La Scuola risponderà
Precarius - 26-01-2004
I progenitori della nostra cultura, nel tempo, erano riusciti ad evolvere diverse forme positive e negative dall’etimologia mens-itis; quindi ad assegnare un significato stabile e complesso alle diverse forme del mentire. Mentiri, dall’originale rappresentazione dell’immaginifico, variava per significare “mentire consapevolmente”. Erano poi capaci di distinguerlo, nell’uso quotidiano da mendacium dicere, “dire cosa falsa senza volerlo”. Ora, abbiamo una versione più o meno conclusiva (vera) del Decreto legislativo e possiamo finalmente discriminare tra le dichiarazioni/interpretazioni ministeriali o presidenziali e ciò che realmente il testo dispone. Spesso, il DL risulta “intelligentemente” modificativo in relazione al “superiore” mandato di esercizio delega della Legge 53. Al massimo, però senza discostarsi assolutamente dall’ambito del “mentiri”, si può riconoscere all’articolazione del linguaggio del Ministro, quando deve rispondere a domande poste a bruciapelo, una certa dislalia sillabica, dovuta ad una effettiva difficoltà ad imbellettare disposizioni oggettivamente invasive, del sistema scolastico attuale, in provvedimenti rispettosi dell’esistente. Ma oltre non può essere concesso. Attenuanti generiche, che troppo spesso le vengono imputate in questi giorni, di ignoranza di diritto scolastico, goffaggine organizzativa, o amenità simili, finiscono per deresponsabilizzare la portata di provvedimenti molto precisi, tendenziosi, ”dinamici”, spesso lungimiranti nei proponimenti che perseguono. Oggi, le finalità di una riforma della scuola sono le stesse di ottant’anni fa. Naturalmente non dal punto di vista dei contenuti o degli obiettivi, ma dell’aseità stessa che l’azione ideologica riformatrice intraprende. Storicamente e materialmente, tutte le strutture politiche che riescono a determinare una connotazione precisa ad una collettività cercano di principiare la Scuola al loro servizio. Meglio non essere ipocriti in questo. I sistemi politici, da quelli turbocapitalistici a quelli democratici, da quelli liberali a quelli fascisti, da quelli liberisti a quelli libertari, si sforzano di formare cittadini pronti a rispondere alle proprie esigenze, capaci , in definitiva di credere nei valori delle proprie ideologie. E’ chiaro che quello a cui assistiamo in questi giorni nei diversi comparti dello Stato e nelle Autonomie costituzionalmente individuate, delinea un processo complesso, a 360°, che passa attraverso una destrutturazione e una riformulazione dell’esistente sistema democratico che viviamo. Ma il servizio scolastico di una collettività, riveste una dimensione superiore agli altri servizi, perché ne costituisce la base, è fondamentale per il canovaccio sociale, presente e futuro; non possiamo dimenticare o sottoconnotare questo punto di partenza per qualsiasi disamina della riforma in corso. Allora, lo stupore che nasce nell’ascoltare stridenti menzogne tipo quelle sul Tempo Pieno, ormai quotidianamente, non deve lasciare posto allo sgomento, ma a convinte reazioni. Per le realtà più esposte del sistema scolastico italiano, per i docenti precari, per gli alunni disabili, queste situazioni sono all’ordine del giorno da decine d’anni. Si vive sempre in difesa, aggrappandosi continuamente all’esistente, perché basta l’interpretazione di una semplice circolare, nell’attuale sistema scolastico a mettere in crisi delle vite.
Quindi ora che il modello mercatale nella Scuola sta producendo uno scempio di riforma, bisogna essere ancor più determinati. Non è un caso che si stravolgano Istituti fondamentali compensativi nella formazione e nell’istruzione, privilegiando, di contro, l’amplificazione delle individualità. Si smantella la scuola statale non solo nell’organizzazione delle applicazioni dei valori costituzionali della Repubblica, addirittura pianificando rigide divisioni di classe attraverso le capacità economiche delle famiglie, ma sottraendo continuamente strumenti e risorse economiche. Per Washburne fu estremamente facile defascistizzare i programmi ispirati all’idealismo di Radice e alla "concretezza" dei gerarchi fascisti, schietti com’erano del credo che veicolavano. ”Libro e moschetto fascista perfetto”, oppure “Credere obbedire, combattere”, erano “principi” che saltavano agli occhi di tutti. Invece, gli affari stile domanda-offerta, tipici dell’impostazione mercatale, celati nella Legge del 28 marzo 2003, sono più subdoli. Spesso sono mascherati da intenti nobili, ma caratterizzati da evidenti forzature della normativa vigente. Da questo punto di vista un ufficio legale può pescare a piene mani.
Infatti, è molto probabile che sin dal primo giorno, dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, questo Decreto verrà impugnato (da diverse Regioni) soprattutto per le questioni costituzionali attinenti il nuovo Titolo V della Costituzione. Ma c’è da sperare anche in una risposta diretta della Scuola in tal senso. Una reazione animata non solo da aspettative giuridiche, ma soprattutto da reale passione civile. Inoltre è condotta da genitori e sindacati, quindi è forte nella rappresentatività che ostenta. L'intento primo è quello di bloccare con tempestività il Decreto, ma anche avviare finalmente una comunicazione con chi rifiuta ogni confronto. In proiezione, oltre che per la legittima azione legale contro le anticipazioni delle iscrizioni, resta fondamentale il ricorso al TAR,
(Organizzazioni Sindacali), che avversa la Circolare ministeriale. E’ importante procedere sulla Circolare anche per cercare di tracciare il solco iniziale di un percorso di chiarezza istituzionale della Scuola che appare in questi giorni mutevole, pronto ad un viaggio “federale” verso prospettive nebbiose, fino ad oggi sconosciute.
E’ da sottolineare il fatto che i contenuti di questo primo Decreto legislativo hanno prodotto, a distanza di pochi minuti dall’approvazione in Consiglio dei Ministri, l’immediato stato di mobilitazione (unitario CgilScuola-CislScuola-UilScuola) di tutto il personale della Scuola.
La Gilda, i Cobas, i Cub con gli Unicobas, lo Snals si preparano allo sciopero generale invitando tutti ad una coordinazione unitaria sul territorio.
Non è difficile ipotizzare che a breve seguiranno numerosi comunicati sindacali di mobilitazione da parte delle altre realtà associative dell’istruzione.
Si sta vivendo un processo storico importante, si prepara lo sciopero più imponente della storia della scuola.
Non si sciopererà per lo stipendio, ma per tutelare aspetti fondamentali della Costituzione della Repubblica. Valori che si approfondiscono, si strutturano quotidianamente nel lavoro in classe con gli alunni.
Anche se ne avevamo sentore da oltre un anno, in queste ore assistiamo alla riprova concreta del fatto che la riforma Moratti, con l’iterazione promozionale continuata di cui ha goduto, è stata capace di risvegliare bruscamente, da un torpore patologico, la risposta immunologica della collettività scolastica.

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 ilaria ricciotti    - 25-01-2004
Bisogna pretendere l'abolizione di questa riforma, ricorrendo, oltre alle mobilitazioni in ogni angolo d'Italia, anche al TAR. La Costituzione non può essere smantellata a suon di Decreti.
Questa riforma imperiale, "non s'a dattuare".
Gli errori volutamente espressi stanno a significare che se essa passerà l'italiano sempre meno s'imparerà.
Come faranno ad esempio gli insegnanti di Materie Letterarie a far acquisire abilità e saperi con 9 ore? Non si riusciva a combinare molto con 11 ore, figuriamoci con 9! E gli insegnanti di Ed. Tecnologica con 1 ora cosa insegneranno?
Queste sono alcune delle "bellissime innovazioni" della riforma partorita da questo governo.
No. Non si può lasciare alle nuove generazioni una scuola che non possiede più nulla delle connotazioni per cui sono state intraprese in questi anni molte lotte perchè essa migliorasse e non fosse catapultata indietro di secoli.
Genitori, sappiate che, se non siete stati soddisfatti dalla scuola precedente, con questa scuola, in cui si riducono ore a diverse materie, i vostri figli riceveranno lo stesso un diploma, ma quello di asini.
Parola di ex insegnante.

 Roberta Roberti    - 27-01-2004
Sono convinta che ci siano diversi modi per rispondere a questo decreto, ottenendone l'abrogazione. Ci sono la via dell'incostituzionalità percorsa dalla regioni, e la via dell'eccesso di delega per le faccende del tutor,che interferisce con la questione contrattuale, e dei piani personalizzati, che non comparivano nella legge 53/03, promossa dai sindacati.
Ma c'è anche un'altra strada, senza dubbio più impegnativa, che passa per il coinvolgimento diretto delle famiglie ed impegna gli insegnanti a riflettere sulla loro metodologia didattica e pedagogica e ad informarne adeguatamente le famiglie stesse. Questa strada potrà rendere palesi le bugie raccontate dal ministro Moratti alle famiglie italiane e scoprire quelli che sono i veri fini di questa destrutturazione del servizio pubblico.
Le informazioni devono riguardare due versanti: quello della lettura molto dubbia del decreto, e quello ormai ineludibile di una seria riflessione sulla metodologia pedagogica e didattica.
Partiamo dal decreto. Se è vero che tutti possono avere le 40 ore settimanali gratuite, il servizio non potrà essere garantito con l'organico attuale, neanche liberando docenti grazie allo smantellamento del Tempo Pieno in tutte le cinque classi fin dal 2004/05 come recita la lettera del Ministro ai suoi cari docenti. Oltretutto, resta comunque chiaro che se anche ci si salvasse per un anno, nel 2005/06 gli organici sarebbero assegnati certamente solo sulle 27 ore obbligatorie. Il resto? A pagamento? E di chi? Gratuito? E come, direbbe Tremonti...
Ultima nota: non è nemmeno possibile prevedere un aumento dell'organico, visto che il decreto pone come limite invalicabile il numero di posti attivati per quest'anno.
Si tratta di complicate ingegnerie scolastiche, perversioni per chi non le vive ogni giorno. I genitori, molto più saggiamente, si interessano invece di come stanno a scuola i loro figli, chiedono che i loro insegnanti li conoscano, sappiano chi sono e non solo quello che sanno.
Dobbiamo spiegare loro che il Tempo Pieno è stato pensato e realizzato proprio per rispondere alle esigenze della relazione come elemento fondamentale nei processi di apprendimento. Dobbiamo soprattutto far loro capire che non difendiamo solo la nostra dignità professionale, ma soprattutto la qualità della scuola pubblica, perchè se non si lavora in una scuola di qualità si ha ben poca dignità professionale da difendere.

 Luigi Penna    - 27-01-2004
Cari amici, il vocabolo ricorrente da utilizzare in questi momenti difficili, è "SELVAGGIO", perchè selvaggi sono "LORO" che propongono una rifoma scolastica basata esclusivamente sul meno. Meno matematica, meno..., meno .. meno.. tutto FINO alla sparizione totale della classe di concorso A033 "EDUCAZIONE TECNICA". Visto che nessun canale televisivo ne parla, la lotta deve essere Selvaggia