Comitati del no e sinistra unita
Giuseppe Aragno - 28-09-2020

Il fascismo storico passò anche perché la percezione del pericolo giunse tardi, complice una sinistra rissosa e divisa, quando la crisi del dopoguerra diventò devastante e il capitalismo divenne così forte da imporre le sue leggi. Sì capì tardi che la sconfitta non era stata solo politica, ma anche e soprattutto culturale. Fatte le debite differenze, gli anni Venti di questo secolo ci pongono di fronte a una situazione che, al di là della forma, nella sostanza non è molto diversa da quella che vide cadere invano Matteotti. Un socialdemocratico. Una situazione tale che nessuna forza politica avrebbe potuto fermare da sola la catastrofe, che, come sappiamo, giunse puntuale. 
Al di là delle apparenze, anche oggi la catastrofe che temiamo è in parte già giunta e ci trova divisi. L'aveva previsto, purtroppo inascoltato, Gaetano Arfè, partigiano di Giustizia e Libertà e politico tra i più intellettualmente onesti che io abbia mai conosciuto, il quale, prima di andarsene, più volte ebbe a scrivere, come in un testamento morale, parole che val la pena di ricordare: è in corso una terribile battaglia e noi non ce ne siamo nemmeno accorti. 
In questa situazione di pericolo, torna d'attualità il tema dell'unità della sinistra e val la pena ricordare che, se è stato un errore gravissimo lasciar morire i "Comitati del No", dopo la fine ingloriosa della Riforma Boschi, sarebbe ancora più grave non tenere in vita oggi quei comitati che allo sfascio della Costituzione hanno opposto comunque un 30% di no. Credo che ci sia ancora tempo e modo per ragionare di una confederazione di forze, che, pur conservando la più totale autonomia, si raccolgano attorno al Comitato sulla base di punti che non ci possono vedere divisi: la difesa della rappresentanza - quindi la pretesa di una legge elettorale proporzionale e senza sbarramento (che potrebbe aprire contraddizioni profonde nell'apparente unanimismo del PD, soprattutto della sua base) -, la questione dell'ambiente, per il quale si fa ormai il conto del tempo che manca alla distruzione della vita umana sul pianeta, il ritorno alla Sanità pubblica, semidistrutta dalla religione neoliberista, la centralità di un sistema formativo statale sottratto al suo stato di coma, il ritorno alla Costituzione del 1948 e quindi l'abolizione dei vergognosi sì ai diktat della finanza (pareggio di bilancio e fiscal compact, per fare qualche esempio); l'abolizione delle leggi contro i lavoratori. E mi fermo qui, sapendo di aver omesso chissà quanti altri punti unificanti. 
Può darsi che sbagli, ma mi chiedo se una confederazione siffatta, con un riferimento comune costituito dai Comitati del No, con una base forte di quel 30 % di elettori che si sono raccolti e uniti attorno a questi temi, sia oppure no il terreno di una possibile unità, che raccolga un ampio fronte anticapitalista e diventi un formidabile strumento di lotta nelle piazze e in tempi più o meno brevi nelle Istituzioni. E' una domanda che merita una riflessione e una risposta molto ponderata. 




interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf