Tra Euripide e Ibsen
Gennaro Tedesco - 19-03-2016
Chi voglia intendere l'originalità profonda di Euripide deve paragonare le sue creature di tenerezza e di debolezza con gli eroi di Sofocle, tutti presi d'una sola passione e così aderenti ad essa da far tutt'uno con essa.
Anche gli eroi di Sofocle soffrono; ma l'anima di Aiace, di Eracle, di Filottete è superiore alle loro sofferenze. E mentre quegli eroi dal cuore aspro si isolano, non vogliono la compassione altrui, le eroine euripidee non domandano che la nostra commozione e e la nostra compassione.
Gli eroi sofoclei sono personaggi dalle grandi passioni eroiche. Le eroine euripidee si acquistano con la loro tenerezza, con la loro dolcezza, il diritto alla nostra pietà. Questa è, dunque, tutta un'altra concezione del tragico: alla tragicità della forza Euripide oppone la tragicità della debolezza umana.
La Musa di Euripide è il sentimento, egli è il poeta dei sentimenti teneri e affettuosi. Questa è la sua grande originalità: egli scopre un nuovo mondo poetico, fino ad allora rimasto chiuso all'arte. Per questo finisce per sembrare poco classico.
In Euripide, come in Ibsen - (Medea) - la costrizione sociale che viola il matrimonio è vista nella più grossolana e imponente seduzione dell'idolo sociale, quella economica. Costrizione che involve non solo la donna, ma riduce a mercato la vita in due.
In Ibsen, il matrimonio mercato, la struttura borghese e mistificante della dote percorre con più acre insistenza tutto il suo teatro ed è la spia più frequente, il correlato pressoché indispensabile di ogni situazione moralmente morbosa.
Si vede come Ibsen fosse maggiormente attaccato alla fondazione di una libertà spirituale che non ad un semplice rivendicazionismo concernente il modo di vivere della donna.
La soggezione femminile è espressa chiaramente dalla Nora di "Casa di bambola": "Dalle mani di mio padre sono passata a quelle tue" . E qui il pensiero torna esplicitamente, più che a Euripide, alla concezione giuridica greca da lui necessariamente sottesa.
Anche in Ibsen, come in Euripide, il matrimonio - prigionia è lo sbocco più naturale e più sciagurato del matrimonio mercato.
Nelle "Baccanti" il re Penteo resiste a Dioniso. Ambiguo è Euripide nella sua ultima suprema tragedia; ambiguo è il suo Dioniso che "ama la pace" e opera "lo strazio".
Ma resistere a Dioniso è reprimere ciò che vi è di elementare nella nostra natura; e la punizione si rivela nel crollo improvviso e totale delle dighe interiori, quando le energie primitive si aprono una strada con la forza e la civiltà scompare. Penteo, il governatore anticlericale, Penteo, l'intellettuale illuminato, che, per eccesso di razionalità, per superstizione razionalistica, non ha saputo riconoscere la realtà naturale e storica delle forze che sfuggono alla ragione, in quanto la ragione le nega, e finisce vittima non tanto del dio quanto dei suoi propri istinti contraddittori.
Il conflitto delle "Baccanti" non è solo metafisico e psicologico .
Può presentarsi nella storia.

Riferimenti bibliografici
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