Quando il fascino diventa transitorio
Francesco di Lorenzo - 23-01-2016
E così la ministra Giannini, sollecitata a dovere, ha dovuto ammettere che il caos dei prof 'intermittenti', cioè che vanno e vengono fino a metà anno e oltre, non solo non è finito, ma con la 'buonascuola' è aumentato.
Infatti, se prima, sempre la ministra, aveva detto che quest'anno sarebbe stato 'affascinante' (parole sue), adesso, in corso d'opera, ha ammesso che questo è un anno di transizione, e per andare a regime (ma di cosa?) ne servono almeno tre.
Ecco la prova di come si comincia a ridimensionare il fenomeno, il fascino diventa transitorio e l'elenco delle cose che non vanno aumenta sensibilmente. Solo che ministri e vicesegretari continuano a vantarsi, a destra e a manca, di una riforma che non c'è; mentre invece, purtroppo, continua ad esserci un Miur che funziona sempre peggio. In varie occasioni ministri ed esponenti della maggioranza si sono auto-lodati per aver approvato (anche) la riforma della scuola. E nessuno che ha mai domandato loro che cosa abbia riformato la 'buonascuola'?. Nessuno che ricordi, al mondo o agli italiani, che non è una riforma stabilizzare 87mila precari che ne avevano diritto, e rimandare altri sessantamila a rifare un concorso che in maggioranza avevano già vinto. Mentre, tra l'altro, continuano a lavorare.
(A dire il vero c'è qualche esponente 'dissidente' della maggioranza che è pubblicamente contro tutto ciò). Curare le inefficienze di un ministero di cui tutti si lamentano, dai dirigenti scolastici ai collaboratori, sarebbe stato molto più proficuo. E sarebbe apparso meno una presa per i fondelli.

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Ormai, per ascoltare qualcosa di pedagogicamente serio, siamo costretti a rivolgerci ad una lezione di Mogol ( il celebre paroliere), tenuta agli studenti dell'Università degli studi di Bari.
Invitato a parlare sul tema della creatività, anche se dal suo particolare punto di vista, ha dato delle indicazioni utili e soprattutto da prendere in seria considerazione. Intanto perché non ripetono stereotipi troppo consumati. In pratica, il paroliere, il celebre creatore dei versi di tante canzoni italiane e straniere, ha detto che non c'è errore più grande di far credere che il talento sia riservato a poche persone. Il rischio che si corre, guardando tanti programmi televisivi che vanno alla ricerca incessante di talenti, è quello di credere veramente a questi luoghi comuni e finire per accettarli.
Invece, il talento, in maniera latente, è presente in ognuno di noi. E deve essere stimolato soprattutto nei bambini, quando c'è maggiore capacità di apprendimento. Il talento, insomma, va coltivato, più che cercato come una rarità.
Una lezione, quindi, fatta da un esterno alla scuola e all'accademia e che parla in base alla sua esperienza. Ma non solo. Pensandoci, Mogol ha fatto un discorso che si collega a tematiche come la teoria delle 'intelligenze multiple' di Gardner, che, lo studioso dice, vanno stimolate e coltivate fin da piccoli perché patrimonio di ognuno.
Infine, ha detto una frase di un 'ottimismo intelligente' che vale molto più di mille lezioni, questa: "vorrei convincere tutti voi che potete essere creativi". Potrebbe essere un'idea regalare questa frase alla ministra Giannini, che la metta come citazione iniziale alla sua 'buonascuola'? Così ci sarà anche un accenno agli studenti!

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Da un fatto realmente vissuto dagli studenti francesi, è nato un film dal titolo 'Una volta nella vita', che sembra parli della Shoah in modo inedito.
Nel 1961, in Francia, fu indetto un 'Concorso Nazionale della resistenza e della deportazione', dando così l'occasione ad una classe della banlieue parigina di entrare in contatto con una realtà del tutto nuova. Infatti, la maggior parte degli alunni della classe era fatta di ragazzi immigrati fuggiti dalle guerre e dalla povertà. Intanto, molti erano musulmani e non sapevano nulla né degli ebrei né della Shoah. Intelligentemente la loro insegnante li portò a conoscere realtà nuove, per esempio a visitare sinagoghe, insegnando in maniera diretta e reale il dialogo, l'integrazione, la tolleranza. Loro pur essendo a tutti gli effetti francesi, si sentivano fuori dalla società, come se la storia della Francia e dell'Europa non li riguardasse. E fu proprio dalla partecipazione al concorso che compresero l'importanza di conoscere il passato utile per la loro integrazione.
E così da un ragazzo componente della classe, Ahmed Dramè, allora sedicenne, è venuta l'idea di scrivere una sceneggiatura per raccontare la sua esperienza. Da qui il film che uscirà nelle sale il 27 gennaio prossimo.

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