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Disagio a scuola (ma non solo)
Mario Menziani - 05-06-2004
"Da grande voglio andare al Grande Fratello, poi a Parigi a fare l’archeologa con la mia amica", mi confida la ragazzina seduta al mio fianco, sul pullman, di ritorno dalla gita scolastica. Qualche fila di posti poco più avanti, fa bella mostra di sè un ragazzino che sembra disegnato da Pazienza. Manca solo l’eterna sigaretta dei suoi personaggi. Ma non è difficile pensarlo anche con questa, insieme agli amici in un qualche luogo più o meno appartato. Più o meno: a seconda della necessità di mettersi in mostra, di “scandalizzare” di “provocare”. E’, come ovvio, attorniato dalle ragazzine “più grandi”, è ammirato e invidiato da una marea di compagni dai capelli sparati, dai pantaloni larghi a mezza gamba, dalle casacche con i colori della squadra del cuore: tutto è molto “cartone giapponese”.

Urlano a più non posso. Urlano con le orecchie tappate da microcuffie dalle quali gracchiano gli MP3 alla moda. Urlano anche se sei lì, a due passi. Hanno davvero questa urgenza di farsi sentire? Sì, “sentire”. Non “ascoltare”, ma soltanto sentire, perchè poi non è importante la risposta: già sono distratti da qualcosa d’altro; già sono da un’altra parte. E forse quel che cercano davvero non è farsi sentire da qualcun altro, ma semplicemente riuscire a sentire se stessi. Affermarsi su tutto quel clamore.

Sono buffi. Lo spessore richiama quello del cartone animato. E quel “tu” indistinto che usano rivolgendosi a chiunque, non ha nulla a che fare con la contaminazione linguistica: è piuttosto il crollo malinconico di una qualsiasi parvenza di organizzazione sociale. E’ l’emblema della deriva di una società che non sa più educare i propri figli, che si nasconde dietro al non aver tempo, all’essere risucchiata nei vortici del “dover lavorare”. Vivono le loro giornate nascosti dietro all’immancabile telefonino, isolati dai ritmi dettati dai brani dell’onnipresente lettore cd, avvoltolati in se stessi davanti alla televisione, rapiti dall’iper realtà dei videogiochi. Trovano consolazione in montagne di cibo, in spese continue, in interminabili sedute dal parrucchiere.

Sono sempre più numerosi i genitori che ai colloqui vengono a dichiarare la resa: “Non so che cosa fare.” “Abbiamo provato di tutto”. “Anche alle elementari...”. Già, la soglia del “non c’è più niente da fare” si sposta sempre più in basso, fino a smascherare l’incredibile condizione di tanti adulti d’oggi: incapaci di riconoscere la differenza tra adulto e adolescente, tra adulto e bambino, si affannano ad essere amici o anche, di conseguenza, non amici dei propri figli.
Pensare in negativo non porta a nulla, se non a vedere tutto nero. La realtà, fortunatamente, è ben più complessa e articolata: il tutto, insomma, è più ricco e, di conseguenza, anche il positivo ci dovrà pur essere da qualche parte.

Penso al progetto realizzato quest’anno dalle scuola medie modenesi riguardante la prevenzione del disagio (*). E’ un bel progetto.
E’ un bel progetto, per prima cosa, perchè ha saputo mettere insieme tutte le scuole medie del comune (è, forse, ad oggi, un’esperienza unica in Italia). E’ un bel progetto perchè è stato fatto insieme ai genitori: sia nella fase della progettazione che in quella della realizzazione. E’ un bel progetto perchè ha saputo attingere alle diverse risorse presenti sul territorio e valorizzarle al meglio. E’ un bel progetto perchè ha saputo individuare le molteplici ragioni del disagio e ha saputo offrire risposte differenziate. Laboratori, attività di recupero disciplinare e tutoraggio sono diventati un modo di essere scuola diverso e nuovo: per i tempi e le collocazioni orarie di queste attività; per le modalità di realizzazione e la molteplicità di persone coinvolte.
Ma soprattutto una cosa: ai ragazzi è stata offerta la possibilità di accorgersi che il mondo adulto non è indifferente ai loro problemi. Che la realtà non è quella dei cartoni animati: che le persone hanno spessore, provano sentimenti, si spendono per gli altri perchè questo è il modo di realizzare se stessi. L’unico modo per realizzare se stessi.

Una goccia nel mare? Se l’impegno degli enti locali non si fermerà qui, a goccia si unirà goccia. Non è molto, ma è pur sempre una speranza che dà vitalità alla scuola.
Ed è pur sempre qualcosa.

Ma è la politica che si deve dare una mossa.
Quanto messo a punto dalle scuole medie modenesi è l’esatto contrario delle scuola morattiana. Il progetto ha dilatato i tempi della scuola, li ha estesi e li ha resi compatibili ai ritmi di apprendimento dei ragazzi (a fronte di una riduzione netta del tempo scolastico); ha valorizzato le diverse intelligenze (a fronte di una proposta di scuola basata solo sull’apprendimento meccanico e nozionistico); ha offerto ascolto (a fronte di una scuola di soli uditori); ha offerto ai ragazzi una molteplicità di adulti con cui confrontarsi e dai quali apprendere stili di vita diversi (a fronte di una scuola chiusa al territorio, nella quale le famiglie entrano così come si entra in un supermarket).
Il modello morattiano sacrifica la scuola alla ragione del risparmio. E’ coerente alla politica di riduzione delle tasse della destra. Una coerenza che, seppur mal nascosta dall’immagine addolorata di un ministro tutto anima e cuore, tutto famiglia e religione, si lega alla volontà della destra di cancellare i principii costituzionali della solidarietà, dell’uguaglianza, della libertà; di far implodere la politica nel nulla, nel non pensiero, nell’indistinto, nell’indifferenza.

E’ in gioco il futuro della nostra società. E’ in gioco questo futuro con cui conviviamo già oggi,fatto di tanti giovani così disorientati, così disanimati.
Non riesco a vedere nessun altro “ulivo” se non questo interessarsi all’oggi in funzione del domani. E’ in questo attivarsi quotidiano che vedo i reali processi di unificazione delle forze, partiti o movimenti che siano, che si interessano all’oggi in funzione del (con gli occhi rivolti al) futuro.

(*) Rete delle scuole medie di Modena “Per una scuola che sa accogliere: interventi di prevenzione contro il disagio e la dispersione scolastica” - Modena 21 maggio 2004

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