A proposito degli esami di stato
Gianni Mereghetti - 19-06-2003

E' di basso livello, segno di una classe politica decadente, la polemica scatenata sul fatto che tra gli allegati alle tracce per la prova di italiano siano state proposte una citazione di Silvio Berlusconi e una del "Libro nero del comunismo". Questa polemica, che ha portato alcuni politici a definire rumeno questo esame, è offensiva innanzitutto per noi insegnanti: infatti temere che due citazioni manipolino la riflessione significa ritenere che noi insegnanti non abbiamo educato gli studenti ad essere critici. Non è così!
Mettano pure tutte le citazioni che vogliano coloro che preparano le tracce dello scritto di italiano, non ne abbiamo paura, perché agli studenti abbiamo insegnato ad affrontare tutto usando la ragione! Del resto ciò che i politici dimenticano presi dal gusto di fare sempre e comunque polemica è che a scrivere non ci sono loro, ma gli studenti, e gli studenti all’esame di stato non hanno il problema di abbattere Berlusconi, ma di affrontare criticamente gli argomenti a loro proposti, cosa che hanno puntualmente fatto.
Detto questo sulla polemica inopportunamente sollevata, mi pare che le tracce per la prova scritta di italiano degli esami di stato abbiano offerto agli studenti delle possibilità interessanti di riflessione. E’ anche rilevante che le proposte siano state varie, perché significa aver saputo tener conto sia della complessità della realtà in cui viviamo sia della molteplicità di punti di vista con cui i giovani affrontano la cultura e il mondo.
Un altro dato che va a favore delle tracce proposte è che nel comporle spesso si è preferita la genericità: questo a mio parere è un fattore positivo, perché non incanala la riflessione degli studenti, ma lascia loro modalità e contenuti con cui svolgere la tematica indicata. Nella traccia di storia questo è risultato evidente, perché finalmente si è proposto un argomento, quello dei diritti, lasciando agli studenti la scelta di come impostarlo e di quali eventi analizzare a riguardo.
Forse si è finalmente capito che chiedere agli studenti di svolgere un argomento non significa dire loro di replicare alcune idee, ma rappresenta una sollecitazione alla loro libertà creativa.
Il giudizio nel complesso positivo sulle tracce di italiano non vuole però essere a giustificazione di questa formula dell’esame di stato che comunque non funziona e va al più presto cambiata.
L’unico aspetto da conservare è che a valutare le prove d’esame siano gli stessi insegnanti che hanno preparato gli studenti. Questa è la garanzia della loro serietà e del loro valore! Se così non fosse sarebbe come dire che tutte le valutazioni date dagli insegnanti durante l’anno sono poco serie e non credibili.

interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 ALCESTE AYROLDI    - 22-06-2003
Nessuna novità. Siamo in pieno regime totalitario, siamo in presenza di un novello Narciso che distruggerà l'Italia senza alcun timore.
Nessuno lo potrà fermare.
Addio LIBERTA', d'ogni tipo. Oramai siamo tornati al triste passato.
Che tristezza penasare che l'IGNORANZA degli italiani ha consentito tutto ciò.

 Susanna Aroldi    - 23-06-2003
Mi auguro che il collega Mereghetti non insegni storia. Se infatti le sue parole d'ordine sono "genericità" e "libertà creativa" nel trattare un argomento con precise connotazioni temporali, geografiche e sociali, decenni di dibattito sulla storiografia come scienza sono passati invano. Almeno per lui e per (ahimè) i suoi studenti...

 Claudio Tugnoli    - 24-06-2003
Condivido la pacatezza e il distacco critico di Mereghetti e anche le sue osservazioni (pur con alcune precisazioni), tranne l'ultima. L'esame di stato condotto dagli stessi insegnanti dei candidati non ha molta ragion d'essere, infatti ciascun insegnante tenderà a confermare la valutazione già data nel corso dell'ultimo anno. Le prove dell'esame di stato possono tuttavia conservare, anche così, una preziosa funzione di tirocinio e di addestramento a sostenere le prove di concorso e di selezione di ogni genere che gli stessi studenti, nella loro carriera successiva, dovranno affrontare. Ma solo se si svolgono in modo ineccepibile sul piano procedurale e sono condotte con severità inesorabile in relazione a obblighi e divieti. Del resto, possono esigere e ottenere senza sforzo un comportamento ispirato al rigore più assoluto solo quei docenti che hanno svolto il loro lavoro senza risparmiarsi, con metodo e competenza. Siamo così ritornati al punto di Archimede della scuola: quella professionalità docente la cui valorizzazione diretta si continua a eludere con le "figure di sistema e di obiettivo", le quali tuttavia non rispondono all'esigenza ineludibile di riconoscere, valutare e compensare la capacità di lavoro e il livello qualitativo dell'attività didattica di ciascun docente. Gli indicatori più attendibili del livello scientifico del docente sono: le pubblicazioni su argomenti specifici (siano saggi o articoli), la conoscenza attiva e passiva delle lingue di comunicazione e di cultura, l'acquisizione dei titoli superiori alla laurea (perfezionamento, dottorato di ricerca, idoneità a professore associato, ecc.), le competenze informatiche, le competenze relazionali, le competenze nella gestione dei conflitti tra i diversi soggetti interagenti nell'universo scolastico. Bisogna individuare le modalità di estimazione di questi indicatori per ciascun docente, anche se non è facile, bisogna ammetterlo; l'alternativa però è una fuga dalla scuola proprio degli elementi migliori o di un loro progressivo disimpegno dovuto a occupazioni parallele esterne. Sono osservazioni di uno che vive fuori dal mondo?