Delle indicazioni e degli Osa
Maurizio Tiriticco - 06-01-2005
Riflessioni per l’audizione del 12 p. v. sul secondo ciclo presso il Miur

Adempimenti di competenza dello Stato
relativi al sistema nazionale di istruzione


Le Indicazioni Nazionali, relative ai diversi gradi ed ordini dell’istruzione (infanzia, scuola primaria, scuola secondaria di primo grado, scuola secondaria di secondo grado), devono contenere necessariamente:
A) le norme generali sull’istruzione (ex art. Cos. 117, c. 2, lettera n), così ordinate:
- motivazioni e finalità dei processi di istruzione in ordine ai principi e alle responsabilità civili e sociali, di cui alla Costituzione repubblicana;
- gli obiettivi generali del processo formativo (ex art. 8, c. 1, punto a del dpr 275/99), distinti per i diversi gradi;
- gli obiettivi specifici apprendimento relativi alle competenze degli alunni (ex art. 8, c. 1, punto b del dpr 275/99), distinti per i diversi gradi ed ordini;
- gli altri punti c, d, g, del comma 1 dell’art. 8 del dpr 275/99, distinti per i diversi gradi ed ordini;
B) la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) che le istituzioni scolastiche sono tenute ad erogare perché i diritti civili e sociali dei cittadini siano garantiti su tutto il territorio nazionale (ex art. cos. 117, c. 2, lettera m), in termini di standard relativi alla qualità del servizio (ex art. 8, c. 1, lettera f, del dpr 275/99).

Adempimenti di competenza dello Stato
relativi al sistema di istruzione e di formazione professionale


Riguardo all’istruzione e formazione professionale, lo Stato non ha competenza in materia di norme generali, ma ha competenza in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti dal sistema di istruzione e formazione professionale su tutto il territorio nazionale.
Pertanto, spetta allo Stato la legislazione in materia di:
- motivazioni e finalità dei processi di istruzione e formazione professionale in ordine ai principi e alle responsabilità civili e sociali, di cui alla Costituzione repubblicana. Valgano a questo adempimento – in forza della pari dignità dei due percorsi – le finalità comuni dell’intero secondo ciclo, di cui all’art. 2, c. 1, lettera g della legge 53/03, che così recita: “Il secondo ciclo, finalizzato alla crescita educativa, culturale e professionale dei giovani attraverso il sapere, il fare e l’agire e la riflessione critica su di essi, è finalizzato a sviluppare l’autonoma capacità di giudizio e l’esercizio della responsabilità personale e sociale; in tale ambito, viene anche curato lo sviluppo delle conoscenze relative all’uso delle nuove tecnologie”. Giova anche ricordare che il Profilo Educativo, Culturale e Professionale dei giovani all’uscita del secondo ciclo (PECUP) – a prescindere da qualsiasi giudizio in merito ai suoi contenuti – riguarda tutti i giovani all’uscita di ambedue i sistemi, fatta esclusione della durata dei percorsi e degli strumenti culturali;
- determinazione degli standard minimi formativi (SMF) in quanto occorre: a) evitare differenziazioni in materia tra regione e regione; b) considerare la necessità di un progressivo adeguamento con gli standard europei;
- definizione del profilo professionale degli insegnanti della IFP.

Natura e fini degli Obiettivi specifici di apprendimento (OSA)

L’art. 8, c. 1, lettera b fa riferimento agli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni. Pertanto, risulta arbitrario quanto è scritto nella epigrafe che li introduce e li esplicita nelle Indicazioni nazionali, la quale così recita: “… la scuola ha organizzato per lo studente attività educative e didattiche unitarie che hanno avuto lo scopo di aiutarlo a trasformare in competenze personali le seguenti conoscenze e abilità disciplinari”. Il dettato della epigrafe è arbitrario perché, invece di considerare gli OSA come obiettivi proposti allo studente in quanto condizione primaria per l’acquisizione di competenze, li considera come strumenti di cui le istituzioni scolastiche dispongono per le loro attività formative.
Da tale assunto arbitrario derivano due conseguenze:
- le scuole non sono tenute a proporre gli OSA come obiettivi per gli studenti, bensì a produrre ulteriori obiettivi che nelle Indicazioni nazionali sono definiti come obiettivi formativi e che non trovano nessun riscontro nella logica di cui all’art. 8 del DPR 275/99 al quale per altro sia la legge 53/04 che il dlgs /59/04 affermano di volersi riferire;
- l’elencazione degli OSA di cui alle Indicazioni nazionali risulta una casistica che, oltre a poter procedere all’infinito, assume soltanto il carattere di esemplarità e non di necessità. Tant’è vero che il Miur con la cm 85/04, con cui si introducono le nuove schede di valutazione, indica solo come esempi gli obiettivi pubblicati sulle schede medesime ed invita le scuole ad adottare anche altre scelte, a “predisporre una scheda personale dell’alunno, ispirandosi al precedente modello ministeriale, elaborando modelli diversamente impostati” e riconosce “la piena autonomia delle istituzioni scolastiche di avvalersi degli esempi di abilità/conoscenze e dei modelli di scheda indicati”.
L’individuazione, la definizione e la descrizione di obiettivi specifici di apprendimento non è affatto un’operazione facile, e la letteratura sull’argomento “obiettivi” è assai vasta. Ci limitiamo a ricordarne due soli aspetti:
a) un conto è individuare, definire e descrivere, in ordine ad un determinato contenuto disciplinare e/o pluridisciplinare, un obiettivo terminale, quindi complessivo e indicativo di una raggiunta competenza, altro conto è farlo a livello di scansione di obiettivi intermedi, che sono in progress, più numerosi e di maggiore dettaglio;
b) occorre, inoltre non confondere la complessità con la genericità e l’indeterminatezza. Ricorriamo ad un esempio. Se l’obiettivo è saper leggere e non viene indicato quale sia l’oggetto a cui ci si riferisce e il livello di tale competenza, si incorre in questi tipi di errori: il nostro pur valido studente, che sa leggere e comprendere la Critica della ragion pura in lingua italiana (testo estremamente difficile!), dinanzi al medesimo testo, tradotto in cinese o in arabo, non sa leggere! Se poi gli si presenta il testo nell’originale tedesco, a mala pena sa riconoscere le singole lettere! Quindi, occorre definire meglio l’obiettivo: saper leggere testi specialistici di filosofia in lingua italiana! Ovviamente il saper leggere…ecc. sarà dettagliato in modo diverso se l’alunno è di terza o di quinta classe primaria, e così via!
Nella scritturazione degli OSA delle Indicazioni nazionali non c’è stata alcuna scelta a monte a questo riguardo. Se ci fosse stata, ne sarebbe derivato un suggerimento operativo di questo tipo: gli OSA costituiscono l’insieme degli obiettivi che uno studente è tenuto a raggiungere – a diversi livelli di padronanza – al termine di un determinato percorso formativo (annuale o biennale che sia); i CdC (o le non ancora formalizzate équipe pedagogiche?!?!) sono tenuti a scandirli e a dettagliarli in obiettivi intermedi in considerazione dei livelli di ingresso degli studenti e di tutte le variabili che comunque incidono su un processo di insegnamento/apprendimento (anche – e perché no? – di un insegnamento… personalizzato).
In conclusione, gli OSA devono avere la funzione di macroindicatori di apprendimento, e come tali devono essere pochi, essenziali, chiari. Proprio il contrario di quelle che in effetti sono nella Indicazioni: troppi e, nella stragrande maggioranza, ripetitivi, irrilevanti e ambigui. La loro declinazione in obiettivi intermedi, dettagliati, circostanziati, analitici spetta, ovviamente, ai docenti nei loro OOCC. Tale procedura è corretta sotto il profilo metodologico, a fronte di quella suggerita dalle attuali Indicazioni con cui si adottano i termini di obiettivo formativo e di unità di apprendimento, che non solo non hanno riscontro nella letteratura, ma non sono neanche giustificate dalle stesse Indicazioni che li introducono.

Noticina personale!

Quando per la prima volta ho letto l’infiorata degli OSA nelle Indicazioni nazionali, già operative ma transitorie (fino a quando?), mi sono tornate in mente le tante esercitazioni che facevamo con gli insegnanti della scuola media in seguito ai programmi del ’79 con cui si era adottata (ma non in via transitoria!) la strategia della programmazione curricolare! Dopo la fase informativa, gli insegnanti erano invitati a scrivere, a mo’ di brain storming, un elenco di obiettivi relativi alle materie di competenza. Di qui seguiva, poi, tutto il lavoro di discussione, scrematura, limatura e così via! Mi domando: gli OSA sono forse il risultato di una esercitazione didattica?



interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 Anna Pizzuti    - 06-01-2005
Mi piacerebbe riuscire ad “aprire” la sintesi normativa in merito agli adempimenti di competenza dello Stato relativi al sistema di istruzione e di formazione professionale per provare a verificare se le contraddizioni che, a mi avviso, essa contiene, possono essere utili per scardinare la parte del decreto che riguarda questo nascente (o morente) sistema.
Intanto quella più macroscopica, che potrei riassumere nella domanda: ma di che cosa stiamo parlando?
La dicitura: Istruzione E formazione, nel linguaggio della riforma Moratti, è di per se molto ambigua. Quella E unisce o separa? Il percorso diventerà unico o sarà articolato su due livelli? Perché il decreto prima unifica tutto, intorno al termine “qualifica” e “diploma di qualifica”, poi fa di nuovo pensare ad una divisione nell’articolo n. 27 che “potenzia ed amplia” i percorsi triennali sperimentali, che presuppongono due soggetti erogatori diversi, uno di istruzione, l’altro di formazione. *
La stessa domanda me la sono posta leggendo gli adempimenti dello Stato, rispetto all’ IFP.
Insomma, lo Stato determina , anche per questo sistema, i livelli essenziali di prestazione o, in base a come è “sottotitolato” l’articolo 19 i “livelli riferiti agli standard minimi formativi?”. Il termine “livello essenziale” compare in molti altri “sottotitoli”, ma non credo sia riconducibile a quelli concernenti i diritti civili e sociali o alle “finalità comuni” che la legge 53 – ipocritamente – si propone per i due sistemi.
Mi rendo conto che il mio ragionamento sta prendendo una china nominalistica, scolastica, oserei dire (nel senso della filosofia cattolica medioevale) ma, forse, anche questo può essere un’altra delle “contraddizion che nol consentono”.
Perché delle due l’una: se di “quei” livelli essenziali si tratta, allora siamo dalla parte dell’Istruzione, se invece sono gli standard minimi a prevalere, ecco che la bilancia pende dalla parte della formazione.
Né mi rassicura questo PECUP che dovrebbe essere unico, equivalente, se poi la durata dei percorsi e gli strumenti culturali sono diversi. Come si fa a crederci?
E poi: la questione dei profili professionali dei docenti , da determinare. Io insegno nell’ Istruzione professionale da dodici anni ed un profilo professionale, come tutti i miei colleghi, ce l’ho già. Che è poi lo stesso che hanno tutti gli altri colleghi delle scuole italiane, laureati o diplomati che siano. Pertanto mi rifiuto di farmi rideterminare, fermamente. Anche perché, se rideterminano noi, ridetermineranno tutto il sistema .
E comunque, non tanto di rideterminazione parla il decreto, quanto di “livelli essenziali (ancora!) riferiti ai requisiti dei docenti” Il che mi sembra anche peggio.

* A proposito, nell’IP il diploma di qualifica si rilascia dopo tre anni, nel decreto la dicitura si usa per quello rilasciato dopo quattro anni, mentre nella formazione professionale si usa solo il termine “qualifica”. Sarà anche questa un’osservazione capziosa, ma forse è importante