Ci scambiano per pecore impaurite
Giuseppe Aragno - 28-09-2004
Ringrazierò tutte le divinità in cui non credo, se in Irak gli ostaggi torneranno liberi e non ci saranno più rapimenti: Budda, Allah, il padre di Cristo e persino Manitù, che - è vero - non seppe impedire ai civilissimi United States of America di condurre a termine lo scientifico genocidio dei pellerossa, ma un posto nelle praterie celesti per qualcuno lo merita ugualmente, e va bene così. Lo farò: se provo a ragionare e metto sotto chiave i moti del cuore, non per questo non sento l’angoscia e il disgusto. E’ che l’esercizio della ragione critica ha regole inflessibili. Non consente, ad esempio, differenze tra morti ammazzati, come fa Barenghi, quando si chiede se “la morte di uno emoziona più della morte di cento”, e se ne va per la tangente, vomitando, dopo aver visto in diretta tv “un uomo bendato al quale viene tagliata la gola mentre urla”, e sentendosi lo stomaco più o meno a posto per la guerra e i “suoi morti innocenti e le sue devastazioni”, che, s’intende, fanno “parte della storia e cultura” (Il Manifesto, 23 settembre 2004).
Non consente, perché, dura e ostinata com’è, gela le emozioni – e cosa se non quelle intendono invece coinvolgere i filmati dell’orrore, per impedirci di ragionare? – e continua a porsi domande, col vomito in bocca. Che, creda Barenghi, è cosa più dura e, quel che più conta, molto più utile se si intende capire. Non consente di fermarsi alla morte, come che sia data e gestita: messa ferocemente sotto i riflettori, o tragicamente oscurata, è la vita ciò che la morte toglie. Della vita, quindi, e sulla vita occorre ragionare.
Certo, col vomito in bocca, verrebbe da chiedersi se sia più criminale togliere la vita in diretta o ridurla a qualcosa che è peggio della morte, nel buio accecante di in una inviolabile cella.
Ma è questo che si vuole. Se ne facciamo una questione di quantità e qualità dell’orrore, se misuriamo l’impressione profonda e irrazionale che proviamo di fronte a scannatori pseudo resistenti musulmani e la compariamo al pugno nello stomaco che avvertiamo pensando – si può solo pensare – ai 595 detenuti di Guantanamo sottoposti da anni a torture fisiche e mentali, psicologiche e sessuali, allora sì, rinunciamo a capire. Ed è quello che si vuole.

Moazzam Begg, cittadino britannico musulmano, detenuto “consumato” a Camp Delta dai carnefici USA in divisa cos’è? Una vittima della nostra storia e cultura? E ci può fare per questo meno orrore? O possiamo contentarci del fatto che la sua riduzione allo stato animale non passi sapientemente per l’uso del circuito globale mediatico?
Tagliare teste dei prigionieri o cancellarne la dignità di uomini per farne animali, è orrore che non consente “graduatorie” o distinguo. Se mi tenessero chiuso per anni in una cella senza alcuna luce e mi accecassero, nascondendomi i colori della vita – cielo, sole, luna, stelle – se mi pestassero di continuo sino allo svenimento, se mi urinassero di continuo sul viso, lasciandomi incatenato per giorni nel piscio dei carnefici, strappandomi le unghie, trapassandomi con la corrente elettrica e violentandomi, io chiederei per pietà di essere sgozzato.

Quali interessi e quali pupari muovono i fili di questa orrenda tragedia? Dove ci stanno conducendo e perché? Gli sceneggiatori, i registi, gli attori di questa inimmaginabile barbarie non hanno patria né religione. E non si distinguono tra loro in nessun modo. E’ di qui che occorre partire per capire. Di qui: l’orrore che va in scena è uno solo. In casa nostra, qui, da noi, sta producendo fascismo e razzismo. Ci sguazzano i Fini, che ci scambiano per pecore impaurite. E invece no! E’ bene che ricordino che amare la pace non vuol dire non saper fare la guerra. Già una volta li abbiamo rispediti nell’abisso dal quale erano spuntati, questi eroi pacificatori e guerrieri. Ci torneranno, costi quel che costi: Fini o Mussolini, Bush o Bin Laden, Putin o Stalin, Blaire o Hitler.

La storia degli uomini è complessa: Begin fu terrorista e Nobel per la pace, ma io ho una fede incrollabile nei valori della civiltà universale e ne sono certo: nemmeno una rinata Inquisizione spegnerebbe l’intuizione vichiana sui cicli. Così, in tanta barbarie, mi conforto e sorrido di cialtroni che fanno i guerrieri.



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