Misfatti più che fatti
Francesco di Lorenzo - 04-10-2014
Non è affatto inedito il presidente del Consiglio Renzi che ha pronunciato a Londra tre volte la parola educazione (in inglese) per indicare quale strada, per lui, ci aprirà le porte del futuro. Avrà di sicuro voluto fare una citazione di un celebre discorso di Blair, in cui l'allora candidato a premier laburista, 18 anni fa, si presentò per la prima volta agli elettori dicendo proprio di puntare decisamente sull'istruzione. Potrebbe essere questo un cambiamento di rotta importante? Per chi si illude, forse. Anche i governi di centro destra ostentavano discorsi di apertura nonostante non abbiano mai veramente creduto di investire in istruzione e cultura. Prova ne è che nel suo discorso di insediamento il ministro Gelmini disse testualmente '...sembrerà strano per un governo di centro-destra, ma noi mettiamo al primo posto l'istruzione e la cultura'; la promessa però, come si sa, non solo venne disattesa, ma addirittura interpretata in senso opposto, per cui il massacro (della scuola e dell'istruzione) già iniziato qualche anno prima, fu dalla ministra stessa portato alle estreme conseguenze.
Ma il discorso di Renzi non è affatto inedito anche per un altro motivo. La stessa priorità (a parole) l'hanno indicata già anche i governi di centro-sinistra, quelli che bene o male negli ultimi vent'anni si sono comunque affacciati sulla scena italiana. Prodi lo diceva in ogni discorso, e pur demandando la pratica al ministro Luigi Berlinguer, produsse un poco di movimento; tuttavia ci ricordiamo bene che non si arrivò a nessuna conclusione. Insomma, siamo alle solite: non si va oltre le buone intenzioni che, come sanno anche i sassi, non portano da nessuna parte. Da noi poi, nello specifico, le buone intenzioni porterebbero al documento denominato 'la buona scuola', che suscita più perplessità che altro. In conclusione, non sappiamo più che cosa augurarci: certo è che di intenzioni e di parole al vento (pronunciate da gufi o da altri pennuti) non ne abbiamo più bisogno.
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La notizia che avvalora l'ipotesi espressa prima, e cioè che le buone intenzioni mai, o quasi mai, qui da noi, si sono tradotte in fatti, l'ha data la senatrice Manuela Serra, del movimento 5 Stelle. In breve, chi tra gli insegnanti si aggiorna e frequenta un dottorato di ricerca o una specializzazione post-laurea, viene penalizzato perché perde punteggio nella graduatoria di istituto. Il congedo straordinario per motivi di studio fa perdere la continuità e chi si aggiorna quando rientra finisce in fondo alla graduatoria. Un bel modo per dire: state fermi, non muovetevi, e soprattutto non aggiornatevi che vi fregano il posto. Altro che puntare sull'istruzione, leggendo la notizia sembra più che si punti sul presidio permanente del posto di lavoro, che se solo ti muovi un po' ti diventa a rischio.
Naturalmente, si spera che sia una svista, e che le cose vengano al più presto sistemate Comunque, svista o superficialità, c'è da valutare un sottofondo di mentalità che non depone a favore. A favore dell'istruzione e della cultura, s'intende.
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Certamente bisogna distinguere e non generalizzare, ma situazioni di disagio scolastico unite ad episodi poco edificanti, in questo inizio di anno scolastico sono stati segnalati da vari quotidiani. Prima le mamme si sono lamentate perché in alcune classi, materne ed elementari, sono state in qualche modo costrette a restare a scuola con i propri figli per aiutarne l'inserimento, e questo non per un giorno, ma per una settimana e anche più. Forse non c'è niente di male, forse sarà anche pedagogicamente corretto seguire un inserimento morbido e graduale del bambino nel contesto scolastico, ma come la mettiamo con le donne che lavorano? Hanno tutti questi permessi? O forse la pratica didattica si basa sul fatto che ormai da noi il lavoro è talmente poco che si cerca di ovviare con l'aiuto psicologico alle mamme disoccupate? Non si sa. Certo che la situazione cambia quando i genitori vengono usati come rimedio alla mancanza di personale, specialmente nell'assistenza agli studenti disabili: l'edificante episodio del bambino lasciato nel suo bagno di pipì per alcune ore fino al suono della campanella ne è un triste esempio.
Chiaramente sono fatti che vanno definiti nel loro contesto, ma potrebbero essere segnali da non sottovalutare.

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