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Il ritorno del dialetto o Della devolution all'amatriciana
Caterpillar - 14-02-2005
La devolution padana, dicono molte persone colte e impegnate, è gretta e retriva. Il recupero della tradizione, invece, è sacrosanto e urgente. "Il romanesco - lo ha detto il sindaco di Roma Walter Veltroni - è una patrimonio immenso".

"Volemose bene", ha chiosato qualche tempo fa perfino il Papa in visita in una chiesa della Capitale.

Per questo, il Consiglio regionale del Lazio ha votato compatto, 35 consiglieri a zero, nessun contrario, nessun astenuto, a favore di una proposta di legge del capogruppo dei verdi Angelo Bonelli che introduce nelle scuole medie e superiori laziali la possibilità di studiare i dialetti regionali. Non solo il romanesco, precisano i consiglieri politically correct, ma anche il ciociaro, il reatino, il viterbese, il grottaferrarese, se esiste...

Gaudio e tripudio. Le scuole pubbliche, scassate e svenate, avranno però dal 2006 la facoltà di offrire ai propri studenti-clienti accattivanti lezioni di aricciatese, utili a farsi strada nel mondo e soprattutto a ordinare una porchetta come si deve.

I ragazzi, stremati dall'obbligo di padroneggiare l'inglese e omologati da un italiano sempre più piatto, potranno rilassarsi con una lingua forse meno ostica di quella dei libri. Impareranno, oltre alle inflessioni dialettali, anche cenni della cultura regionale, quella che si va perdendo nel profluvio di termini e costumi anglo/romaneschi ormai onnipresenti a Roma e dintorni.

Si rallegrano soprattutto i dialettologi, misteriosa genia di archeologi della parola, che forse in questo recupero della tradizione per legge non ci speravano più, di questi tempi. A rigor di logica, dovrebbero trovare nuovi sbocchi professionali. Uno dei più insigni fra loro, il professor Ugo Vignuzzi, ordinario di dialettologia italiana alla Sapienza di Roma, è l'ispiratore della legge. Lo incontro alla presentazione del numero speciale per il quarantennale della rivista "Lazio Ieri e oggi", un mensile che ospita dotti studi sulla regione e la Capitale nei secoli dei secoli, ma che non si sottrae ad arguti parallelismi con la più stringente attualità con articoli come "Mamma li Turchi", sul terrore delle incursioni ottomane nell'alto Medioevo lungo le coste laziali.

Il parterre non è da rave party, perché, a torto o a ragione, l'interesse per il territorio, almeno con il taglio antichistico della rivista, non attira granché i giovanissimi.

Comunque la Sala della Protomoteca, in Campidoglio, è quasi piena, e il clima di grande soddisfazione, sia per il compleanno della rivista sia perché la notizia dell'approvazione della legge sa a tutti di grande vittoria.

Anziani signori e signore, distinti e infreddoliti, si danno la voce con pesante accento romanesco. Sono nati quando il dialetto era ancora la parlata di casa e l'italiano una lingua estranea e imposta dalla burocrazia prima e dalla tv dopo.

Dal 2006 si ricicleranno come elargitori di ripetizioni private? Riscopriranno il dialogo con nipoti sfuggenti ma ansiosi di acquisire crediti in subiachese? Il dialetto tornerà ad essere lingua viva, o scomparirà lo stesso, stavolta malinconicamente crocifisso nero su bianco in sparute dispense scolastiche?

10/01/2005

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