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Rivelazioni due

E va mulinando il nostro “ egoarca “ la sua durlindana, menando tremendi fendenti, per il vivere civile di questo Paese, al tempo della nuova campagna elettorale, con un vigore rinnovato da recente restauro, menando a cogliere a destra ed a manca i suoi immaginari nemici di sempre, storicamente estinti in quanto comunisti, che si materializzano però oggigiorno nelle istituzioni, negli uomini, nelle memorie collettive o nelle categorie sociali le più varie, ogni qualvolta i suoi personali interessi vengono ad essere solo sfiorati ma giammai intaccati, che ben riesce il nostro alla loro salvaguardia con la ben schierata falange di infaticabili avvocati-ministro che inadeguatamente curano la cosa pubblica.
E coglie il nostro ogni occasione per divinare e per rendere chiaro il suo verbo a suo dire profetico, non volendo abbandonare la connaturata sua abitudine di improvvidamente parlare di tutto e di tutti, per ricorrere poi alle solite patetiche smentite, ovvero alla gratuita ed ora non più inattesa affermazione d’essere stato sicuramente frainteso.
Ed il nostro non manca occasione alcuna per beffeggiare quella politica che tanto gli ha reso in onori e ricchezze, appagando a pieno l’ipertrofico suo “ io “, donde il non demeritato appellativo di “ egoarca “ rinvenuto in quel tanto meraviglioso e profetico, quello sì, libro di Stefano Benni, e volendo lasciare la sua ferina usta e volendo sempre più meravigliare il popolo suo mediatizzato, in quel del 14 di febbraio corrente si lasciava andare ad una così solenne rivelazione, per quei pochi che ottusamente ed ostinatamente di conseguenza non colgono la finezza del suo parlare, che tanto di esso ben poco potrà un giorno rimanerne, privilegiando alquanto il nostro “ egoarca “ il parlare alla scrittura, di più duratura vitalità e verificabilità:

“ Noi siamo nati per creare una nuova politica, ma purtroppo ci troviamo ancora a dover fronteggiare una politica politicante, alimentata da professionisti del teatrino che non esitano a rendere pubblica anche la più piccola dialettica all’interno della coalizione “.

Esemplare e torva esplicitazione di un primitivo ma sempre elementare e concreto pensiero. A chi giammai avrà potuto pensare il nostro “ egoarca “ ? A quale dei suoi subalterni, impegolato ancora con i riti della tragicomica vetusta politica?
Di quel teatrino a cui il nostro deve più di una sua personale fortuna, che ben altrimenti ne pensano e ne ricordano osservatori anche più lontani fisicamente e nella prassi dalle cose di questo derelitto Paese, e che non ne fanno mistero alcuno avendo assistito esterrefatti alla di lui personale ascesa politica.
Afferma infatti Gilles Martinet, già ambasciatore francese in Italia, in una lunga intervista al quotidiano tanto inviso al nostro, “ l’Unità “ del 21 febbraio 2004 :

“ ( … ) Fin dalle prime battute di Mani Pulite, i francesi hanno cominciato ad associare il personaggio Berlusconi con l’Italia della corruzione: da allora, la sua faccia furba e quasi sempre sorridente continua ad ispirare la più totale diffidenza.

Quando poi è avvenuta la sua entrata in politica, tutti in Francia l’hanno trovata abbastanza incomprensibile, per almeno due ragioni.

Anzitutto, perché gli uomini d’affari del nostro paese non hanno l’abitudine di rappresentare personalmente i propri interessi sulla scena politica nazionale, e d’altronde anche il Italia i maggiori esponenti del potere economico si sono generalmente attenuti alla regola di esercitare un’influenza, ma senza assumere responsabilità dirette.

Nella logica francese, la scelta di Berlusconi aveva tutta l’aria di un gettare la maschera di fronte ad una situazione altrimenti indifendibile.

In secondo luogo, ha suscitato grande perplessità che l’uomo legato ai socialisti di Craxi si sia proposto come il capo di una coalizione destinata a riunire tutte le componenti della destra italiana.

Ciò ha confermato l’impressione che l’entrata in politica di Berlusconi non corrispondesse ad alcuna esigenza d’interesse generale, ma semplicemente ad un suo personale stato di necessità: al bisogno di far apparire ogni inchiesta giudiziaria a suo carico come il frutto di una persecuzione politica. ( … ) “



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 Gianni Mereghetti    - 25-02-2004
Facendo riferimento all’“Elogio della follia” Berlusconi si presenta agli italiani come un moderno Erasmo da Rotterdam, capace di prendersi il coraggio di lanciare i suoi strali contro il conformismo che domina il paese, dal mondo politico a quello del calcio. Il premier per rafforzare la sua posizione sostiene che la follia è la forza vitale creatrice e che da lì nasce il suo anticonformismo.
Non mi pare che le cose stiano proprio così, anzi io direi che la provocazione della rissa sia profondamente conformista, tant’è vero che tutti la cercano: basta vedere lo spettacolo che danno ogni giorno i politici o le trasmissioni televisive calcistiche, che si diversificano solo per i contenuti, non per i modi e i toni che sono del tutto identici.
Per questo, se si vuole far riferimento a Erasmo bisogna avere il coraggio di dire che il vero folle oggi non è il provocatore, colui che alimenta appositamente le risse, ma chi dialoga e costruisce!