Visione imperiale
Emanuela Cerutti - 05-09-2003
La notizia non poteva non rimbalzare da una parte all'altra, plaudita, coperta, minimizzata, o stigmatizzata, amplificata, sdegnosamente rifiutata.
Difficile non pensare semplicemente che è ora di finirla.
Difficile credere che davanti alla negazione di principi saldi e democratici o alla rilettura particolaristica della storia, incapace di cogliere nessi ampi e conseguenti, si tergiversi, in attesa di una qualche possibile spiegazione.
C'è un limite a tutto, anche alla commedia delle farse e delle barzellette.
Ci sono cose inaccettabili, anche per chi, figlio di una società plurale, mette il rispetto per la diversità al primo posto.
L'impero non c'entra con la democrazia, pure imperfetta e zoppicante: e su questo non si può scherzare.

Il quotidiano Spectator, stamattina difficilmente raggiugibile (too many connections) riporta la lunga intervista al premier di Boris Johnson e Nicholas Farrell , che La voce di Rimini ha tradotto.
Ve la proponiamo con alcuni commenti - stampa: parliamone e troviamo soluzioni che vadano oltre le parole.
In corsivo le parti che divergono leggermente dal testo inglese, per dovere documentario.







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 Riccardo Barenghi    - 05-09-2003
ELEZIONI ANTICIPATE



Adesso uno che scrive, che dice, cosa urla? Possiamo gridare al regime, di più al fascismo, di più, alla pulizia etnica dei magistrati, dei comunisti, degli ex comunisti, dei giornalisti, possiamo chiedere che si dimetta seduta stante, possiamo dire all'opposizione che deve disertare il parlamento, incatenarsi intorno a palazzo Chigi anche la notte. Possiamo suggerire ai movimenti di scendere in piazza un giorno sì e l'altro pure, invitare i sindacati a convocare uno sciopero generale a settimana, sperare che il paese intero si paralizzi. Possiamo e infatti lo facciamo. Ma ammesso e assolutamente non concesso che tutto questo si facesse, sarebbe comunque una reazione certamente sacrosanta ma tutto sommato interna al gioco politico che conosciamo e che però è ormai totalmente inadeguato alla bisogna. Perché siamo in una stagione radicalmente nuova, un qualcosa che negli ultimi 58 anni mai abbiamo conosciuto.Non è un colpo di stato, forse non è neanche una dittatura strisciante. Sarebbero comunque dinamiche politiche, ovviamente drammatiche e sanguinose, ma conosciute e contro le quali si può reagire in varie forme, a cominciare dalla resistenza armata. Il problema invece è che viviamo in una democrazia formale ma ormai non più sostanziale. Dove chi ha preso il potere attraverso elezioni (truccate dal maggioritario) non solo è inamovibile ma riesce a fare e a dire cose che non dovrebbe essere consentito a nessuno - figuriamoci al presidente del consiglio - neanche di pensare.

E allora benissimo le proteste clamorose, dentro e fuori i palazzi. Ma contemporaneamente si deve trovare una strada perché si arrivi il più presto possibile a nuove elezioni politiche. Dopo due anni e mezzo di governo, con tutto quel che questo governo ha fatto e ha detto, quel voto del maggio 2001 non vale più, politicamente parlando. C'è urgentissimo bisogno di una verifica popolare. Vorremmo sapere se Berlusconi ancora gode della fiducia della maggioranza degli italiani (ammesso che l'abbia mai avuta). Cioè se esiste nel paese una maggioranza che, deponendo oggi una scheda nell'urna elettorale, si dichiara d'accordo con la filosofia politica (chiamiamola così) del premier. Se pensa anch'essa che i magistrati siano una razza di disturbati psichici antropologicamente diversi dalla razza umana, che i comunisti siano tutti complici delle stragi di Pol Pot. Se pensa questo, bene, anzi male, ma almeno sappiamo chi incontriamo per la strada. Altrimenti Berlusconi se ne va a casa.

Esistono ancora poteri costituiti, a cominciare dal presidente della repubblica, che possono intervenire, fare pressioni non perché Berlusconi moderi i toni (lui o è così o non è) ma perché si produca un fatto politico che porti a nuove elezioni (ovviamente agendo su tutti quei parlamentari dell'opposizione e della maggioranza che pensano che il limite sia stato superato)? Se esistono si facciano vivi, altrimenti la situazione rischia di degenerare e prendere strade tanto imprevedibili quanto esiziali per quel che resta dello stato di diritto.

Dal Manifesto
5 settembre 2003

 Francesco Merlo    - 05-09-2003
OLTRE IL LIMITE



Troppe volte ci capita di pensare che Berlusconi faccia la satira di se stesso e si autoriduca a macchietta. Almeno due volte la settimana infatti si caricaturizza da solo con involontarie autodenigrazioni. Se continua così, in mancanza di riforme, di grandi opere, di efficienti scuole di Stato, di rilancio dell'economia, di sport e di talento, presto di lui potrebbe restare, come materia di studio e di pietas , solo un modello di autoannichilimento. Insomma sta accadendo quel che Montanelli aveva preannunciato sul Corriere : Berlusconi si sta consumando e sbriciolando da sé. Ecco perché, nel giorno in cui Berlusconi ha detto che i giudici sono matti e ha aggiunto che Montanelli e Biagi sono stati sempre invidiosi di lui, la cosa che più ci manca è la risposta di Montanelli. Ci manca la sapienza di chi comprende che l'insulto insensato e l'ingiuria sguaiata nascondono sempre debolezza, malessere, inadeguatezza, forse tragedia.

Nessuno di noi conosce Berlusconi come lo conosceva Montanelli. Solo lui avrebbe capito, allarmato, da quale pozzo di disperazione affiori l'idea infantile che un re invidi un valletto, un gigante un nano, che un monumento della storia d'Italia, il quale aveva rifiutato anche il seggio di senatore a vita, abbia desiderato, fosse pure una volta, di indossare i tacchi e la pelata di un parvenu della politica.
E perché mai Enzo Biagi dovrebbe invidiare un improvvisatore del quale non si possono invidiare né la cultura né l'intelligenza né l'eleganza ma solo il danaro, problematicamente accumulato? Secondo noi, Montanelli oggi non rimprovererebbe a Berlusconi neppure il cattivo gusto di avere insultato un morto. Berlusconi infatti - ci perdonino tutti i suoi forsennati detrattori che tanto gli somigliano - sicuramente non è una iena, ma un visionario, la cui originaria naïveté e la cui proverbiale leggerezza stanno degradandosi in grottesco, come il trucco sfatto sul viso di un clown. Dunque Berlusconi attacca il morto perché lo vede vivo, lo teme vivo e, di nuovo, confonde la libertà di giudizio con l'invidia.

Anche l'idea che i giudici siano matti, oltre che un'ossessione da imputato, è un autogol da imputato. Il giudice matto non esiste, e la convinzione che ci sia una tabe psichica che motivi i dottori in Legge verso la magistratura non è buona neppure per la letteratura da «scemeggiato» tv. Si conoscono infatti giudici corrotti, moralmente o politicamente, giudici eroi, giudici per bene, giudici quaquaraquà, ma il giudice pazzo è una categoria solo berlusconiana, come appunto l'invidia di Biagi e Montanelli; è una categoria che rimanda ad altro, che significa altro.

Significa che per Berlusconi il Diritto frequenta, o meglio - viste le precisazioni del disperato portavoce Bonaiuti - costeggia la follia.
Una persona che informa la sua vita al rispetto del Diritto non è normale, come pensa di essere Berlusconi, ma folle o quanto meno maniaco, come non pensa di essere Berlusconi. La legge è fatta per essere amministrata da dissennati e gli italiani che si fidano dei giudici pazzi sono poveri idioti.
Come si vede, siamo oltre la satira più impietosa. Nessuna Sabina Guzzanti sarebbe arrivata a tanto. C'è una tale assenza di misura da spingerci non all'indignazione ma alla commiserazione, la stessa provata per Robert De Niro che, pugile per forza, dopo l'incontro si finisce dissanguandosi nelle toilettes.


Dal Corriere della Sera
5 settembre 2003

 ilaria ricciotti    - 05-09-2003
"Battute, sempre e solo battute".
Ed intanto si offende.

"Giustificazioni, sempre e solo giustificazioni".
Ed intanto si continua a denigrare.

"Scherzi, sempre e solo scherzi",
offensivi, volgari, fuori luogo e fuori tempo.
Ed intanto si continua a non rispettare le regole.

Io cittadina italiana non ne posso proprio più.
Penso ai numerosi morti che prematuramente hanno terminato di esistere per colpa di mani assassine.
Lo hanno fatto per salvarci dai prepotenti, per donarci un Paese democratico.
Un Paese che ora assomiglia ad un circo in cui ci sono diversi spettacoli:
violenti,
mozzafiato,
ridicoli,
forzatamente ironici.
I domatori sono tanti,
ma le bestie fanno fatica ad essere domate.
I prestigiatori non riescono a tagliare i corpi,
e i giocolieri fanno cadere le loro clave ed i loro anelli.
E' un circo dove chi entra paga caro il suo biglietto
e,
quando esce non può che lamentarsi di essere stato fregato .