Nassiriya
Giuseppe Aragno - 19-11-2003






Ora ch’è tutto finito
e l’avete mentito
il dolore, lasciatelo ai parenti,
tornate ai vostri affetti. Indifferenti.
Noi soldati in campo avverso, trucidati,
iracheni e italiani, dilaniati
per il petrolio che chiamate pace,
ora che finalmente tutto tace,
siamo vento nel vento,
un flebile lamento
che s’allunga, un’eco che svanisce,
fa silenzio, zittisce.

Abbiamo dio davanti. Dio adirato
come noi: dio ferito e ingannato,
crocefisso intristito e musulmano,
che non sa d’esser arabo o cristiano,
dio che rinnega la terra,
dio che odia la guerra,
dio ribelle ateo, laico e pacifista,
ch’è stato di nascosto guevarista,
che una fede feroce
nuovamente oggi inchioda alla sua croce.




Napoli, 18-11-2003

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 Fuoriregistro    - 21-11-2003
Da Nassirya a Istambul: forse è l'avvio di una guerra di religione?



Nedim Gürsel, scrittore turco che da trent'anni vive a Parigi (tra le sue ultime opere, Le Roman du conquérant e Les turbans de Venise, editi da Seuil, in Italia ha pubblicato da Feltrinelli, Pironti e Ananke), nei suoi libri ha sempre avuto al centro il rapporto tra oriente e occidente, tra Istanbul e Venezia oppure nei Balcani. Oggi, di fronte agli attentati che scuotono il suo paese, si dice «profondamente inquieto, sorpreso per la loro ampiezza».

Perché la Turchia è nel mirino?

La Turchia è il solo stato laico della regione, anche se ha ora un governo che proviene da un movimento islamista. Questo governo, anche se io conservo una posizione critica nei suoi confronti, ha espresso in modo chiaro l'intenzione di entrare in Europa, non fa riferimento all'islam ma si dice democratico-conservatore. Mi chiedo quindi se dietro questi attentati non ci sia da parte dell'islam radicale, Al Qaeda o altri, una volontà di punire la Turchia. L'esperienza turca è interessante: un governo che proviene da movimento islamico ma che manifesta un desiderio d'Europa e più che altri governi in precedenza ha fatto della riforme nell'obiettivo di rispettare i criteri di Copehagen.

La guerra in Iraq può avere un ruolo?

L'Iraq è vicino. Il parlamento turco ha votato l'invio di truppe, 10mila soldati, anche se poi la decisione è diventata caduca. Gli attentati sono stati ben preparati, ieri era l'ultimo giorno del Ramadan e la settimana prossima ci sono delle feste. Era un giorno adatto per fare le compere. Sono attentati che mirano a fare più vittime possibili. Il consolato britannico una volta era l'ambasciata del Regno unito, cioè del paese occidentale più decisivo un secolo fa. Occupa uno spazio importante nel quartiere occidentale di Istambul. E' un simbolo che è stato colpito. Per fare ciò ci vuole un'organizzazione potente. L'idea, secondo me, è di destabilizzare la Turchia.

Una settimana fa c'è stato l'attentato alle sinagoghe...

Colpire le sinagoghe è una cosa, un'altra gli interessi britannici. Nel senso che l'attacco agli interessi britannici può essere insertito nel contesto della guerra in Iraq, mentre la comunità ebraica di Istanbul viveva in perfetta armonia, si tratta di sefarditi che erano stati obbligati a lasciare la Spagna nel 1492, dopo la caduta di Granada e che avevano trovato rifugio nell'impero ottomano. Negli anni `50, molti erano partiti per Israele, ma è rimasta una comuntià intorno alle 20mila persone. Perché le sinagoghe? Forse per opporsi alla politica turca verso Israele? Ci sono accordi militari, decisi però da governi precedenti e l'attuale governo Erdogan vuole rivederli. C'è gente che vuole precipitare le cose, spingere alla rottura dei rapporti con Israele.

C'è quindi un legame tra la volontà turca di entrare nell'Unione europea e questi attentati?

Vogliono punire la Turchia, perché non riescono a situarla. Tre giorni fa, degli uomini d'affari turchi sono stati invitati a Berlino da Gerard Schroeder, che ha detto: dite a Erdogan che sta facendo bene, che non ci aspettavamo riforme così radicali e così in fretta. Schroeder ha evocato la possibilità di fissare una data per l'inzio dei negoziati di adesione della Turchia all'Unione europea, se il governo continua nelle riforme. Ma un governo emanazione di un movimento islamista che ha oggi questa immagine in Europa pone un problema all'islam radicale. Per i fondamentalisti, c'è un paese islamico che esprime un desiderio d'Europa, che va verso la democratizzazione. Non mi fraitendere: ho sempre pensato che la democrazia e l'islam non fossero conciliabili e lo penso ancora. Ma il governo turco sta cercando la strada della democratizzazione. Per i radicali, invece, è lo scontro che conta. Il fondo della questione è che il governo sta creando uno spazio politico dove vengono rimesse in causa le condizioni dello scontro.

Siamo al problema del rapporto tra islam e modernità?

Si'. Anche se poi posso dire che non credo alla sincerità del governo turco di essere europeo, visto che l'Europa è la sola via d'uscita per esso per contrapporsi al potere dell'esercito, che è contro l'Europa. Ma non importa: anch'io voglio che la Turchia entri in Europa. Per i radicali, allora, bisogna punire, desrtabilizzare, creare caos. Difatti, se la Turchia inizia i negoziati per entrare nell'Unione europea sarà il solo paese islamico candidato a medio termine. E' una grande cosa, non solo dal punto di vista politico, ma anche culturale: vuole dire che l'islam è compatibile con i valori occidentali, cioè che un paese islamico può far parte di un'Unione con valori inventati dall'occidente, cioè i diritti umani. Una cosa che cambia i termini della questione e contro la quale i radicali si battono. Si può chiamare guerra di religione.

Vede un legame internazionale dietro gli attentati?

Non sono stati fatti per caso. C'è stata preparazione, coordinamento, timing. Non si tratta di un gesto sporadico, a una settimana di distanza, 50 morti in piena Istanbul. Ciò presuppone un'analisi inquietante della situazione politica. Degli attentati del genere, anche se vengono attribuiti a dei gruppuscoli turchi, non possono essere stati organizzati senza l'aiuto dall'estero. C'erano stati nel passato alcuni attentati sporadici, per esempio quattro-cinque anni fa era stato ucciso il giornalista Ugur Mumcu, un kemalista, ci sono stati altri casi in cui sono stati eliminati intellettuali influenti e laici. Ma oggi è la popolazione che è presa di mira, un modo per punire i moderati. Questo governo non piace agli islamisti per ragioni evidenti: attentati del genere non avevano avuto luogo con governi precedenti, liberali o socialdemocratici. E' un regolamento di conti tra musulmani.

Anna Maria Merlo per il Manifesto da Parigi