Severino, Aristotele e l'embrione
Gianni Mereghetti - 03-12-2004
Emanuele Severino ha voluto esprimersi sulla questione della fecondazione, ma che per farlo abbia arruolato Aristotele e lo abbia fatto contro il suo pensiero è un segno di debolezza culturale.
Aristotele non sarà certo contento di essere stato eletto a portabandiera di coloro che sostengono che l’embrione sia non uomo, ma tant’è Severino ha pensato bene di dare autorevolezza alla sua concezione con il tanto vituperato “ipse dixit” ....... anche se in realtà il grande filosofo greco non lo ha mai detto!
Visto la strumentalizzazione messa in atto da Severino meglio precisare che la dottrina aristotelica di potenza ed atto non identifica due realtà distinte, ma le condizioni d’essere di una cosa. Per questo l’embrione non è una cosa diversa dall’uomo, ma la sua condizione d’essere. Per questo che l’embrione sia in potenza uomo significa che è, in quanto embrione, uomo e che il suo evolversi è lo sviluppo di quelle condizioni che ne caratterizzano già la natura. Di conseguenza che l’embrione sia in potenza uomo non significa come sostiene Severino che può non essere uomo, perchè lo è già, al massimo per cause accidentali potrà non diventare neonato, bambino, ragazzo, adulto, vecchio ...... Ma che un embrione non diventi neonato non annulla il suo essere già uomo!
E’ allora apprezzabile che Severino inviti a leggere Aristotele, ma per la ragione opposta che lo ha mosso a dare questo consiglio; infatti il pensiero aristotelico, se considerato per quel che è, aiuterebbe maggiormente a capire che per affrontare la questione degli embrioni bisogna stare alla realtà più che ai propri pensieri o alle proprie emozioni. Infatti ciò che caratterizza il pensiero aristotelico non è la possibilità del nulla, ma la positività del reale, cui Aristotele guarda con meraviglia: la realtà è per lui un dato, potenza e atto ne spiegano l’armonia e la ragionevolezza.

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