La bozza di decreto: istruzioni per l'uso
Anna Pizzuti - 18-12-2004
Per ora in bozza, poi chissà, ma ormai ci siamo: il decreto sul secondo ciclo inizia a circolare. Tra sussurri – molti – e grida – pochissime. Questa volta trovo, però, comprensibili e condivisibili silenzio e prudenza. E non perché si tratti “solo” di una bozza e non di un testo di norma; sappiamo bene, infatti, che per il MIUR questa differenza non esiste, e che ormai il concetto di bozza è una categoria, pervasiva, dello spirito.

Trovo comprensibili silenzio e prudenza per due ordini di motivi: il primo di natura difensiva, il secondo di ordine strategico.

Se c’è una competenza che abbiamo acquisito in questi anni, è quella di guardare “attraverso” le scelte ministeriali, per risalire ai motivi veri che le dettano e mai come in questo momento è ad essa che dobbiamo ricorrere, per non commettere errori. Il primo dei quali potrebbe consistere nel non assegnare il giusto valore esplicativo ai tempi delle ultime vicende relative a questo decreto:

- fino a metà novembre – diciamo al 15 di quel mese? – il MIUR non sembrava affatto preoccupato dell’avvicinarsi della scadenza prevista dalla legge ed il decreto, con relativi Osa, veniva dato per imminente;

- nella seconda metà di novembre – diciamo dopo il 15 di quel mese? – i tempi non ci sono più, il decreto entra nel calderone delle mille proroghe e sembra volatilizzarsi in un orizzonte indefinito, mentre si avvicina la scadenza delle iscrizioni e nelle scuole medie iniziano le attività di orientamento alla scelta;

- a pochissime settimane da questa scadenza, ecco che viene fuori da qualche cilindro questa bozza di decreto, nelle parti generali piuttosto raffarzonata e piena di refusi (c’è anche un anno scolastico 2005-2005 che fa pensare ad un cortocircuito temporale al limite del fantascientifico) ma chiarissima nel senso: i licei diventano una cosa, l’istruzione e la formazione professionale un’altra. Che non è nuova, ma che è semplicemente formazione professionale, con una spolverata – minima, come si ripete quasi ossessivamente - di istruzione

Chiarissimo il senso della bozza, ma ancora più chiaro il senso dell’operazione: influenzare le iscrizioni e rendere già dal prossimo anno l’istruzione Professionale un contenitore quasi vuoto, che quindi sarà più facile eliminare. La tendenza – del tutto prevedibile fin dall’inizio - è già in atto, la bozza le dà una bella spinta.
Per questo motivo l’unico comma del documento al quale – a mio avviso – va data la giusta rilevanza e diffusione in questa fase è il : comma 3 dell’articolo 25 (Passaggio al nuovo ordinamento) che recita: i corsi avviati fino all’anno scolastico 2005-06 negli istituti di istruzione di cui al comma 1 (licei), compresi quelli attivati negli istituti professionali di Stato, proseguono fino al loro completamento.
Una sorta di barricata direi, dietro la quale cominciare a ragionare sul che fare.
Mi sembra chiaro che, per difendere la scuola da questo ultimo e definitivo pezzo di riforma, non ci aiuteranno gli spazi dell’autonomia che, invece, tanto sono stati utili nelle scuole elementari e medie. Non riesco proprio ad immaginare quali delibere, quali decisioni autonome potrebbero contrastare il disarticolamento dell’Istruzione secondaria superiore.
L’azione, quindi, va svolta su un altri piani.

Il primo che mi viene in mente, paradossalmente, è quello che chiamerei di un “uso proprio” dei pasticci costituzionali prodotti dalla destra. Questo decreto, per come è in bozza, per come sarà – è facile presumere - definitivamente, contiene in sé l’unica vera ragione della sua inconsistenza, ragione che risiede nel suo incardinamento alla riforma del Titolo V della Costituzione , superata dal cosiddetto federalismo di recente approvazione, il quale prevede il passaggio alle regioni di tutta l’istruzione. Organizzativo o legislativo che sia questo passaggio, fa in modo che cambino completamente i principi di riferimento del decreto. Ed è veramante indicativo che tra i VISTO che precedono la bozza, non c’è traccia – se leggo bene - di nessuna delle due riforme, né di quella certa, né di quella incerta.

Il secondo riguarda gli obiettivi da proporre nel caso – del tutto improbabile, ma voglio essere ottimista – che veramente il ministro apra il dibattito promesso, obiettivi che, per brevità, riduco ad uno, fondamentale: se passaggio ci deve essere, alla regione deve passare l’Istruzione professionale, per come è stata intesa dal 92 in poi. Nessuno ne desidera la licealizzazione, che la snaturerebbe allo stesso modo della sua assimilazione alla formazione professionale.

Il terzo riguarda l’eventualità di una vittoria elettorale del centrosinistra. Vittoria che, rispetto alla questione che sto trattando, non mi tranquillizza affatto, viste le intenzioni dei D’Alema, dei Rutelli e dei “riformisti” in genere. E’ anche – soprattutto? – a loro che dobbiamo rivolgerci. Mi veniva in mente, subito dopo aver letto la bozza, di proporre l’organizzazione di un coordinamento nazionale dell’istruzione Tecnica e Professionale, che poi è il pezzo che manca al movimento nato e cresciuto in questi anni.
Che abbia con il sindacato lo stesso rapporto aperto e di confronto. Ma che si rivolga, soprattutto, al centrosinistra: ne faccia uscire allo scoperto le intenzioni , le verifichi, le discuta e se - come temo - si darà il caso, le riporti alla necessità , una volta abrogata questa riforma , di ripartire da o per nessun’altra riforma della scuola, ma,semplicemente, dalla scuola.

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 gp    - 20-12-2004
Da Tuttoscuola Focus n. 82/178 del 20 dicembre 2004

Secondo ciclo/1. Indiscrezioni a valanga. A chi serve?

Discutere dei "si dice" è sempre inaffidabile. Ma negli ultimi sette giorni le voci (di dentro?), le indiscrezioni, le bozze, le carte, si sono moltiplicate con un ritmo da crescendo rossiniano. Alcuni giornali, seguiti dai principali siti sindacali, hanno pubblicato la bozza del decreto legislativo, e notizie dettagliate sui piani di studio dei futuri licei, che saranno 18 (20 considerando i subindirizzi del liceo economico aziendale).

Il Ministero non conferma e non smentisce, ma il sottosegretario Aprea, intervenendo a Milano a un convegno del "polo qualità" in Assolombarda, ha annunciato che la bozza del decreto legislativo sul secondo ciclo, con le ipotesi di Indicazioni nazionali dei licei, sarà presto disponibile, e ha fatto perfino una data: il 13 gennaio 2005.

Il ministro Moratti, che pure ha voluto la forte accelerazione dei lavori preparatori, per ora si è limitata a preannunciare con dichiarazione tranquillizzanti l’apertura di una fase di pubblico confronto sulla bozza di decreto legislativo (che comprenderà, presumibilmente, anche le proposte di OSA, Obiettivi Specifici di Apprendimento, dei 18-20 licei). Ma l’improvvisa caduta della barriera di riservatezza che aveva finora blindato i lavori delle commissioni di esperti, e quelli successivi degli ispettori (su materie, orari e cattedre), suscita più di un interrogativo. I decisori politici ed amministrativi, quali addetti ai lavori, farebbero bene a fare chiarezza su queste "imbeccate" quotidiane.

C’è da capire a chi conviene, in questa fase delicatissima, far circolare notizie destinate a sollevare, tutti insieme e nello stesso tempo, problemi politici e istituzionali (il sistema della formazione appare assai penalizzato), ansie tra i professori, resistenze sindacali, sconcerto nell’opinione pubblica. Considerato l’ingresso trionfale del latino nei licei ex tecnici, cui prodest?



2. Secondo ciclo/2. E’ tardi per il metodo Thélot. Però...

A breve dunque il Miur dovrebbe presentare una proposta di ridisegno del segmento secondario superiore, con i nuovi contenuti di insegnamento. Non sorprende che si apra una discussione su un testo già definito. L’importante è che la discussione non sia come quella adottata per il decreto legislativo sul primo ciclo e sulle relative Indicazioni nazionali: rapidissima e solo esornativa. Al punto che tra testi prima della consultazione e dopo la consultazione non si sono registrate sostanziali differenze.
Una procedura di questo tipo anche per il secondo ciclo, e dopo l’ampio dibattito parlamentare che si sta ancora svolgendo su questo tema, apparirebbe, adesso, inaccettabile nel metodo e provocatoria prima di tutto nei confronti del mondo della scuola, oltre che delle forze di opposizione, delle organizzazioni sindacali, delle associazioni professionali e delle regioni. Non ci si può quindi che aspettare un dibattito vero, profondo, non di circostanza, che possa incidere sulle scelte strutturali presenti nelle bozze di testi che saranno resi disponibili. A questo punto non si può più seguire il metodo della commissione Thélot in Francia. Ma almeno c’è la possibilità di riconoscere che si è sbagliato a non seguirlo, e che si cerca di rimediarvi.



3. Secondo ciclo/3. Cauti i sindacati e Confindustria

"Non vogliamo al momento cadere nel tranello di cominciare a discutere di un testo che ufficialmente non esiste" (CGIL scuola); "non si conosce la provenienza né la serietà della bozza da qualche giorno disponibile su vari siti Internet" (CISL scuola). Anche la Gilda parla di "incertezze e ambiguità". La UIL, lo SNALS e l’ANP per il momento non commentano.

Le prime reazioni dei sindacati sono caute. Ma una certa differenza tra la posizione della CGIL e quella della CISL la si coglie nel fatto che la CGIL dichiara di attendere un testo ufficiale, mentre la CISL "rivendica l’apertura urgente di un tavolo di confronto con il MIUR" su tutta la decretazione delegata. Insomma, la CGIL preferirebbe prendere posizione a valle dei testi ufficiali, mentre la CISL vorrebbe intervenire a monte, prima della ufficializzazione. Una sfumatura non da poco, ma forse la Moratti metterà d’accordo tutti se, come pare intenda fare, presenterà i testi che saranno resi noti a gennaio (si dice il 13) come un punto di partenza per il dibattito pubblico, e non come punti di arrivo di un processo già compiuto.
Anche la Confindustria appare cauta. L’organizzazione degli industriali sembrerebbe aver incassato, stando ai si dice, un successo nella sua lotta per mantenere gli istituti tecnici, o meglio la formazione tecnica, all’interno del sistema liceale (ci saranno da 9 a 11 indirizzi), ma sembrerebbe assai perplessa di fronte ai piani di studio che si vanno profilando. Va bene l’incardinamento liceale, ma non quella pioggia di ore di latino, filosofia, seconda lingua straniera (a scapito dell’inglese) e quant’altro toglie spazio ai laboratori e alla cultura tecnologica. Il rischio paventato dal mondo delle imprese è che la "licealità" sia interpretata essenzialmente in chiave umanistico-gentiliana. In tal caso l’aver portato l’istruzione tecnica nell’area dei licei si rivelerebbe una vittoria di Pirro.