Il Campione
Emanuela Cerutti - 03-12-2003
Riceviamo in Redazione la segnalazione di un intervento apparso sul "Riformista" del 20 novembre ultimo scorso.
La firma è di Vittorio Campione, esperto di sistemi educativi ed ex-segretario dell'allora ministro Berlinguer, oggi assunto a notorietà come sostenitore delle pratiche bipartisan.
Seguendo un filone interpretativo diffuso da qualche tempo in campo socio-analitico-psicologico, per il quale gli inseganti sono al limite del burn-out, demotivati, addirittura incapaci di fare il loro mestiere come ha recentemente affermato senza pietà lo stesso Umberto Galimberti, Campione propone una rivoluzione organizzativa, che vorrebbe innalzare le cadute sorti della categoria.
A noi, però, pare che cancelli tout-court l'immagine di scuola, per disegnare con chiarezza i confini di quell'azienda "qualitativamente" connotata che la Riforma esplicita.
Leggere per credere



Scuola. per una nuova organizzazione del lavoro
BASTA GRADUATORIE, LIBERO MERCATO PER I PROF

di Vittorio Campione

Gli insegnanti sono un po’ come i giocatori di una grande squadra retrocessa in serie B (o forse addirittura in C): è possibile tornare in alto con questa squadra? E in quanto tempo?
Senza ripetere le cifre che ormai tutti conoscono (e che si riassumono dicendo che sono tanti, pagati poco e che lavorano con gli studenti assai meno dei loro colleghi europei), la questione del numero degli insegnanti va affrontata in termini non solo quantitativi.
Con gli insegnanti bisogna stringere un patto esplicito e trasparente: in cambio della rinuncia all’organizzazione del lavoro attuale e all’autoreferenzialità nella valutazione, ottenere un aggiornamento costante e individualizzato, un’organizzazione del lavoro flessibile e affidata in larga misura alla loro professionalità e alle loro scelte e soprattutto la certezza di più risorse per sé e di maggiori investimenti.
Occorre differenziare sensibilmente la funzione docente. Spiegare, fare verifiche orali e scritte, assistere gli allievi eccellenti e quelli in difficoltà, accompagnarli nelle molte attività che devono intrecciarsi con il lavoro in classe, sono alcune delle funzioni oggi tutte riunite in un’unica persona che, ovviamente, ne fa una o due bene o discretamente e le altre male.
Per molte di queste funzioni non occorre probabilmente un concorso: si tratta
semplicemente di assumere chi è necessario per organizzare l’offerta formativa e il piano didattico che la scuola ha deciso.
La modifica dell’organizzazione del lavoro comporta anche la abolizione delle supplenze: se un docente è assente un giorno o una settimana gli allievi faranno un’altra attività fra quelle che si svolgono a scuola quel giorno, con altri compagni e altri docenti in una scomposizione dei gruppi classe che deve progressivamente diventare la norma.
Attraverso questo percorso si giunge, in modo probabilmente meno traumatico, alla modifica dei meccanismi di assunzione. Gran parte delle figure chiamate a svolgere una funzione docente di supporto possono e forse dovrebbero essere ricercate all’interno dell’offerta di personale qualificato anziché nelle graduatorie. La scuola decide di chi ha bisogno e la scuola cerca, seleziona, assume. Per quanto riguarda gli altri è evidente che va organizzata una lunga e complessa fase di transizione, che deve e può, avere punti fermi.
Quasi un terzo degli attuali docenti va in pensione entro i prossimi anni e provare ad affidare alle scuole il reclutamento di quanti andranno in pensione nei prossimi anni sarebbe già un modo per cominciare a trasferire alle scuole autonome un compito che non può che esser loro. Con criteri, certo, con trasparenza e controlli, ma senza gli automatismi dei punteggi.
Il secondo punto fermo riguarda la formazione. Il nodo è nel vincolo tra formazione e reclutamento delineato e proposto nel progetto originario che nella scorsa legislatura diede vita alle Siss. Queste dovevano essere l’unico canale di reclutamento di personale che automaticamente, una volta abilitato, sarebbe entrato in ruolo: fine del precariato. Il combinato disposto della corporazione e del governo ha alterato questo progetto. E’ rimasta solo, e non dappertutto, la qualità.
La formazione impartita in queste scuole ha come punto di forza la (rivoluzionaria) collaborazione tra mondo universitario e scolastico (universi che non si sono mai parlati). A valle di tale cooperazione si colloca la possibilità di fare un periodo di tirocinio affiancando un docente “esperto” e l’organizzazione di laboratori, come luogo in cui progettare percorsi didattici e imparare a programmare in collaborazione con altri colleghi. E’ evidente che un percorso di questa natura conduce a un nuovo stato giuridico degli insegnanti.
Bisogna infine rompere il circolo vizioso. Fare prima le innovazioni e poi pagare di più i docenti o viceversa? Le risorse vanno affidate alle scuole e in maniera consistente, sulla base di un piano nazionale che finanzi l’innovazione sia dei percorsi formativi che delle metodologie e dei contenuti. Decideranno poi le scuole come utilizzare quelle risorse.

interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 ilaria ricciotti    - 03-12-2003
Che cosa il campione abbia imparato dall'esperienza fatta con l' ex Ministro Berlinguer, non l'ho proprio capito! Molto probabilmente l'autonomia l'ha scambiata per libera concorrenza. Con una differenza però che l'autonomia voluta da Berlinguer presupponeva ingenti fondi per la scuola pubblica, mentre oggi la nostra scuola pubblica, con la controriforma in atto, diverrà la cenerentola delle scuole private. Questo forse il campione l'ha dimenticato?
La scuola non è un mercato,
e chi ci sta dentro non può essere bistrattato.
Ciò che si propone oggi per la scuola,
è anacronistico, fuori luogo e per gli alunni una "sola".

 Anna Pizzuti    - 03-12-2003
Dice Campione: Per molte di queste funzioni non occorre probabilmente un concorso: si tratta
semplicemente di assumere chi è necessario per organizzare l’offerta formativa e il piano didattico che la scuola ha deciso
.

Vediamo se ho capito bene questo campione di pensiero: il lavoro dell'insegnante deve essere parcellizzato (vetero-taylorismo: un pezzetto lo faccio io, un pezzetto tu, un pezzetto l'altro ancora, a catena) quindi bisogna assumere manodopera (a basso costo, sicuramente) in base all'offerta formativa della scuola: ma questa offerta chi la fa? La scuola. Ma chi è la scuola? Gli insegnanti? Il dirigente? Il consiglio d'amministrazione? Composto dalle famiglie?
Ma ci rendiamo conto di quello che stiamo dicendo?

Che poi, se questo campione ha deciso di diventare più realista del re (Bondi docet), dovrebbe anche essere più accorto. Se lo ricorda che nel documento del buonsenso ha tessuto le lodi dell'insegnante tutor? Quello che con una mano insegna, con l'altra fa cinquecento piani per alunno, con l'altra scrive il portfolio dettato dalle famiglie, con l'altra coordina, con l'altra orienta?

Campione, in questo articolo, attribuisce ad un solo insegnante tutto quell'insieme di azioni che debbono scaturire dalla collegialità, dal consiglio di classe, quelle che dobbiamo, dovevamo, costruire insieme. Come scuola, maledizione.
Come dobbiamo, dovevamo, fare in modo che i "progetti" altro non fossero che occasioni, attività, parti integranti del nostro fare scuola. Non un'aggiunta, un di più.

Gran parte delle figure chiamate a svolgere una funzione docente di supporto possono e forse dovrebbero essere ricercate all’interno dell’offerta di personale qualificato anziché nelle graduatorie.

Funzione docente di supporto. Ecco che si comincia a capire anche il senso delle proposte di legge sullo stato giuridico.Ma che cosa è "di supporto" nella scuola? Chi lo decide? Se sto in classe ad insegnare, da sola con i ragazzi, o se organizzo tre giornate di studio di tutte le quinte sul 16 ottobre del '43 insieme ai colleghi di storia e di diritto, quale è il momento alto e quello basso? Quale è il supporto?.

E poi, questo personale qualificato, che "qualifica" dovrebbe avere diversa dalla mia? Io organizzo e chiamo qualcun altro ad eseguire, facendogli magari in P.I.P?

A valle di tale cooperazione si colloca la possibilità di fare un periodo di tirocinio affiancando un docente “esperto” e l’organizzazione di laboratori, come luogo in cui progettare percorsi didattici e imparare a programmare in collaborazione con altri colleghi. E’ evidente che un percorso di questa natura conduce a un nuovo stato giuridico degli insegnanti.

Ma il "tirocinio" non è qualcosa che si fa per poi iniziare a svolgere la professione? O si prevedono tirocinanti a vita? Secondo campione pare proprio di sì. Altrimenti perchè accosterebbe a questa figura, l'esigenza del nuovo stato giuridico?

Si rende conto, Campione, dei rischi che corre, lui che sta facendo ormai il tirocinante della Moratti?

 vincenti salvatore    - 09-12-2003
Mi chiedo quale mestiere fa il Campione.Se è un giornalista non merita risposta perchè costoro sono tuttologi del niente:non sanno quasi mai nulla dei problemi inerenti i loro articoli che non sono mai frutto di una seria indagine ma esprimono opinioni di "moda". Se è un insegnante perchè fa ora il giornalista disertando dalla professione più bella ma anche la meno pagata.Se è un insegnante e fa anche il giornalista mi chiedo dove trova il tempo per fare bene ambedue professioni.
In conclusionie:da quale pulpito viene la predica.

 pasquale sofi    - 27-03-2008
solo oggi leggo questo articolo e mi conforta il fatto che qualcuno crede che la scuola italiana debba essere ridisegnata dalle sue fondamenta a partire sia dagli epistemi disciplinari, logori e ottocenteschi, che da una nuova definizione della funzione docente. Punto focale è la restituzione della scuola alla sua dimensione pedagogico didattica. Il dirigente scolastico deve tornare a fare il preside ovvero il leader didattico della scuola, guida dei docenti e responsabile della scuola con compiti di controllo degli stessi insegnanti anche con l'ausilio di un rinnovato corpo ispettivo. A sua volta deve essere controllato da un nucleo ispettivo.
Si sta costruendo invece una figura di responsabile della scuola del tutto inutile come la nuova figura di ispettore configurata nell'ultimo bando di concorso