La didattica vista da Giakarta
Gennaro Tedesco - 28-04-2012
Naturalmente mi rendo conto delle difficoltà e dell'eventuale sofisticazione di quello che sto per dire, ma mi sembra necessario .
Se riconfermiamo la necessità di una didattica della geografia e della storia interdisciplinare e anche laboratoriale che sia eminentemente ermeneutica, allora credo che dovremmo cominciare a porci di fronte ai nostri oggetti di studio e di applicazione insieme ai nostri allievi da una prospettiva non immediatamente oggettivistica, ma intersoggettiva, "analitica" e narrativistica .
Qualunque scelta didattica noi facciamo, presuppone sempre dei modelli culturali ed interpretaivi che sottendono i nostri approcci e i nostri quadri di riferimento, nel caso della didattica storica, geografica, eminentemente metaforici e analogici. Quando parliamo di democrazia antica, ateniese ad esempio, pensiamo all'analogia della democrazia occidentale, moderna e capitalistica. Ma dobbiamo poi darci da fare per far uscire noi docenti e i nostri allievi dalla trappola analogica , linguistica, narrativistica e storicistica di una identificazione "ideologica", antropologica e politica tra democrazia capitalistica moderna e democrazia ateniese. E, ovviamente, non è solo un discorso di una "semplice" differenza . E' che la differenza, in questo caso come in molti altri, se esiste, non è solo strettamente oggettiva e storica, ammesso che sia giusto parlare nei termini in cui sto parlando, ma è anche e soprattutto ermeneutica, più esattamente di modelli culturali ed ideologici, nel senso migliore, che ci rendono consapevoli di un coinvolgimento intersoggettivo che ci può essere utile per non cadere nella trappola dell'isomorfismo eurocentrico a qualunque costo.
Braudel e Marx sono figli e nipoti grandissimi e illustri di un pensiero e di una tradizione tutta ed esclusivamente interna al mondo occidentale.
Io credo che i distretti geo-storici locali abbiano una loro importanza solo se strettamente dipendenti dal "distretto planetario" e cosmopolitico. A riconferma di una didattica della storia ermeneutica, mi pare che i distretti siano una analogia dipendente dai distretti industriali i quali, anch'essi, mi sembrano piuttosto "piccoli" per contenere il globo e i suoi problemi. La storia vista da Giakarta non assomiglia affatto a quella dei distretti, ammesso che nella capitale indonesiana abbiano qualcosa di simile anche solo terminologicamente. E gli intrecci globali che imperversano a Giakarta non si riescono nemmeno ad immaginare in Italia. Non vorrei che la nostra didattica della storia finisse con il somigliare a una nostrana educazione alla cittadinanza tutta tesa a inculcare e dimostrare le nostre peculiarità italiche invece di spronare alla necessità di una educazione cosmopolitica che, si badi bene, non è una educazione al diritto inter-nazionale, ma una educazione, ammesso che il termine sia proponibile anche ad Oriente, a come atteggiarsi, comportarsi e confrontarsi nel mondo a prescindere da qualsiasi educazione nazionale o internazionale.

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