breve di cronaca
Dibattito sulla libertà d'espressione
RAB - 23-04-2004
Johanna L.A. BOOGERD-QUAAK (ELDR, NL)
Relazione sui rischi di violazione, nell'UE e particolarmente in Italia, della libertà di espressione e di informazione
(articolo 11, paragrafo 2 della Carta dei diritti fondamentali)
Doc.: A5-0230/2004
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 20.04.2004
Votazione: 22.04.2004



Il Parlamento europeo ha adottato oggi una relazione molto controversa sulla libertà di espressione e di informazione con 237 voti favorevoli, 24 contrari e 14 astensioni. Prima del voto, due gruppi politici, il PPE-DE e l'UEN, hanno dichiarato che non avrebbero preso parte alla votazione per protestare contro la procedura di voto adottata.

In precedenza, l'Aula ha respinto una richiesta di rinvio della relazione alla commissione per le libertà con 214 voti favorevoli, 259 voti contrari e 1 astensione.

Une dei punti controversi della relazione d'iniziativa di Johanna L.A. BOOGERD-QUAAK (ELDR, NL) consisteva nel riferimento ai nomi di persone. Il Presidente Pat Cox ha deciso che i riferimenti ai nomi di persone dovessero essere cancellati dalla relazione, in conformità con la prassi parlamentare.

In questa relazione, il Parlamento sottolinea che la libertà e il pluralismo dei mezzi di comunicazione costituiscono un requisito essenziale per la libertà di espressione e di informazione. Inoltre si ritiene che, laddove gli Stati membri non adottino misure adeguate, l'UE ha l'obbligo politico, morale e giuridico di garantire, negli ambiti di sua competenza, il pluralismo dei mezzi di comunicazione.

I parlamentari rilevano che sussistono sufficienti elementi di preoccupazione per autorizzare la Commissione a condurre un esame dettagliato della situazione e a proporre soluzioni legislative adeguate. Una perizia preliminare condotta dall'Istituto europeo per i mezzi di comunicazione rileva che in ognuno degli otto paesi esaminati (Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Svezia e Regno Unito) sussistono elementi che richiedono ulteriori studi. Lo studio completo sarà pronto nel mese di giugno e conterrà conclusioni comparative finali basate sulla situazione in tutti i 25 Stati membri.

In merito alla situazione negli Stati membri, il Parlamento ha rilevato:

- in Francia vi sono state numerose violazioni della libertà di stampa (ad esempio, boicottaggio della distribuzione di un nuovo quotidiano gratuito da parte di associazioni sindacali e pressioni sui giornalisti da parte della polizia);
- in Irlanda non vi è parità di condizioni di concorrenza, in quanto la stampa irlandese è soggetta a IVA ma non quella proveniente dal Regno Unito, che in Irlanda detiene una quota di mercato approssimativamente del 25%;
- in Germania, la Corte costituzionale federale ha deliberato che la sorveglianza delle telecomunicazioni, ad esempio la registrazione del traffico telefonico di giornalisti, non costituisce violazione delle libertà fondamentali sancite dagli articoli 10 e 19 della Legge fondamentale, che garantiscono la riservatezza dell'informazione;
- in Polonia, la legislazione concernente i mezzi di comunicazione non esistono disposizioni sulla concentrazione dei mezzi d'informazione e la salvaguardia del pluralismo né, a quanto sembra, se ne prevede l'introduzione;
- nei Paesi bassi, vi è un livello elevato di concentrazione sia nel settore televisivo che in quello della stampa, ove i tre maggiori operatori controllano almeno l'85% del mercato e, malgrado i Paesi Bassi presentino a livello europeo la penetrazione più elevata di servizi televisivi via cavo, anche questo mercato è dominato da tre operatori principali;
- in Svezia, il settore dei mezzi di comunicazione è caratterizzato da un livello piuttosto elevato di proprietà incrociata, che interconnette strutture che vedono la partecipazione dei principali operatori del settore audiovisivo e accordi di cooperazione tra il settore della stampa e della diffusione radiotelevisiva, in cui aziende di entrambi i settori sono controllate dallo stesso gruppo;
- nel Regno Unito è in corso un intenso dibattito scaturito dal rapporto Hutton sulle circostanze relative alla morte dello scienziato e consulente governativo David Kelly, dalle posizioni critiche assunte dal servizio pubblico radiotelevisivo in merito alle motivazioni governative della guerra in Iraq, dalle dimissioni del direttore generale e del presidente del consiglio dei governatori della BBC e dalle potenziali ripercussioni del caso sulla pratica del giornalismo investigativo e, separatamente, forma oggetto di intensa discussione la revisione della Royal Charter e dell'Accordo che disciplinano la BBC, presi a modello da altri sistemi;
- in Spagna, le pressioni governative sul servizio pubblico della TVE hanno portato ad omissioni dei fatti relativi alle responsabilità degli atti terroristici dell'11 marzo scorso.
- Per quanto concerne l'Italia, il Parlamento afferma che «potrebbero sussistere rischi di violazione del diritto alla libertà di espressione e di informazione». L'Aula rileva che «il tasso di concentrazione del mercato televisivo in Italia è oggi il più elevato d'Europa... uno dei settori nel quale più evidente è il conflitto di interessi è quello della pubblicità». Si rileva «pertanto che il sistema italiano presenta un'anomalia dovuta a una combinazione unica di poteri economico, politico e mediatico nelle mani di un solo uomo, l'attuale Presidente del Consiglio dei Ministri italiano».

I deputati hanno invitato il Parlamento italiano ad «accelerare i suoi lavori in materia di riforma del settore audiovisivo conformemente alle raccomandazioni della Corte costituzionale italiana e del Presidente della Repubblica, tenendo conto delle incompatibilità da questi riscontrate nel progetto di legge Gasparri con il diritto comunitario».

Essi esprimono preoccupazione per il fatto che la situazione vigente in Italia possa insorgere in altri Stati membri qualora un magnate dei media decidesse di entrare in politica.

I parlamentari hanno rivolto una serie di raccomandazioni. Essi chiedono alla Commissione di presentare una proposta di direttiva per la salvaguardia del pluralismo dei media in Europa. Essi ritengono altresì che la salvaguardia della diversità dei media debba diventare la priorità della legislazione dell'Unione in materia di concorrenza e che la posizione dominante di una società del settore dei media sul mercato di uno Stato membro debba essere considerata un ostacolo al pluralismo dei mezzi di comunicazione nell'Unione. A livello europeo sarebbe opportuno adottare una legislazione intesa a vietare a personalità politiche o candidati di detenere interessi economici di rilievo nel settore dei mezzi di comunicazione.

L'Aula chiede inoltre l'elaborazione di una relazione annuale sul pluralismo. La Costituzione per l'Europa dovrebbe contenere una disposizione specifica sulla necessità di garantire il pluralismo dei media. Gli Stati membri dovrebbero inserire nelle Costituzioni nazionali un obbligo di diligenza attiva in ordine alla promozione del rispetto della libertà e del pluralismo dei media.

Dibattito

Prima dell'inizio del dibattito, José Duarte de Almeida RIBEIRO E CASTRO (UEN, P) ha ricordato di aver presentato una mozione di inammissibilità della relazione a nome del gruppo UEN su questioni che aveva già sollevato in sede di commissione per le libertà e i diritti dei cittadini. Al termine del dibattito in commissione, egli aveva chiesto che fosse elaborato un parere da parte del segretariato della commissione stessa, del Servizio giuridico del Parlamento o della commissione giuridica e per il mercato interno in merito a questioni serie concernenti la legalità o meno della relazione. L'oratore aveva avuto l'impressione che questa richiesta fosse stata accettata, ma il parere non è mai arrivato. Egli ritiene che la relazione contenga una serie di circostanze di fatto e di diritto inammissibili per il Parlamento. In particolare, vengono richiamate situazioni sulle quali non è mai stata prodotta una prova. Si tratta di situazioni che non possono essere discusse e per le quali il Parlamento non è competente, pertanto il deputato ha chiesto il rinvio della relazione in commissione o la sua inammissibilità, finché l'ammissibilità non venga ben valutata.

Il Presidente Gerhard SCHMID ha osservato come, ai sensi del regolamento, le richieste di non ammissibilità di una relazione debbano pervenire almeno 24 ore prima. Egli ha ricordato che il Presidente del Parlamento Pat Cox ha comunque deciso di respingere questa richiesta e di condividere questa valutazione.

Johanna L.A. BOOGERD-QUAAK (ELDR, NL) ha aperto il dibattito sottolineando come, allorché ha assunto l'incarico di scrivere la relazione, era cosciente della difficoltà di questo compito, per cui ha ritenuto di inserire una serie di elementi di controllo, organizzando un'audizione all'inizio dell'anno alla quale hanno preso parte molti esperti e invitando l'Istituto europeo per i mezzi di comunicazione di Düsseldorf a effettuare un'inchiesta sull'informazione ai cittadini nell'Unione europea, che la Commissione avrebbe dovuto condurre già da tempo, ha detto. L'inchiesta verrà messa a disposizione dell'Esecutivo.

La relatrice ha fatto notare di aver parlato con molti esperti, i quali hanno espresso stima in merito alle sue raccomandazioni, che vanno nel senso della delimitazione delle condizioni de minimis in tutta l'Unione europea, per avere televisioni pubbliche indipendenti dall'ingerenza del Governo, trasparenza nella proprietà dei mass media, controllo del rispetto del pluralismo, abbassando la soglia di concentrazione nella proprietà dei media, inserendo una previsione in questo senso nelle legislazioni nazionali. Ella ha ricordato che molti in Europa attendono che la Commissione presenti un aggiornamento del Libro verde e una serie di proposte per chiarire il suo ruolo sulla libertà d'espressione.

La deputata ha ribadito che il compito di redigere la relazione e con quel titolo le è stato affidato dalla Conferenza dei Presidenti, per cui ella aveva l'obbligo di concentrarsi in particolare sull'Italia. In merito alle televisioni pubbliche, ha affermato, è possibile fissare criteri più seri che non per le televisioni commerciali. La questione di fondo consiste nel fatto se, con la concentrazione, il pluralismo dei media non sia in pericolo, dato che i media finiscono per essere concentrati nelle stesse mani. La relatrice ha chiuso il suo intervento deplorando il fatto che taluni suoi colleghi che non hanno partecipato sin dall'inizio alla discussione della relazione, siano oggi impegnati nella presentazione di numerosissimi emendamenti volti ad affondarla.

Antonio TAJANI (PPE/DE, I), in una mozione d'ordine fondata su diversi articoli del regolamento (3, 28, 64, 118, 151, 171, 172) relativi all'accesso ai documenti, ha sottolineato che un documento pubblicato dal Parlamento a cura della Direzione della Stampa e dell'Audiovisivo annuncia che la libertà di informazione in Italia è il tema più importante di questa sessione, è un «punto forte della settimana» e si annuncia che la libertà di informazione in Italia è a rischio. «Nessuna relazione, nessun documento in votazione ha questo titolo», ha proseguito l'oratore, «mi pare che sia una strumentalizzazione da parte dei funzionari e invito la Presidenza del Parlamento a fare in modo che i funzionari del Parlamento e delle commissioni non prendano posizioni politiche ma rispettino le regole fondamentali e gli atti ufficiali del Parlamento». Il deputato ha poi concluso chiedendo che sia messo a verbale il fatto che ha «già formulato una protesta formale ieri al Presidente della commissione delle libertà pubbliche, che ha inviato una lettera di protesta ufficiale al Presidente del Parlamento».

A nome della Commissione, Chris PATTEN ha commentato con entusiasmo la forte presenza dei deputati in Aula malgrado l'ora tardiva. Tenuto conto del fatto che il Parlamento non ha ancora concordato la forma finale da dare al documento, il Commissario ha precisato che avrebbe limitato il suo intervento a risposte generiche e che la Commissione avrebbe fatto seguire una risposta scritta dettagliata. Il rappresentante dell'Esecutivo ha quindi affermato che la libertà di espressione e di informazione, che include la libertà e il pluralismo dei media, è un principio comune a tutti gli Stati membri sul quale si fonda l'Unione, come stabilito dall'articolo 6 del Trattato. Anche l'articolo 11 della Carta dei Diritti Fondamentali prevede tale diritto. Non è quindi sorprendente, ha aggiunto, che la Commissione concorda pienamente con l'affermazione secondo cui un sistema libero e pluralista dei media rappresenta un prerequisito per il funzionamento libero delle democrazie. Dobbiamo tutti rimanere vigili, ha proseguito l'oratore, riguardo a tutti gli aspetti relativi al pluralismo dei media nell'Unione europea.

Tuttavia, ha proseguito, la tutela del pluralismo è affidata in primo luogo agli Stati membri stessi. Le norme nazionali volte a garantire il pluralismo, ad esempio, possono includere disposizioni sulle quote di proprietà delle aziende o misure volte a promuovere la diversificazione dei contenuti linguistici o culturali. Allo stato attuale, ha precisato il Commissario la legislazione comunitaria secondaria non contiene disposizioni specifiche per la salvaguardia del pluralismo, ma un certo numero di strumenti legali esistenti contribuiscono direttamente o indirettamente alla salvaguardia del pluralismo: la direttiva sulla televisione senza frontiere che assicura il pluralismo attraverso la promozione delle produzioni europee e indipendenti, il programma MEDIA ha anche un importante ruolo così come le norme sulla concorrenza che hanno un impatto positivo sul pluralismo dei media. Queste ultime, benché abbiano un obiettivo economico, permettono anche di controllare il pluralismo evitando le concentrazioni che possono mettere a repentaglio il permanere di un ampio spettro di vedute e opinioni nel mercato dei media. Il Commissario ha quindi voluto reiterare quanto affermato dal collega Vitorino in occasione del dibattito sui diritti fondamentali: la Commissione si è impegnata per garantire che il rispetto di tutti i diritti fondamentali all'interno dell'Unione sia adeguatamente monitorato. L'oratore ha poi sottolineato l'auspicio che la Carta dei Diritti fondamentali sia inserita nel Trattato costituzionale.

Il Commissario, infine, si è detto dispiaciuto di non poter fare dichiarazioni in extenso su situazioni che conosce meglio. In particolare su proprietari di mezzi di comunicazione che esercitano influenza politica senza avere incarichi politici. In futuro, ha concluso, forse alcuni membri del Parlamento appartenenti al suo stesso partito lo spingeranno a fare osservazioni sulla situazione dei media nel Regno Unito.

Giuseppe GARGANI (PPE/DE, I) ha sottolineato di parlare in quanto Presidente della commissione giuridica e di essere orgoglioso come non mai di questo. La commissione ha dato il suo parere serenamente, con molto approfondimento e in maniera rigorosa, ha detto l'oratore, aggiungendo che essa ha sollecitato un impegno per la diversificazione della proprietà e del controllo delle telecomunicazioni, una libera concorrenza e un principio di pluralismo che deve realizzarsi anche all'interno delle emittenti e che costituisce un diritto fondamentale.

La commissione per le libertà non ha tenuto in alcuna considerazione le indicazioni le modifiche proposte dalla commissione giuridica, ha detto l'oratore. Egli ritiene che la maggioranza della LIBE voglia solo, «in maniera ostruzionistica», tener conto esclusivamente di una situazione politica e trascinare l'Italia in una valutazione negativa nel suo complesso, circostanza di cui il Parlamento non può andare orgoglioso, ha detto.

Roy PERRY (PPE/DE, UK), intervenendo a nome della commissione per la cultura, la gioventù, l'istruzione, i mezzi d'informazione e lo sport, si è rallegrato di partecipare questa discussione sui media che è molto seria e merita di essere dibattuta. Nell'affermare come ci siano speculazioni sulla stampa britannica «sul perché del voltafaccia di Tony Blair» riguardo al referendum europeo, l'oratore ha deplorato che la relazioni si sia concentrata sugli attacchi al Governo italiano « a detrimento della qualità della relazione». Il pluralismo, ha proseguito, è fondamentale per salvaguardare la democrazia e nella relazione in merito alla direttiva sulla televisione senza frontiere il Parlamento ha chiesto alla Commissione di stilare un Libro Verde e uno studio speciale sull'argomento che «stiamo ancora aspettando». Se è vero che la responsabilità di garantire il pluralismo spetta agli Stati membri, l'Unione non può ignorare le sue responsabilità e «la sua posizione speciale libera dal potere di uno o due potenti magnati della stampa». Il deputato ha poi concluso dicendosi deluso che la relazione abbia confuso questi scopi «con delle finalità politiche e con degli attacchi al Governo italiano», il tema in questione meritato di più.

Monica FRASSONI (Verdi/ALE, B) è intervenuta in rappresentanza della commissione per gli affari costituzionali, la quale ha adottato all'unanimità un parere articolato su tre temi fondamentali:

il conflitto di interessi, dove si «auspica» che ci sia una legislazione che impedisca a personalità politiche o candidati di detenere interessi economici di rilievo nel settore dei mezzi di comunicazione
è necessario definire una procedura attraverso la quale il Parlamento, in modo autonomo, può avviare procedure che consentano di condurre d'inchiesta sulla situazione dei diritti fondamentali di uno Stato membro, sulla base dell'articolo 7 paragrafo1 del trattato
qualsiasi azione di uno Stato membro che arrivi a limitare la libertà di espressione e di informazione rappresenti una violazione dell'articolo 7
L'oratrice ha sottolineato come non ci sia un intento persecutorio, ma solo un'azione volta a definire una procedura per sapere come il Parlamento, la Commissione e il Consiglio debbano agire in tali casi.

Giacomo SANTINI (PPE/DE, I), a nome dei Popolari, ha esordito affermando che «ufficialmente si apre questa sera in questo Parlamento europeo la campagna elettore della sinistra italiana in vista delle elezioni europee». Infatti, secondo l'oratore, il documento in discussione «è ostaggio di un fine indiretto che toglie qualsiasi valore alla ricerca culturale, scientifica e tecnica che il titolo annuncia». «Anche se proprio nel titolo, la sottolineatura dell'Italia come Paese in cui vi sarebbero più rischi che in altri per la libertà d'informazione anticipa conclusioni di parte che intendono colpire, tout court, il Governo italiano e soprattutto il suo Presidente», ha precisato.

A supporto di questa relazione, ha stigmatizzato il deputato, la relatrice presenta le conclusioni di un uno studio portato a termine da un istituto di Dusseldorf «mai autorizzato da questo Parlamento e con indicazioni tutt'altro che chiare e definitive», spiegando che in apertura questo studio annuncia l'ambizione di mettere a confronto le realtà dell'informazione dei 25 Paesi membri ma poi fornisce qualche dato soltanto su 8 Paesi, dichiarando esplicitamente la provvisorietà e le carenze di questa indagine. «Mi viene spontanea una domanda », ha aggiunto, «Perché tanta fretta? Perché non aspettare che lo studio si compisse fino a completare l'elenco dei 25 Paesi? Io l'avrei una risposta, ma forse sono troppo malizioso».

L'oratore ha poi affermato che il testo originario presenta la situazione italiana «in maniera a dir poco paradossale, con citazioni e critiche personali al Presidente del Consiglio italiano non conformi allo stile ed al lessico del Parlamento europeo», ed ha ricordato quanto ha scritto in una lettera il Presidente Cox, il quale ha invitato la relatrice «a correggere il tono e a cancellare le citazioni personali». La relatrice ha, infatti, proposto qualche ritocco «di tipo cosmetico», come «gesto di apprezzabile disponibilità», ma ciò è stato giudicato «troppo poco» dall'oratore che ha precisato la necessità di «un lifting profondo per ridare dignità alla risoluzione».

La situazione in Italia è ben diversa da quella descritta, ha continuato il deputato, «lo dice un rapporto dell'anno scorso di Reporteurs sans Frontières, organizzazione sicuramente non vicina al Governo italiano ed al suo Presidente, anzi molto critica», secondo cui «il panorama italiano rispecchia la varietà delle posizioni politiche che si ritrovano espresse in Parlamento e presenta un ventaglio di opinioni esauriente e spesso critico nei confronti del Governo». Analizzando poi le diverse connotazioni delle testate TV, radio, quotidiani e periodici, il rapporto osserva che la stampa scritta «offre una rappresentazione equilibrata dello scacchiere politico italiano subendo tuttavia le conseguenze economiche dell'egemonia dei mezzi di comunicazione». Infine un'ultima annotazione dice che «il panorama della carta stampata penalizza il Governo e la maggioranza». L'oratore ha quindi concluso chiedendosi «dove sta la verità? Peccato, proprio perché la verità non si capisce dove stia. Questa relazione avrebbe potuto contribuire a difenderla. Noi sappiamo dov'è, purtroppo la tradisce e la mortifica».

Ornella PACIOTTI (PSE, I) ha aperto il suo intervento ringraziando la relatrice per la competenza e l'imparzialità con la quale ha svolto il suo lavoro, in particolare per la pazienza mostrata di fronte alle polemiche e agli ostruzionismi. L'oratrice ha sottolineato che la relazione è stata elaborata dietro autorizzazione e secondo le indicazioni della Conferenza dei Presidenti. Essa affronta il tema della libertà e del pluralismo politico e culturale dei mezzi d'informazione, ha detto, aggiungendo che questi rappresentano gli elementi essenziali per una compiuta democrazia ed un valore fondante dell'UE.

La rappresentante dei socialisti ha ricordato che la relazione esamina criteri e strumenti inerenti il tema in oggetto, suggerendo le possibilità di intervento della Comunità e degli Stati membri sulla base del principio di sussidiarietà. Si tratta di un lavoro di grande rilevo nella prospettiva di un'Unione a 25 Stati membri, ha detto. La relazione affronta inoltre i rischi di violazione della libertà di espressione e di informazione, in particolare in Italia: «è difficile negare l'anomalia italiana, dovuta a fattori oggettivi e incontestabili». L'oratrice ha fatto riferimento al tasso di concentrazione del settore audiovisivo, il più elevato d'Europa, legato a elementi come il duopolio RAI-Mediaset che raccoglie il 96,8% della pubblicità, il controllo di Mediaset da parte del Presidente del Consiglio, l'influenza del Governo e della sua maggioranza sull'organigramma e sulla programmazione del servizio televisivo pubblico, la mancata regolamentazione del conflitto di interessi del Presidente del Consiglio.

Inoltre, la deputata ha rilevato che numerose sentenze della Corte costituzionale hanno sancito che il sistema radiotelevisivo italiano opera da anni in una situazione illegittima e che leggi approvate vengono via via dichiarate incostituzionali, mentre l'ultima in materia è stata rinviata alle camere dal Capo dello Stato perché non conforme ai principi sanciti dalla Corte.

Giorgio CALÓ (ELDR/IT), per i Liberali, ha affermato che è «sorprendente e divertente» che molti dati che si mettono in dubbio e di cui si chiede la prova «sono indicati nel sito Internet di Mediaset». D'altra parte, ha aggiunto, i fatti presentati che riguardano i rischi per la libertà di informazione in Italia «sono così evidenti e gravi che ribadirli sarebbe inutile». A commento di essi, l'oratore ritiene che in Italia «esiste ancora la libertà di espressione ma si è fortemente contratto lo spazio della libertà di informazione». Sostenendo che si tratti di un fenomeno che in questi giorni «sta pericolosamente espandendosi», il deputato ha affermato che in Italia «la mancanza di pluralità dell'informazione sta diventando oggi mancanza di informazione tout court». Egli ha poi aggiunto che «perfino il processo che riguarda un parlamentare europeo imputato in un procedimento penale per il reato di collusione mafiosa passa sotto silenzio dei media».

La ripetitività e la frequenza delle violazioni «sono poi tante e tali da far pensare a un sistema chiuso e autoriferito che con tenacia persegue quegli obiettivi antidemocratici che erano alla base del piano di rinascita di Licio Gelli e della sua loggia massonica deviata - la P2» alla quale l'attuale Presidente del Consiglio era iscritto. L'oratore si è poi chiesto «quale spazio avrebbero in un altro Paese europeo le notizie di un processo per mafia che coinvolgesse il braccio destro del Premier e cofondatore del suo partito». Egli ritiene pertanto che è assolutamente indispensabile «una legge per risolvere il devastante conflitto di interessi del Presidente del Consiglio italiano e a cascata di molti dei suoi ministri». Sottolineando poi «l'ostruzionismo che in questi giorni è stato messo in atto contro la relazione», ha affermato che «si vuole impedire che sia discussa in questa legislatura per non mettere sotto accusa un sistema informativo destinato a produrre solo consenso per chi lo possiede o lo controlla». Il deputato ha infine concluso che pur non essendo mai piacevole parlare male del proprio Paese, «il risvolto più negativo è rappresentato dai fatti che avvengono in Italia e contro di essi dobbiamo levare forte e chiara la nostra voce di riprovazione e di denuncia».

Giuseppe DI LELLO FINUOLI (GUE/NGL, I) ha lodato la relazione, nata dalla preoccupazione per la libertà d'informazione ed espressione nell'Unione europea. Secondo l'oratore, la cosa migliore sarebbe stata che la Commissione si fosse mossa con una specifica proposta di direttiva, dato che la situazione nei diversi Stati membri si fa sempre più preoccupante, a seguito delle massicce concentrazioni dei mezzi d'informazione e dei tentativi crescenti dei Governi di condizionarli al fine di mantenere il proprio potere.

Il «cattivo esempio italiano» è quello che maggiormente preoccupa, sia per i danni alla libertà d'informazione, sia perché rappresenta un modello per altri Paesi in Europa, ha detto l'oratore, che ha aggiunto che «l'Europa non può continuare a tacere di fronte allo scandalo» di un Presidente del Consiglio proprietario di tre reti televisive private e della maggiore società di raccolta della pubblicità televisiva, il quale controlla le tre reti pubbliche e che annuncia pubblicamente il licenziamento di giornalisti non graditi. Il deputato ha chiuso il suo intervento riferendosi all'Europa «sempre più neoliberista e antidemocratica», cui è necessario dare un segnale di svolta o quanto meno di ripensamento, come fa la relazione in oggetto.

Monica FRASSONI (Verdi/ALE, B), a nome dei Verdi, ha precisato che con questa relazione si vogliono realizzare tre obiettivi. Il primo è quello di ribadire che la maggioranza del Parlamento ritiene che occuparsi di libertà di espressione dei media sia della competenza dell'Unione europea e che «quindi sia necessario agire perché tale questione potrebbe diventare un vero problema, un rischio appunto, per la democrazia». Questo tema non è nuovo, ha affermato. Certamente questa volta è stato fatto in un modo più specifico e più elaborato, con più esempi, «ma non è molto diverso da quello che il Parlamento aveva unanimemente votato qualche tempo fa quando aveva chiesto alla Commissione di attivarsi». Proprio su questa attivazione che «non è mai arrivata», l'oratrice ha chiesto conto al Commissario.

Il secondo obiettivo, ha proseguito, è quello di fare alcuni esempi concreti di questi rischi che esistono sicuramente in vari Paesi «ma che trovano in Italia una dimostrazione assolutamente flagrante che sta semplicemente nella concentrazione del potere politico, mediatico ed economico, in una sola persona», il che «da un punto di vista politico, culturale e legislativo sarebbe praticamente impossibile in qualsiasi altra democrazia occidentale».

Il terzo punto riguarda le raccomandazioni che vengono fatte agli Stati membri e in particolare all'Italia riguardo alla «risoluzione del conflitto di interessi e la risoluzione anche della concentrazione in due soggetti del potere mediatico in Italia» nonché ha voluto ribadire la deputata, «la richiesta alla Commissione di attivarsi per fare una legislazione su questo tema». A quest'ultimo proposito ha quindi chiesto al commissario Patten «che cosa la Commissione ha fatto di questa richiesta e che cosa farà visto che questo testo sarà sicuramente adottato».

Roberta ANGELILLI (UEN, I) ha aperto il suo intervento dichiarando che il dibattito non la appassiona affatto, un dibattito il cui oggetto è «un semplice attacco tutto ideologico e pretestuoso» portato avanti da «certa sinistra italiana», «accecata» dalla necessità di mettere sotto accusa il Presidente del Consiglio italiano, quindi il Governo tutto. Secondo l'oratrice, si tratta di una «relazione inquisitoria» dedicata particolarmente all'Italia, con l'unico scopo di screditare l'Italia stessa, nell'ambito del «finto moralismo di questa sorta di continua crociata antitaliana» supportata anche da certi deputati della sinistra europea che si sono distinti nel corso del precedente semestre di Presidenza e che sono divenuti ancor più noti dopo, perché sospettati dai loro compagni di partito di aver apposto firme false nel registro delle presenze.

La deputata ha affermato di non voler accettare lezioni di moralismo di chi non ha avuto il coraggio di mettere sotto accusa la Commissione per lo scandalo di Eurostat e ha fatto riferimento al «conflitto di interessi» del Presidente della Commissione, che al tempo stesso è leader dell'Ulivo in Italia, circostanza che ha finito per danneggiare l'immagine stessa dell'Esecutivo.

Il Presidente Gerhard SCHMID ha ricordato come non ci sia alcuna prova sul fatto che dei deputati abbiano posto firme false. Pasqualina NAPOLETANO (PSE, I) è intervenuta chiedendo a chi si riferisse Roberta Angelilli e che recasse delle prove a sostegno delle sue affermazioni: «questo non è accettabile», ha detto la deputata, chiedendo di fare i nomi.

Koenraad DILLEN (NI, B) ha esordito affermando che, a differenza di altri colleghi non italiani alla commissione «che fanno parte della sinistra che moralizza», egli non si immischia «negli affari interni di un membro sovrano dell'Unione europea», precisando che non è sua intenzione «lanciare accuse ai membri di un Governo legittimo» e che si limita a «constatare con quanta ipocrisia i campioni dello sdegno selettivo danno lezioni di democrazia al Governo italiano». L'oratore ha quindi voluto dare «un consiglio» alla relatrice: indagare sul modo in cui l'opposizione in Belgio «viene boicottata sistematicamente dalla televisione pubblica».

La relatrice, ha proseguito, «potrebbe scoprire come il Primo ministro abbia cercato di far avere delle notizie positive sul suo Governo», come la TV pubblica «mantiene il ruolo di vedette del Primo ministro» e «vedrebbe come il Ministro degli Affari esteri ultimamente ha cercato di far sì che la trasmissione di un documentario sulle malefatte della Casa Reale belga non venisse trasmesso». Infine, ha affermato l'oratore, « il Vlams Blok che rappresenta il 18% degli elettori», viene citato in giudizio semplicemente per una divergenza di opinioni. Il deputato ha quindi sottolineato come tutti questi argomenti non figurino nella relazione ed ha concluso che non si tratta «di una relazione equilibrata che si preoccupa davvero di eventuali lacune all'interno dell'Unione sulla libertà di espressione», al contrario si tratta di «un tentativo di intimidazione da parte della sinistra che non riesce a capire che gli elettori italiani hanno votato correttamente».

Anna TERRÓN i CUSÍ (PSE, E) ha fatto notare come, sebbene non appartenga alla sinistra italiana, insieme a molti deputati di altri gruppi si è preoccupata per questo tema. L'oratrice si è riferita alla Carta dei diritti fondamentali che considera il pluralismo come indispensabile elemento per l'adeguato funzionamento della democrazia. La deputata non ha nascosto il disagio che emerge in molti settori dell'informazione e anche in molte parti della cittadinanza rispetto alle informazioni che ricevono dai mezzi di informazione.

L'oratrice ha rilevato come la concentrazione dei media privati in poche mani e il cattivo uso dei mezzi pubblici di comunicazione da parte del potere, rappresentino le due massime preoccupazioni in questo ambito. Secondo la deputata, la normativa comunitaria dovrebbe tener conto della necessità del pluralismo e dovrebbe anche avere degli strumenti per difenderla in modo attivo.

L'oratrice ha ricordato che la commissione per le libertà ha votato la relazione così come ha fatto durante l'intera legislatura: in modo sensato e ascoltando i diversi pareri degli uni e degli altri. La deputata ha chiuso il suo intervento facendo notare come i cittadini spagnoli abbiano dimostrato che quando credono che le informazioni che ricevono sono errate, quando sono sottoposti a una manipolazione, allora reagiscono, il che rappresenta un segnale di ottimismo che dovrebbe essere colto dalle Istituzioni.

Lucio MANISCO (GUE/NGL, I), esprimendosi in inglese, ha manifestato la propria «sorpresa per l'attiva performance» dei colleghi del gruppo dei popolari: Podestà «che improvvisamente ha iniziato a comportarsi come se fosse colto da uno spasmo retorico» », Tajani che «si è trasformato nell'incredibile Hulk» e molti altri membri di quest'Aula che «si sono battuti il petto come King Kong». «Cosa è successo?», si chiesto l'oratore. «Il gentleman a Roma ha dato precisi ordini al suo gruppo», l'ordine di bloccare questa relazione. Questo, ha proseguito, è più che comprensibile e «giustifica anche forme di ostruzionismo», ma chiedendosi se non si è andati troppo oltre le norme e le tradizioni dell'Aula, l'oratore ha aggiunto che «le voci circolano molto rapidamente» in questi luoghi sul rinvio dell'esame della relazione e «toglierla dall'ordine del giorno». L'oratore ha quindi concluso disapprovando questo comportamento «perché io rispetto quest'Aula, le sue tradizioni e le sue regole».

Enric Xavier MORERA I CATALÁ (Verdi/ALE, E), deputato di Valencia, ha sottolineato le relazioni storiche della sua terra con gli italiani. Egli ha affermato che, con la sussidiarietà e grazie anche all'iniziativa della Commissione, si dovrebbe regolamentare la questione del pluralismo nei media e soprattutto la neutralità. L'oratore ha denunciato la situazione nella comunità di Valencia, la cui televisione pubblica, il Canal nou, rappresenta un esempio di come si utilizza in modo parziale una televisione pubblica. La comunicazione non può essere una manipolazione dell'informazione né può essere utilizzata da un partito politico come è avvenuto nella televisione valenciana, ha detto il deputato, che ha ammesso di invidiare un sistema pubblico come quello della BBC.

Mariotto SEGNI (UEN, I), nel prendere la parola a titolo personale, ha affermato che il tema del pluralismo dell'informazione «è un tema europeo e le parole del commissario Patten l'hanno sottolineato profondamente». Ma proprio questo, ha sottolineato, «dimostra che il grande latitante in questo dibattito è la Commissione europea», anche tenuto conto dal fatto che in due anni il Parlamento europeo ha per due volte invitato la Commissione a elaborare una proposta di direttiva e «questo non è stato fatto».

L'oratore ha poi sottolineato che quello in questione «non è un tema né di destra di sinistra ed è riduttivo pensare che si applichi solo all'Italia». In questo Parlamento, ha proseguito, «il tema è stato portato da una risoluzione firmata assieme a me da altri 31 parlamentaridel gruppo del Partito popolare europeo o dei gruppi di destra, perché è molto più profondo dell'Italia» e «riguarda un bene che è di tutta l'Europa e di ogni civiltà». Certo, ritiene il deputato, «in Italia il tema ha superato il livello di guardia: a una televisione pubblica che non è mai sfuggita al controllo dei partiti si aggiunge una televisione privata totalmente in mano politica e del Governo». Ritenendo ciò grave e che, in questo, la relazione abbia ragione, l'oratore ha concluso che voterà a favore.

Mario BORGHEZIO (NI, I) ha esordito contestando le affermazioni di «questa indecente relazione», osservando che la relatrice avrebbe potuto far riferimento ai dati dell'Osservatorio di Pavia. L'oratore ha affermato che, fino a qualche giorno fa, ogni sera sulla televisione italiana si poteva vedere «un'elegante signora rossa che chiamava resistenti i guerriglieri mujaheddin e resistenza gli attacchi agli occidentali». Egli ha fatto riferimento al sistema delle televisioni pubbliche e private italiane «nelle quali pascolano, a centinaia di milioni di compenso, giornalisti di sinistra, mentre i quotidiani dell'estrema sinistra che sparano a zero contro il Governo prendono i soldi dal Governo». In Italia c'è ampia libertà di opinione, ha detto l'oratore, che aggiunto che la relatrice avrebbe potuto scrivere delle «cattive abitudini della magistratura italiana di perseguitare chi esprime liberamente le proprie opinioni». «Una penosa relazione che fa vergogna a questo Parlamento», ha concluso il deputato.

Francesco FIORI (PPE/DE, I) ha esordito affermando che «il bello della democrazia è di poter avere su uno stesso soggetto idee completamente diverse» ed ha continuato sottolineando la sua delusione e amarezza in merito alla relazione, «sia sotto l'aspetto tecnico che sotto l'aspetto politico».

Sotto l'aspetto della tecnica giuridica, ha precisato, «rappresenta quasi un abuso della procedura parlamentare» citando fatti e persone «spesso a sproposito, senza alcuna prova a sostegno delle affermazioni gravi che descrive». Inoltre, utilizza soggetti terzi come fonte autentica di informazione «senza aver espletato una corretta procedura di assegnazione d'incarico come da regolamento», dà valutazioni gravi su Paesi che ancora devono divenire soggetti attivi della nostra Istituzione «senza prove a sostegno», non tiene in adeguato conto le valutazioni espresse dalle competenti commissioni per parere, «viola un criterio base della nostra attività giuridica, la sussidarietà soprattutto per gli aspetti legislativi» e arriva a censurare Parlamenti nazionali. A sostegno di queste affermazioni, l'oratore ha quindi sottolineato come lo stesso Presidente del Parlamento, Pat Cox, in risposta ad una lettera di Guido Podestà afferma che, anche se ricevibili, «alcune parti del testo necessitano modifiche in modo da rispettare pienamente la pratica parlamentare e le nostre regole interne».

Sotto il profilo politico, ha proseguito, «purtroppo tutto questo passa in secondo piano rispetto alla volontà dello scontro politico fondato sulla calunnia» e questo per un parlamentare «che ama la politica e lo ritiene strumento insostituibile per costruire una società migliore, è un fatto veramente grave». Secondo il deputato «relazioni come questa e l'utilizzo delle Istituzioni come strumento a fini elettorali colpiscono al cuore la nostra Istituzione» ed ha concluso affermando che «divenire il teatro di dispute nazionali a scopo elettoralistico danneggia mortalmente il futuro di questa Istituzione e mina le fondamenta e la sua credibilità presso i cittadini europei».


Pia Siitonen
(Strasburgo) Tel.(33-3) 881 73612
(Bruxelles) Tel.(32-2) 28 41498


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 Il Manifesto    - 25-04-2004

Blob attack
di MARIUCCIA CIOTTA

I situazionisti di Blob si sono risvegliati con i loro «beep beep» all'attacco della censura. Ieri il programma ideato da Enrico Ghezzi e Marco Giusti si è adeguato all'interpretazione del regolamento sulla par condicio in campagna elettorale e ha montato la sua opera d'arte televisiva secondo la lezione di Guy Debord. Blob si è fatto esplodere in strisciate di luce grigia e nera, schermo oscurato e scariche di suoni a coprire l'indecenza Rai. La pratica contro i codici di autocensura è già stata sperimentata con successo nella Hollywood maccartista e adesso non ci resta che irridere i compilatori di regolamenti che con il bilancino misurano immagini e parole. Durante le elezioni precedenti, Blob condicio aveva aggirato l'ostacolo, cinque secondi a Berlusconi cinque secondi a D'Alema tra le schegge di un match metaforico. Ma questa volta i censori si son fatti furbi e hanno detto no - nei programmi «d'intrattenimento» - a qualsiasi citazione di partiti politici, compreso, pare, Cosa Nostra, che allude troppo ai palazzi del potere tanto che è stata cancellata anche la puntata di Blu Notte dedicata alla mafia. Ieri sera l'intestazione «Censurai» diceva così di quel covo di sovversivi annidati su Raitre e dei loro metodi di sganciamento emozionale dalla follia derivante dalla par condicio. Pensata per porre freno all'«anomalia italiana» in fatto di pluralismo dell'informazione - denunciata da Strasburgo - la par condicio si torce ora contro i soggetti da tutelare in una spirale dell'assurdo. Su questo terreno però Blob l'avrà sempre vinta. Neppure il direttore generale Flavio Cattaneo, manager consumato, potrà competere con le iperboliche invenzioni dei blobbisti che dopo il «Vota Pacciani» minacciano adesso un «Vota John Wayne» così da trasformare l'oggetto censurato in un pugno allo stomaco del palinsesto pubblico. Quel «beep beep» farà da sirena d'allarme in queste elezioni dominate dalla propaganda disperata dell'ex signore della comunicazione, l'uomo dell'happy end iracheno rinviato a oltranza. Per mettersi in mostra, il Cavaliere ha dato ordine di ripulire il video da ogni presenza irriducibile al «suopolio» e mena colpi di direttive ammazzaprogrammi ai suoi uomini. Anche lo speciale «Face Off» programmato fuori orario per il 25 notte è stato sforbiciato dai faccia a faccia dei politici tagliando fuori l'involontario contradditorio del presidente del consiglio con Occhetto e Prodi. Resta salvo il filmato dove Nixon si misura con Kennedy. Solo i morti possono dialogare in questa Rai ridotta a pista da ballo del centro-destra. E mentre la battaglia sulla giusta lettura della par condicio infuria - cosa si può vedere? - le immagini si divincolano dalla gabbia censoria, volano di qua e di là, fanno corto circuito. Provocano shock come l'elegante tragica inquadratura di quelle bare ricoperte dalla bandiera a stelle e strisce che parlano di morte, per la prima volta, all'America.

 Rolando A. Borzetti    - 29-04-2004
Il portavoce della lista DiPietro - Occhetto, Antonello Falomi, è intervenuto oggi in aula per dichiarare la posizione contraria dei senatori della lista nei confronti della legge Gasparri sul riassetto del sistema radiotelevisivo.
"Con questa legge Berlusconi e le sue aziende si portano a casa un bel gruzzolo, non meno di 1,2 miliardi di euro (oltre 2.400 miliardi di vecchie
lire), ha affermato il senatore, grazie alla vanificazione di ogni vincolo antitrust, che consente una consistente crescita del gruppo. Si portano a casa altri 600 miliardi vecchie lire all'anno, grazie all'esclusione delle
telepromozioni dai tetti di affollamento pubblicitario.
E mentre sulle aziende di Silvio Berlusconi piovono miliardi, per i pensionati e lavoratori invece piove sul bagnato. State infatti per tagliare 6.000 di euro all'anno per sei anni alla spesa per le pensioni. Ai
lavoratori della FIAT di Melfi, che chiedono salari e condizioni uguali a quelle dei loro colleghi degli altri stabilimenti, avete mandato la polizia.
Alle migliaia di lavoratori dell'Alitalia che rischiano il posto di lavoro avete offerto soltanto risse tra Ministri e nessuna idea di una diversa politica di trasporto. Qui non è in ballo, come qualcuno ha detto in passato, un patrimonio del Paese, è in ballo il patrimonio personale del Presidente del Consiglio, in nome del quale questa legge riduce gli spazi di libertà e di pluralismo di informazione".