breve di cronaca
La Moratti consegna la scuola a Ruini
L’Unità - 27-05-2004
Non deve essere un caso se mercoledì, il cardinale Camillo Ruini, presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) e Letizia Moratti, ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur) per sottoscrivere l’Intesa sugli « Obiettivi specifici di apprendimento per l’insegnamento della religione cattolica (IRC) » nella Scuola secondaria di primo grado hanno scelto l’Aula Magna della Cei. È la conferma di quanto con la «gestione Moratti» la scuola pubblica sia ogni giorno più permeabile alle indicazioni della Chiesa italiana che anche attraverso l’insegnamento dell’ora di religione «cattolica» rivendica il suo diritto di orientare la formazione culturale dei giovani, di indicare valori alla società italiana e concorrere alla «convivenza civile».

L’obiettivo è «privilegiare una corretta visione antropologica, al servizio della verità nella carità, finalizzata a impedire al pluralismo di tramutarsi in confuso relativismo». Lo ha sottolineato nella sua relazione alla recente assemblea della Cei l’arcivescovo di Vicenza, mons. Cesare Nosiglia che ha invitato parrocchie e singoli cattolici ad attrezzarsi per affrontare la sfida della scuola dell’autonomia e «non lasciarla in balia dello spontaneismo e dell’improvvisazione», invita a prestare attenzione al dialogo interconfessionale ed interreligioso», ma in modo vigile.

«La riforma scolastica in corso di attuazione - ha commentato il cardinale Ruini - si qualifica per l’attenzione a una didattica rinnovata e mira a realizzare una convergenza fra le diverse discipline». In questo contesto, la Cei ha dato il proprio «apporto» per un insegnamento della religione cattolica (Irc) «armonicamente integrato nel sistema scolastico e dinamicamente idoneo a interagire con le altre discipline». Gli obiettivi dell’«Irc», dunque, «si inquadrano opportunamente con gli Obiettivi specifici delle altre discipline» e soprattutto, ha spiegato il presidente della Cei, con il «profilo educativo, culturale e professionale dello studente alla fine del primo ciclo di istruzione (6-14 anni) », e «manifestano un'adeguata rispondenza con gli orientamenti didattici proposti dalle indicazioni nazionali, tenendo ovviamente nella dovuta considerazione la specificità dell’ Irc».
Gli obiettivi, che si collocano nel solco dei «Programmi» in vigore nella scuola media inferiore, secondo Ruini «valorizzano i risultati della sperimentazione attivata dalla Cei negli anni 1988-2000 e completano il quadro degli Obiettivi per il primo ciclo».

Parole piene di ossequio e gratitudine verso il presidente della Cei quelle di Letizia Moratti. Ha definito la firma congiunta «un ulteriore progresso della riforma della scuola, che pone l'accento sul gran valore della reciproca collaborazione» tra Cei e Miur e «sulla costante condivisione delle mete educative, nello spirito di sevizio verso i giovani italiani». In una nota, il Ministro ha espresso, «gratitudine» alla Chiesa italiana per «l'appoggio ininterrotto al processo di rinnovamento della scuola italiana, appoggio che viene costantemente e pubblicamente rinnovato». Infine ha citato il «rilevante contributo della Cei al dibattito sul ruolo dell'educazione, volto ad elaborare una risposta pedagogica, ispirata all'antropologia cristiana, alle diverse problematiche oggi emergenti in quest'ambito». «Sappiamo di poter confidare sul prezioso e costante sostegno della Conferenza episcopale al processo di riforma», ha concluso la Moratti, riconfermando la «collaborazione» tra Cei e Miur «per garantire sempre meglio il diritto dei giovani ad una formazione religiosa piena e consapevole, parte integrante del processo di crescita personale».

Ma il ministro ha anche dato una notizia. Ha annunciato che nel corso dei prossimi tre anni verranno assunti 15.383 insegnanti di religione a tempo indeterminato, di cui 9.229 per il prossimo anno scolastico. Sarà il risultato del concorso per l'immissione in ruolo degli insegnanti di religione cattolica già partito, reso possibile dalla legge sullo stato giuridico degli insegnanti di religione del luglio 2003, che è in atto e che il ministro vuole concludere al più presto. «Ho già firmato il decreto di determinazione degli organici e la programmazione triennale».

Ma quei 15 mila insegnanti di religione cattolica da assumere nei prossimi tre anni lasciano perplesso Enrico Panini, segretario nazionale della Cgil Scuola. Il sindacalista rinnova la critica alla legge che li ha immessi in ruolo per tre ragioni. «È una legge che ha sconvolto le regole del mercato del lavoro e dell’occupazione. Non è mai esistito che l’assunzione in un settore pubblico avvenisse sulla base di un requisito discrezionale, perché la condizione unica per insegnare religione cattolica nelle scuole è l’idoneità rilasciata dal responsabile diocesano che risponde al diritto canonico». «Né ha precedenti nel nostro ordinamento - continua Panini - l’immissione in ruolo per una materia facoltativa, perché tale è l’insegnamento di religione cattolica. Infine, così lo Stato si fa esecutore delle volontà altrui, perché nel caso in cui il responsabile diocesano revochi l’idoneità all’insegnante, allora quella persona deve comunque essere matenuta in servizio». Infine per il sindacalista i contenuti dell’Intesa del 1985, immediatamente seguente la revisione del Concordato del 1984, già prevedeva significativi miglioramenti nella condizione dei docenti di religione cattolica, che sono stati subito accolti dai contratti. Allora - afferma- non si può parlare quindi di Intesa non realizzata tra lo Stato e la Chiesa. Il governo ha voluto forzare la mano. Su quei tre punti ha costruito una decisione che non ha precedenti nella storia ed è evidente che fa questo per onorare una serie di debiti elettorali». Panini dedica l’ultimo commento a quelle annunciate quindicimila assunzioni. «Senza volere contrapporre gli uni agli altri, osservo che nella scuola ci sono migliaia di posti vaganti per i quali si procede ad assunzione con il contagocce. È questo governo che mette gli uni contro gli altri».

Roberto Monteforte

Completiamo l'articolo, segnalato da Pierangelo Indolfi , con l'indicazione degli obiettivi specifici di apprendimento nelle scuole dell'infanzia e degli obiettivi specifici di apprendimento nelle scuole primarie
approvati dal Governo ha approvato in attuazione dell’intesa intervenuta tra il Ministro dell'Istruzione ed il Presidente della Conferenza episcopale italiana il 23 ottobre 2003


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 P.I.    - 27-05-2004
Dall'Unità di ieri il commento di Furio Colombo

Una lunga ora di religione

Ieri con sorpresa ha fatto la sua irruzione nelle agenzie di stampa italiane l’espressione “antropologia cristiana”. Significa, credo, guardare ad ogni evento della cronaca o della storia dal punto di vista della religione. Avevo incontrato una simile espressione, molti anni fa, leggendo un testo ormai classico di V.S. Naipul, «India», in cui le parole “antropologia islamica” servivano per spiegare la visione totalizzante dei musulmani a confronto con la più eclettica interpretazione induista del mondo. Ciò che sorprende, è che, invece, per noi, in Italia si sta parlando di una “risposta pedagogica per la scuola”.
Ieri, infatti, il ministro dell’Istruzione Letizia Moratti ha firmato con il presidente della Conferenza Episcopale Cardinale Ruini un documento con questo titolo: «Obiettivi specifici di apprendimento per l’insegnamento della religione cattolica per la scuola secondaria di primo grado». «La riforma scolastica in corso di attuazione - ha spiegato all’agenzia Agi il Cardinale Ruini - si qualifica per l’attenzione ad una didattica rinnovata che mira a realizzare una convergenza fra le diverse discipline. In questo contesto la Cei ha dato il suo apporto per un insegnamento della religione armonicamente integrato nel sistema scolastico».
L’affermazione può apparire un po’ oscura. Ma se si legge un testo della Cei intitolato «Orientamenti connessi con la riforma della scuola pubblica e implicanze derivanti dalla approvazione degli obiettivi specifici di apprendimento per l’insegnamento della religione cattolica» (a cura di Monsignor Cesare Nosiglia) diventa chiaro che non si sta parlando (e firmando) di ambientazione dell’insegnamento religioso nei nuovi programmi della riforma Moratti.
Al contrario. Si sta progettando di adattare l’intero sistema scolastico italiano alla visione della “antropologia cristiana”.
Cercherò di spiegare citando i punti che a me sembrano più illuminanti del documento episcopale firmato dal Vescovo Nosiglia.

Ecco alcuni passaggi.

Primo, «occorre privilegiare una corretta visione antropologica a servizio della verità nella carità, finalizzata a impedire al pluralismo di tramutarsi in confuso relativismo». Può essere utile ricordare ai lettori che relativismo vuol dire accettare che vi siano più verità, più punti di vista, diverse e anche divergenti visioni del mondo. Esempio, il relativismo induce a pensare che se gli embrioni sono persone dal punto di vista religioso, non lo sono dal punto di vista scientifico. Una volta abolito il relativismo, c’è una sola versione. In questo caso, quella che obbliga ad accettare l’attuale legge sulla procreazione assistita, che vieta di stabilire se un embrione è sano o malato prima di impiantarlo.
Secondo, «il compito appare assai problematico se pensiamo al disorientamento in cui viviamo e al clima diffuso di relativismo che si respira. Perciò nella realizzazione di questo nuovo compito educativo della scuola i cristiani possono e devono essere presenti per offrire contenuti corretti». Significa che tutto l’insegnamento, in tutte le materie e tutte le discipline, va «riempito di contenuti».
E infatti, terzo, «è tempo di passare a elaborare concreti “pacchetti di contenuti” di alto profilo per un approfondimento delle questioni epistemologiche e didattiche più significative alla luce della antropologia cristiana, da offrire come sussidio da valutare con docenti e genitori, avvalendosi anche dell’apporto di Università, Centri culturali ed editoriali cattolici».
Come si vede, ogni aspetto dell’insegnamento, in una visione nuova per la scuola italiana, va a collocarsi in un paesaggio religioso (descritto come “antropologia cristiana”).
L’insegnamento della religione non è più una materia, ma il punto generatore di tutte le altre materie.
Quarto, «già da queste indicazioni ci si rende conto di quali spazi siano riservati alla responsabilità di diocesi e parrocchie oltre che degli operatori scolastici. Ma non solo. Va valorizzata la pluralità tipica di gruppi, movimenti, aggregazioni e istituzioni presenti sul territorio che già operano nella scuola in diversi campi. Ad esempio lo sport, la musica, il teatro, l’assistenza, la carità, l’animazione di vario genere, l’attenzione verso il mondo della natura e dell’ambiente, il dialogo interculturale e inter religioso... non possono essere lasciati in balia dello spontaneismo e della approssimazione, o magari in mano a progetti basati su principi non condivisibili. Occorre programmare un piano e una strategia di medio e lungo termine». Esiste dunque una autorità, non scolastica e non della Repubblica italiana, in grado di stabilire nella scuola italiana, che cosa è un progetto condivisibile e che cosa non lo è. Ciò porta al formarsi di una élite che sarà depositaria - nella scuola italiana che era stata immaginata libera e laica dalla Costituzione - di una nuova autorità. Sono le «associazioni professionali di ispirazione cristiana di docenti della scuola statale e di quella paritaria che devono essere coinvolte nella fase di elaborazione delle nuove prospettive professionali e - in ambito ecclesiale - adeguatamente sostenute nel loro prezioso servizio di mediazione». Tutto ciò appare perfettamente comprensibile come posizione della Chiesa cattolica. Ma qui stiamo parlando di un documento che è stato firmato dal ministro italiano dell’Istruzione. E’ vero che di quell’istruzione non si dice più che è pubblica. Ma persino il testo vescovile che abbiamo appena citato fa riferimento alle scuole statali. D’ora in poi dopo una firma che è legge, perché si richiama esplicitamente ai protocolli dei Patti Lateranensi, la scuola di Stato italiana è rigorosamente confessionale. E’ una scuola fondata - non durante l’ora di religione ma nell’insieme del suo insegnamento - sulla specifica ed esclusiva visione teologica della Chiesa cattolica. L’evento cambia drammaticamente il senso del rapporto tra Stato e Chiesa in Italia. Ci si domanda come tutto ciò possa essere avvenuto al di fuori di ogni pubblicità (salvo questa comunicazione finale, a cose avvenute) e fuori dal Parlamento.

Furio Colombo

 Piera Capitelli    - 27-05-2004
A proposito del reciproco elogio tra ministro Moratti e Cardinale Ruini a seguito dell’accordo sui programmi di religione della scuola secondaria di primo grado: è spiacevole che il Ministro Moratti cerchi l’appoggio delle alte gerarchie ecclesiastiche per far passare pe buona una riforma che viene respinta al mittente dai migliori pedagogisti cattolici. La sistematica ricerca di alleanze della amministrazione Moratti, dimostra la debolezza della della sua riforma.

 P.I.    - 28-05-2004
La ministra taglia i programmi di scienze e assume un esercito di tonache.

Ma per Moratti la terra è piatta?
Addio all'evoluzionismo nelle scuole, porte aperte - al contrario - per 15mila e rotti insegnanti di religione cattolica scelti direttamente dalle curie. E' sufficiente questo per chiarire il dubbio che attanaglia molti cittadini e cioè se a Viale Trastevere, quartier generale di Moratti, regni l'approssimazione e l'incapacità oppure se lo staff della manager ultraliberista sia guidato da un disegno preciso. «La tendenza è chiara», dice a Liberazione, Alessandra Magistrelli, romana, insegnante di biologia nei licei. «Non sarà che una parte cospicua dell'entourage morattiano abbia in forte sospetto la modernità, visto non perde occasione per demolirne i pilastri? Darwin, appunto, ma anche Freud, l'Illuminismo oppure Marx».

Magistrelli è membro del direttivo dell'Anisn, l'associazione professionale dei docenti di scienze naturali che ieri ha mobilitato i suoi tremila iscritti per il "Darwin day", una serie di lezioni, dibattiti, conferenze in licei e università sull'importanza delle teorie dell'evoluzione sia sotto il profilo scientifico sia sotto quello didattico-culturale. «Perché pensare evolutivamente, per un giovane, vuol dire arricchire le sue possibilità di decifrazione e d'interpretazione del mondo. Vuol dire - prosegue Magistrelli - anche pensare in modo ottimista perché in fondo la natura non fa che escogitare soluzioni».

Un ottimismo, tuttavia, che sembra venire meno alla lettura dei "nuovi" programmi di scienze imposti dalla ministra alle scuole medie: «Da un impianto metodologico che intrepretava il divenire siamo passati a una visione catechizzante, comportamentista, impositiva», dice l'insegnante alla quale chiediamo l'onere della prova. Detto fatto: «Dai programmi sono spariti perfino i fossili - sbotta la prof - ossia la possibilità di studiare la profondità del tempo. E le nozioni sul sistema eliocentrico sono state sostituite da una disamina che spazi "dalle osservazioni degli antichi alle ipotesi della scienza contemporanea"». Ipotesi? Chiede il cronista convinto di non aver afferrato (i cronisti hanno sempre un po' di coda di paglia di fronte ai docenti). «Proprio così, ipotesi, come se il sistema solare sia una semplice ipotesi, torniamo a dubitarne?», conferma la nostra interlocutrice. Ma non c'era stata una correzione di rotta?, chiedo ancora. Per quanto ne sappiamo la commissione incaricata di limitare i danni non s'è ancora insediata, «non c'è un ripensamento ufficiale», l'unica certezza sono i programmi usciti sulla Gazzetta ufficiale a febbraio. «C'è un clima da crociata, si tenta di equiparare l'evoluzionismo a teorie come il creazionismo scientifico (in voga tra i neoconservatori Usa ma che affiora anche in Italia, ndr) secondo il quale dietro all'apparente caos ci sarebbe un "disegno intelligente" della mente ordinatrice del mondo». Quando le suggerisco come sia curioso che i massimi esponenti del "darwinismo sociale" (i neoliberisti) siano divenuti alfieri dell'oscurantismo, l'insegnante prima mi spiega che lo stesso Darwin era seccato dal cappello politico di principi antiegualitari che si pretendeva di mutuare dalle sue teorie (l'adattamento della specie viene spesso usato per giustificare la ferocia dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo) poi, conclude: «Solo con l'ignoranza l'attuale modello di sviluppo si può diffondere meglio, forse dal "loro" punto di vista più è oscuro e meglio è».

Solo nel 1978 le teorie di Charles Darwin erano entrate ufficialmente nella scuola media italiana. Centoventi anni dopo l'uscita de "L'origine della specie". Ora rischia di uscirne e di essere affidato solo alla disobbedienza dei singoli docenti. «Ma il sapere - avverte Magistrelli - ha bisogno di tempi storici lunghi per affermarsi e quello di Darwin è un "pensiero motore di pensiero". E' pericoloso toglierlo dai luoghi dove si costruisce il comune sentire».

Checchino Antonini su Liberazione