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La scienza sale sul palco
Galileo magazine - 25-02-2005
Sono passati quasi vent'anni dall'esplosione della centrale nucleare di Chernobyl, avvenuta il 26 aprile del 1986. Cosa resta di quella tragedia oggi? Cosa ne è stato delle persone che subirono da vicino la catastrofe del reattore? Da questi interrogativi nasce lo spettacolo teatrale "Reportage Chernobyl. L'atomo, la vanga, la scienza e la terra", diretto da Simona Gonella, per la recitazione di Roberta Biagiarelli in scena al Teatro Verdi di Milano fino al 27 febbraio e successivamente in tourné fino al 17 aprile.

Ispirato alle testimonianze raccolte nel libro della giornalista bielorussa Svetlana Aleksievic "Preghiera per Chernobyl", pubblicato in Italia dall'editore e/o, lo spettacolo racconta l'incidente del reattore dando voce alle storie di chi ha vissuto quei giorni sulla propria pelle. Come Ljudmila, moglie di uno dei pompieri accorsi alla centrale per spegnere l'incendio e morto dopo due settimane. E come Valentina, vedova anche lei di uno degli 800.000 uomini chiamati a "liquidare le conseguenze della catastrofe", incaricati di spalare la grafite radioattiva e seppellire la centrale sotto un'immensa struttura di cemento. Ci sono anche testimonianze e interviste, raccolte in un video, tra le quali compare quella di un padre, interpretato dall'attore Roberto Herlitzka, che perde la propria figlia a causa dell'elevata esposizione alle radiazioni.

Tutte storie "ad alta densità emotiva", come le definisce la regista, sulle quali si innesta una riflessione più ampia: "Chernobyl ha una forte valenza metaforica del rapporto spesso distorto con la tecnologia, del comportamento bulimico della società occidentale con l'energia: ne consumiamo sempre di più, trascurando l'impatto sul pianeta. Ma Chernobyl è anche metafora del rapporto tra l'uomo e la scienza, tra l'atomo e la vanga, come recita il sottotitolo dello spettacolo, tra i benefici e i malefici che la tecnologia può apportare a chi ne usufruisce. Di fronte a disastri tecnologici come Chernobyl restiamo afasici, senza mezzi, senza strumenti".

La riflessione di Gonella investe anche le le ricadute che Chernobyl ha avuto sulla società: "Si stima che la frequenza di un incidente a un reattore nucleare sia uno ogni 100.000 anni. Eppure Chernobyl è accaduto e il mondo si è fatto più piccolo. L'azione delle radiazioni, direttamente e indirettamente ha viaggiato e ha sconvolto in modo profondo la coscienza dell'essere umano".

Se in "Reportage Chernobyl" le voci delle vittime della tragedia restano in primo piano, sullo sfondo delle polemiche legate alle responsabilità dell'incidente, al mancato rispetto delle norme di sicurezza, alle problematiche del nucleare come risposta alla domanda energetica del pianeta, le letture teatrali da un progetto di Riccardo Antonini, in programma alla casa di Goethe a Roma fino al 28 aprile 2005 sono imperniate sul concetto stesso di responsabilità dello scienziato. Negli incontri romani gli attori reciteranno alcune scene dell'opera "Dear Professor" di Imogen Kusch e Riccardo Antonini, liberamente ispirata al Faust di Goethe, ma riadattata sulla vita dello scienziato atomico Joseph Rotblat, Premio Nobel per la pace nel 1995. Il Faust, che incarna l'archetipo dello scienziato e mago avido di conoscenza, incurante delle conseguenze delle sue azioni, in un secondo momento ammette di aver sbagliato e ha il coraggio di tornare sui suoi passi, proprio come fece Rotblat dopo il progetto Manhattan.

La scienza va a teatro anche a Roma sul palco dell'Eliseo, per un ciclo di incontri settimanali "La parola contesa tra scienza e filosofia", realizzato con la collaborazione dell'Enel, a cura di Massimiliano Finazzer Flory in programma fino al 18 aprile 2005. Ogni incontro si sviluppa a partire da una parola ambigua e ambivalente, quali per esempio corpo, mente, vita, intorno alla quale l'ospite di turno costruisce un dibattito. Ogni incontro è arricchito da letture di testi teatrali, da proiezioni di sequenze di celebri pellicole; dall'ascolto di brani musicali; dalla visione di opere d'arte emblematiche, per assicurare spettacolo e pathos, intrecciando educazione e intrattenimento.

Daniela Cipolloni

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