tam tam |  opinione  |
19) Dal carteggio Adam Smith – Berlusconi
Aldo E. Quagliozzi - 27-07-2004
Ove si parla di nobili intendimenti che si dissolveranno bellamente al sole del bel Paese e sui quali, a tanti anni di distanza, ci si accapiglia ferocemente ma senza venirne a capo in una forma qualsiasi, stante il disinteresse, molto interessato del nostro egoarca, a mantenere il proprio dominio in tutti i campi e del privato e dello Stato.
E dove pure si discorre di quella qualità prima degli italiani di essere dei voltagabbana, e di esercitare sommamente l’arte della piaggeria verso i potenti, che ne ha costituito e ne costituisce il connotato essenziale per la loro sopravvivenza come insieme di genti ma non di popolo.


“ Bellagio, 19 giugno 1994

Caro Cavaliere,
come avrà visto dalla data, mi trovo in Italia, nella mia casa di Bellagio, in riva la lago. Giulia ed io abbiamo votato il 12 giugno a Glasgow per le europee, e dopo qualche giorno siamo partiti in vacanza.
( … ) Oggi, desidero anzitutto congratularmi con Lei – e stavolta lo faccio, mi creda, con l’entusiasmo delle prime lettere – per il successo grandioso ottenuto da Forza Italia nelle elezioni europee. Che dal 21 e qualcosa per cento del 28 marzo Lei sia giunto a superare stavolta il 30 per cento è un segnale politico troppo netto per lasciare spazio a riserve o perplessità. Stavolta avete votato col sistema proporzionale, senza condizionamento di alleati, e, mentre la Lega Nord è sensibilmente arretrata e Alleanza nazionale pure, lo scrutinio conferma che l’elettorato italiano vede il nuovo soltanto nel Suo movimento.
Ora, da una così massiccia posizione di forza, Lei ha le mani libere per compiere tutti quei passi , in direzione di una legge antitrust, che finora la prudenza Le ha suggerito di rinviare.
( … )Attendendo, per compiere questo passo, la scadenza delle elezioni europee, Lei ha dimostrato che gli italiani si sono fidati delle Sue promesse e hanno riconosciuto l’onestà dell’impegno che Lei si è assunto di risolvere al più presto il problema dell’antitrust, cioè della vendita.
Se, come candidamente chiedevo io, Lei avesse venduto la Fininvest prima delle elezioni europee, avrebbe dato l’impressione di farlo sotto la pressione psicologica dell’opinione pubblica mondiale. La gente avrebbe pensato: se cede alle insistenze di francesi, tedeschi, britannici, americani, eccetera, è segno che si sente debole, o addirittura che ha la coda di paglia.
Ora invece l’opinione pubblica mondiale dovrà necessariamente riconoscere che Silvio Berlusconi vende il proprio impero finanziario non per darla vinta a Francois Mitterrand, a Lee Incocca, o all’opposizione interna, ma per libera scelta, per propria sensibilità democratica, per il convincimento di non poter assommare in sé il ruolo di capo del governo e quello di capitalista legittimamente impegnato ad anteporre i propri interessi privati a quelli generali del paese.
Ritrovo tra le mie carte un ritaglio dell’Espresso del 15 aprile, che avevo conservato perché c’era un’intervista di Chiara Valentini a Eugenio Scalfari, uno dei suoi più spietati critici:
< Berlusconi è il proprietario della Standa – ( … ) – e dovrà legiferare sulla distribuzione. E’ un industriale fortemente indebitato con le banche e dovrà nominare i dirigenti della Bnl e del Monte dei Paschi, i suoi principali creditori. Bisogna risalire a Luigi XIV per trovare qualcosa del genere. Siamo a prima della Rivoluzione francese, quando ancora non esisteva la distinzione fra il tesoro del re e quello della Stato >.
Ora Lei, forte del trionfo conseguito nelle elezioni europee ( … ) può ricacciare in gola a Scalfari – mettendo subito in vendita i suoi possedimenti – l’irridente paragone fra l’odierna democrazia italiana e i tempi di Luigi XIV, il Re Sole di Francia.
( … ) Questi discorsi peraltro diventeranno esercitazioni teoriche dopo che Lei avrà posto fine a tutte le illazioni malevoli circa il duplice ruolo di leader politico e uomo d’affari.
Leggo che lei, dopo l’esito grandioso dello scrutinio europeo, non esclude la possibilità di elezioni politiche anticipate. E’ un’ipotesi da tenere in considerazione, soprattutto allo scopo di ridimensionare gli ingombranti alleati che si ritrova nel governo.
Se, dopo aver scongiurato con la vendita della Fininvest la trappola della commistione d’interessi, Lei si presenterà di nuovo agli elettori chiedendo più voti per Forza Italia in nome della stabilità, i Suoi avversari, fuori dal governo e dentro, non avranno più alcun appiglio polemico per impedire un’ulteriore crescita del consenso popolare sulla Sua leadership.
Giulia, la mia cara Giulia sempre acidula, cita Ennio Flaiano e la sua famosa battuta secondo cui gli italiani avrebbero il vizio di correre in soccorso del vincitore. E’ molto seccata di come vanno le cose in Italia.
( … ) Giulia stavolta è inferocita con i suoi ex compagni di partito e soprattutto con Taradash, che, appena ottenuta la nomina a presidente della commissione parlamentare di vigilanza sulle trasmissioni televisive, ha preso l’iniziativa chiassosa di recarsi dal magistrato per denunciare la Rai.
( … ) … siamo autorizzati – visti i giri di valzer compiuti negli ultimi anni dai radicali di Pannella fra sinistra e destra – a ritenere che lo faccia, se non su incarico, per conveniente servilismo verso gli interessi politici che gravitano attorno alla Tv privata.
( … ) … tre giorni dopo la bordata di Taradash – ( … ) – Lei, il presidente del Consiglio in persona, ha indetto una conferenza stampa nella quale ha espresso contro la Rai giudizi pesantissimi, motivati soprattutto del suo convincimento che programmi e notiziari della televisione pubblica siano ostili al governo da lei presieduto. Mi corregga se non ripeto esattamente le Sue parole, che riprendo pressoché da tutti i giornali: < E’ certamente anomalo – Lei ha detto – che in uno Stato democratico esista un servizio pubblico che va contro la maggioranza, e che continui a chiudere i bilanci in forti passivi, dovendo ricorrere all’intervento dello Stato >.
Mi scusi, qui non riesco a seguirLa: se i bilanci non fossero in rosso, i giornalisti della radiotelevisione pubblica avrebbero il diritto di criticare il governo? Invece, se lo Stato deve ripianare i passivi, i notiziari devono essere apologetici? Non posso credere che Lei veda il problema in termini così spicci, commettendo il grossolano errore di identificare il governo con lo Stato. Quello dell’informazione televisiva è un terreno su cui – ascolti il consiglio di un supporter – Lei dovrebbe muoversi con la massima prudenza.
( … ) Un caro saluto. Adam Smith “

( da “ Lettere di Adam Smith al Cavalier Berlusconi “ di Sergio Turone – Laterza – 1995 )

  discussione chiusa  condividi pdf