diritto di sciopero, costituzionalmente tutelato ex art. 40 Cost.
Va da sé che se il D. S. avesse impartito per iscritto tale ordine, il docente non si sarebbe astenuto da darvi esecuzione, fermo restando l’acclaramento successivo della legittimità dello stesso ordine in relazione alla violazione del diritto di sciopero.
Deve aggiungersi, inoltre, come, in proposito, la Cassazione ha già avuto occasione di affermare che il diritto di sciopero non esclude, di per se, che il datore di lavoro possa avvalersi di ogni mezzo legale che, senza impedire l’esercizio del diritto collettivo, ne eviti o ne attenui gli effetti negativi. Per cui sarebbe legittimo il ricorso dell’imprenditore all’impiego di personale non scioperante (anche esterno all’azienda) per sopperire alla mancata prestazione lavorativa del personale in sciopero (cfr. Cass. 13.3.1986 n. 1701); e non costituirebbe attività antisindacale la condotta del datore di lavoro che, nel corso di uno sciopero, sostituisca i dipendenti scioperanti con il personale interno a sua disposizione che non aderisce allo sciopero ed anche con quello, esterno, se non si tratta di assunzioni a termine in violazione della L. 203/62 oppure di corrispondere ai “crumiri” un trattamento di maggior favore in violazione degli artt. 15 e 16 dello Statuto lav. (cfr. Cass. 16.11.1987 n. 8401).
presunto rifiuto ad entrare nella classe I impugnato, «per assicurare la vigilanza sugli alunni in funzione di sorveglianza ed assistenza» di collega in sciopero, si appalesa del tutto infondata ed al contempo illegittima, per violazione del supremo disposto di cui all’art. 40 Cost., atteso che, diversamente, il diritto di sciopero risulterebbe svilito, neutralizzato e vanificato.
Si osserva in effetti che le regole giuridiche e contrattuali contenute nella L. n. 83/00 (che modifica ed integra la L. 146/90) sono state recepite ed attuate dal C.C.N.L. siglato il 24.7.2003.
In base a quest’accordo, il c.d. contingentamento può avvenire, da parte del Dirigente scolastico, sulla base della previsione di sciopero, ma solo per il personale non docente, dando comunicazione ai singoli interessati cinque giorni prima, per garantire la continuità delle prestazioni indispensabili.
Il C.C.N.I. dell’8.10.1999 definisce i criteri generali per determinare il contingente da prevedere in caso di sciopero. La contrattazione integrativa di istituto definisce, poi, i criteri specifici del contingente in quella scuola, ma non può (derogando in peius) allargare l’area dei servizi essenziali.
Come ben noto, i servizi minimi da garantire in caso di sciopero del settore scuola sono regolati dal citato accordo integrativo che riguarda i criteri per l’individuazione dei contingenti di personale educativo ed A.T.A. (e, dunque, con esclusione del personale docente) necessari ad assicurare le prestazioni indispensabili in caso di sciopero: il numero di personale (non docente) deve essere determinato dal D. S. con le modalità previste dall’art. 6, comma 3, punto d) del C.C.N.L. 26.5.1999.
Le prestazioni indispensabili perciò che la scuola deve garantire in caso di sciopero sono tassativamente previste dal citato accordo nazionale del 26.5.1999, al cui art. 2, comma 1 (rubricato prestazioni indispensabili - Allegato attuazione della legge 146/90), non si evince affatto che i capi d’istituto possano predisporre contingenti di docenti per la normale attività didattica (sostituzione di decenti scioperanti), generica vigilanza o assistenza alle classi, obbligo di presentarsi alla prima ora con modifiche di orari.
Tra questi servizi “essenziali”, ad es., vi sono le attività dirette e strumentali riguardanti lo svolgimento degli scrutini e degli esami finali, e ciò, ragionevolmente, in quanto scrutini ed esami integrano oggettivamente il momento conclusivo della didattica ed, attraverso la verifica dell’apprendimento e la certificazione abilitante, costituiscono il necessario e logico epilogo di tutta la programmazione annuale che impiega la massima responsabilità dei docenti e degli studenti (ed indirettamente le attese della vita e della economia delle famiglie, non certo estranee al servizio).
Ma al di là di dette ipotesi contrattualmente previste non esistono poteri di contingentamento.
Ne segue che lo scrivente, del tutto legittimamente, ha avanzato le proprie rimostranze a tali richieste a cui, peraltro, il D. S. – ritenendo per legittimo il suo operato (circostanza che si contesta) - avrebbe ben potuto rinnovare per iscritto il proprio ordine.
4. Sempre nel merito: violazione e falsa applicazione dell’art. 494, lett. c, D. Lgs. 297/94. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2048 c.c. Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 C.C.N.L. 2003.
Ancora nel merito, per quanto attiene all’accusa avanzata dal D. S. con nota 4/05 secondo cui già era avviata a carico del sottoscritto, ancor prima della contestazione di addebiti, la procedura per l’erogazione di sanzione disciplinare di cui all’art. 494 lett. c) D. Lgs. 297/94, solo per mero scrupolo, in questa sede, si osserva che l’aver omesso di compiere gli atti dovuti in relazione ai doveri di vigilanza è ben altra cosa, nella prospettazione normativa e contrattuale, circa la fattispecie in esame nell’odierno procedimento.
Va subito detto che l’art. 2048 c.c. prevede che «i precettori e coloro che insegnano un mestiere o un arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza»: per giurisprudenza consolidata, l’obbligo della vigilanza incombe direttamente sull’istituzione scolastica (cfr. Cass.
7.11.2000 n. 14484) e si estende «dal momento dell’ingresso degli allievi nei locali della scuola a quello della loro uscita» (Cass. 5.9.1986 n. 5424. Cfr. nello stesso senso Cass.
30.3.1999 n. 3074; Cass. 26.6.1998 n. 6331, la quale ammette addirittura una responsabilità del Ministero della Pubblica Istruzione!), e si estende pure agli eventuali danni arrecati dagli allievi a sé o ad altri (e non già solo a quelli subiti!) (cfr. ex plurimis Corte Conti, Sez.
giur. Lazio, 15.5.1998 n. 40; Cass., sez. Un., 27.6.2002 n. 9346; Cass., sez. Un., 11.8.1997 n. 7454; Cass. n. 260/1972).
Le responsabilità del D. S. sono ovviamente relative all’organizzazione della vigilanza (in condizioni normali di servizio) che deve essere concretamente realizzabile; i docenti e collaboratori scolastici se ne assumono l’onere limitatamente «per assicurare l’accoglienza e la vigilanza degli alunni, gli insegnanti sono tenuti a trovarsi in classe 5 minuti prima dell’inizio delle lezioni e ad assistere all’uscita degli alunni medesimi» (art. 27, comma 5, C.C.N.L. 2003), mentre i collaboratori scolastici hanno «compiti di accoglienza e di sorveglianza nei confronti degli alunni, di ordinaria vigilanza e assistenza necessaria durante il pasto nelle mense scolastiche» (tabella A C.C.N.L. 2003 e art. 35, comma 3, L. 289/2002).
Appare, quindi, fuor di dubbio che le accuse mosse dal D. S. al docente, anche circ a la omessa vigilanza, erano del tutto infondate, anche perché l’obbligo di vigilanza dei docenti è riferito alla loro attività didattica nelle proprie classi o in quelle dove si rechino in sostituzione (supplenza) del collega assente.
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 vito    - 02-04-2005
Mi complimento col docente ingiustamente accusato dal D.S., ed invito altri a seguire lo stesso esempio per casi analoghi o comunque qualora intravedessero delle ingiustizie sul posto di lavoro. capisco infine che questo discorso potrebbe offendere la RSU di istituto, ma spesso è una istitutzione poco valida nella nostra scuola Italiana.
ancora complimenti e cordiali saluti.