tam tam |  libri  |
Il cuore conteso
Giuseppe Aragno - 26-08-2004

Vanni D’Alessio, Il cuore conteso. Il nazionalismo in una comunità multienica. L’Istria asburgica, Filema, Napoli, 2003, pp. 235, Euro 12,00.

Se il lavoro di uno storico nasce immancabilmente dall’incontro felice tra l’istintivo intuito del ricercatore e la padronanza dei “ferri del mestiere”, un saggio che appare pregevole non sa di lucerna: vive e cresce tra le mani di chi lo costruisce, solo se la passione civile pone le domande attorno a cui lavora lo studioso, interrogando il passato per capire e spiegare ciò che vivono assieme scrittore e lettore.

Vanni D’Alessio ha scritto un saggio pregevole.
Lo ha fatto, per dirlo con le sue parole, partendo da un “interrogativo relativo alla diversità e a come questa possa svilupparsi e mantenersi tra persone che condividono lo stesso spazio. Era ancora in corso la guerra in Bosnia e in Croazia e ci si chiedeva come si potesse arrivare ad un tale grado di ostilità tra persone che avevano condiviso assieme così a lungo, e non sempre e ovunque in maniera problematica […]. Si trattava di conflitti etnici o nazionali? Cos’è l’etnia e cos’è la nazione? E come nasce e si sviluppa l’identità nazionale?” (p. 19).

Le risposte lo studioso non le cerca nella pubblicistica degli specialisti, che pure mostra di conoscere a fondo, ma là dove puoi trovare fonti di prima mano: nell’Archivio di Stato di Trieste ed in quello di Pazin, in Croazia, tra le carte dei carabinieri, del Capitanato Distrettuale e della Luogotenenza per il litorale di Trieste. E lo fa scegliendosi un punto di osservazione, un luogo geografico, Pisino, nell’antico Margraviato d’Istria, per “studiare l’interazione fisica tra due comunità etniche in un solo ambiente” (p. 15) e farne il cuore pulsante di una ricerca che pone al centro dell’attenzione i processi culturali e politici attraverso cui passa l’interazione comunitaria: le associazioni, le forme e i modi di una convivenza, dell’identificazione razziale e del vincolo nazionale. Di qui l’originalità del lavoro, che convince il lettore e supera anche la diffidenza preconcetta di chi, come me, può aver timore di trovarsi di fronte ad eccessi di sociologismo ed a schematismi etnologici; convince, perché utilizza due strumenti essenziali, che prima suscitano interesse e poi appassionano.

La scrittura anzitutto: un italiano che piace - e di questi tempi non è una qualità comune o banale - e poi l’attenzione prestata alla gente di cui narra le vicende. Gente comune, gli “umili eroi della storia”, come li definiva Francesco De Martino, che forniscono sempre la migliore chiave di lettura nel groviglio di fatti che uno studioso analizza. Siano essi un Carlo irredentista in una famiglia di proprietari terrieri noti per la fedeltà agli Asburgo – nel 1816 il padre e lo zio si vestono di oro e nero, i colori imperiali, al passaggio dell’imperatore Francesco I – o un Michele deputato istriano alla Costituente di Vienna nel fatidico ’48, che porta sino alla capitale asburgica il sogno di annessione dell’Istria all’Italia, siano i suonatori della banda municipale, che ai primi del ‘900, tra “canzonature, insulti reciproci e persino risse” mettono a repentaglio gli strumenti musicali, sicché come dottori, gli avvocati devono poi curare “in tribunale gli ammalati di fanatismo nazionale”, siano infine “gli alunni delle scuole delle élites future, laboratorio per la creazione di agenti nazionali e quadri dirigenti di un movimento nazionale contrapposto” - mentre mancano scuole popolari per i bambini poveri italiani e slavi - è attraverso la gente che nelle pagine del saggio passano i fatti e le idee. Com’è naturale che sia.

Di qui l’intuizione di fondo - che spiega il presente molto più che guardare al passato - sul confine tra i due nazionalismi istriani, quello slavo e quello italiano, che tendeva a produrre “isole e nuclei compatti di minoranze nazionali” e non aveva ragioni geografiche, “perché - osserva D’Alessio - in Istria, come nel resto dell’Europa centrale e orientale, i confini etnici non erano confini geografici, anzi erano quanto più lontano da essi” (p. 18). Di qui, una realtà complessa che si disegna e chiarisce sino ad apparire il terreno di cultura in cui si sviluppano le odierne contraddizioni: l’Istria asburgica dell’Ottocento, mobilitata dal nazionalismo, in una contrapposizione ideologica che propone identificazioni che non hanno radici nella realtà e che, tuttavia, separano più di reticolati e muri, minando alla base le ragioni della convivenza ed alimentando quelle del conflitto. L’analisi dello scontro elettorale, la vicenda delle scuole, degli scolari e quella delle associazioni, la “Pisino d’inizio Novecento […] caso di tensione costante, espressa attraverso una società binaria”, che vede montare “la carica dirompente di una frattura” in cui non sono più gli “steccati sociali a definire i diversi ambiti culturali, ma un’ideologia che poggia sull’appartenza” (p. 206), tutto questo serve a formare fasci di luce che illuminano non solo la nascita del nazionalismo, ma le mille zone d’ombra di un mondo che oggi si va rappresentando secondo le formule della globalizzazione, ma lascia che, ovunque sia possibile, viva un “cuore conteso” voluto da più persone nello stesso tempo conflittualmente, perché produrre frammentazione, alla fine, è ancora lo strumento più utilizzato da gruppi di potere che, per affermarsi, generano nazionalismi, senza avere a cuore le sorti di alcuna nazione. Letto in questa ottica, l’attualità e la qualità del saggio sono innegabili. E conta poco se in me, vecchio e ormai inattuale studioso di storia politica, ha fatto nascere, contro ogni logica, sentimenti d’infinita nostalgia per gli ideali tramontati dell’internazionalismo socialista.

Vanni D’Alessio, dottore di ricerca in Storia della società europea presso la facoltà di lettere e filosofia dell’Università Federico II di Napoli, ha studiato anche ad Utrecht, Lubiana e Padova. Ha insegnato Storia dell’Europa danubiano-balcanica all’Università de L’Aquila, collabora con l’Istituto di Etnologia di Zagabria ed è autore di diversi saggi in italiano e croato sull'Istria degli Asburgo e durante il fascismo. Attualmente vive a Napoli, dove lavora presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Federico II.


  discussione chiusa  condividi pdf