La scuola nel tempo della neolingua
Giuseppe Aragno - 08-02-2012
C'è la crisi, si dice, e pare tutto chiaro. Al buio, sullo sfondo, però, c'è qualcosa di "non detto", o forse d'indicibile, e sul proscenio la luce mostra un'altalena: oggi chincaglierie scintillanti vendute come gioielli ai creduloni, domani cadute di stile ripetute e negate col sorriso innocente e i toni pesanti di chi cerca la guerra. Nulla di più vicino all'inquietante paradosso di Orwell: "Il linguaggio politico è concepito in modo che le menzogne suonino sincere, l'omicidio rispettabile e l'aria abbia parvenza di solidità".
A scuola, dopo i tagli, ecco, fatale, la "ristrutturazione aziendale", ma il Ministero gioca tutto sulle parole della "narrazione" e i funzionari, pena la testa, aprono di concerto il fuoco di sbarramento: c'è una "logica gestionale dell'accorpamento", fa il Solone di turno, ma è il funerale di Stato della didattica; occorre ripensare la "geografia dei plessi", sentenzia solenne il solito "esperto", che ha "studiato il sistema" e dà numeri certi: se si "smistano" bambini di prima elementare nelle classi terze della media "comprensiva", la maestra malata non c'entra nulla e nemmeno i soldi mancanti per una supplente. Non si tratta di crisi: è un modo di ripensare "l'amministrazione del fare". In questo contesto, i sottosegretari all'Invalsi studiano i criteri di valutazione d'azienda, in base a tecniche rivoluzionarie: una gestione seria della formazione che riduce all'osso le risorse economiche, solleva l'animo di quelle umane, afflitte dalla monotonia del posto fisso. Flessibilità! Sì, ne occorre ancora molta e c'è quella buona, quella cattiva, quella in entrata e quella in uscita. Flessibilità: è la chiave della ripresa.
Per quanto occultato dalla neolingua, il non detto talvolta traspare e, a ben vedere, si legge chiaro nell'ethos che muove il ministro Fornero e il suo vice, Martone, fiori di serra di quell'università ove regnano incontrastati merito e democrazia: "Andremo avanti comunque!", è la filosofia. Anche qui, se prendi Orwell come punto di vista, la scienza della comunicazione fa un'ottima prova e dopo i pensionati che hanno miracolato l'incontrollabile spread, salvando l'Italia degli evasori, dopo l'investimento "mirato" su un manipolo di farmacisti che ci avvia alla crescita finalmente e salva i giovani disoccupati, ecco, solenne, l'ora del mercato del lavoro. Un fuoco d'artificio orchestrato da pattuglie di geni, il soliti minuetto ai limite dell'indecenza, tutto dichiarazioni e smentite, e infine il perno del programma in una vocazione: "toccare i tabù".
Per chiudere la stagione del conflitto tra capitale e lavoro, Marchionne non ci ha pensato due volte: ha messo alla porta il sindacato e ci ha ricondotti all'Italia "più avanzata del mondo": quella fascista di Bottai. Tuttavia, se resta in piedi l'articolo 18, prima o poi, la Fiat dovrà ingoiare il rospo e "riassumere" gli iscritti alla Fiom, che tiene accuratamente fuori i cancelli di Pomigliano. Fornero e Martone hanno il compito d'impedirlo. E' quello il punto: schiacciare i diritti. Di qui le chiacchiere da neolingua sul rapporto inesistente tra crisi e Statuto dei lavoratori, mentre si vuole una Carta del Lavoro e un'idea di gerarchia. Dietro i fumogeni della trattativa, la decisone è presa: un arbitrato, la beffa d'un indennizzo economico e il limite invalicabile della proprietà: la giusta causa dell'impresa è quella dei padroni.
La scuola è avvisata: pensare è pericoloso, c'è bisogno di giovani "cinesizzati" per far concorrenza ai cinesi. In un mondo globalizzato, formare cittadini è sovversione. In quanto ai sindacati, Fornero non ha tempo da perdere con la cantilena sulla concertazione e lacrime ne ha già versate: è ferma su posizioni che hanno radici antiche nella nostra storia: basta lotta di classe, "il sindacalismo, per essere una forza viva dello Stato, deve uscire dagli accampamenti demagogici e dagli atteggiamenti ringhiosi contro il capitale".
Non c'è membro di questo governo che non metterebbe la firma sotto queste parole. Monti in testa. Questa, però, non è neolingua e Orwell non c'entra nulla. E' il linguaggio attualissimo del "Popolo d'Italia" nel gennaio del 1929. Dopo la parentesi buia di Gino Giugni e Giacomo Brodolini, la firma pare tornata di moda: Mussolini.
interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 Oliver    - 17-02-2012
Imbastire analisi a dir poco “pittoresche”, continua a lasciarmi sempre più perplesso, “farcire” le proprie riflessioni di riferimenti altamente culturali è oltremodo scomodo per chi non pratica la professione del “dotto”.

Fare un bel brodo misto è estremamente surreale, nessuno potrà capire che cosa ha in testa l’autore, ancor peggio per i poveri di “conoscenza” sarà capire quali sarebbero le proposte diverse da praticare.

Per cortesia, nel rispetto delle opinioni di tutti, vorremmo conoscerle!
Questo governo, con tutti i limiti sta garantendo stipendi e pensioni.

Gli accorpamenti sono solo “invenzioni” di chi non riesce a cogliere o a non ricordare che quei “rivoluzionari” facenti parte del governo Prodi, fecero esercizio di rottura continua, permettendo poco dopo al governo di destra, di tagliare ben 8.000.000.000,00 di € cacciando 120.000 persone dalla scuola.
Il loro capo, presidente della camera, è andato a casa con una buonuscita di 600.000,00 € con una cospicua pensione.

La scuola ha bisogno di certezze, che questo governo con grande destrezza e professionalità tenta di determinare, evitando il disastro didattico ed economico.

 Francesca Macry    - 18-02-2012
Pittoresco non è l’articolo, ma il commento di un lettore anonimo che si dichiara ignorante, ma ce l’ha con la cultura, confessa di non capire nulla, ma chiede continue spiegazioni e scrive sciocchezze a ruota libera senza che nessuno della redazione gli spieghi qual è il confine tra il commento e l’oltraggio, l’opinione e la calunnia, per non parlare della differenza che passa tra il senso di responsabilità di chi firma ciò che scrive e la viltà di chi mette in fila le sue “accuse” nascondendosi dietro un nome falso. Ciò premesso, entro nel merito delle sciocchezze sostenute dall’eroico Oliver. Gli accorpamenti non sono un’invenzione dell’autore, ma l’effetto della legge delega del 15 marzo 1997, n. 59 “per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 63 del 17 marzo 1997 quando governava Prodi; essa però condusse alla Riforma Bassanini D.D. L. n. 300/1999, quando era Presidente del Consiglio D’Alema e fu attuata nel 2001 quando non erano Presidenti né Prodi né D’Alema. Non c’è bisogno di praticare la professione del dotto per saperlo e occorre essere ignoranti per non saperlo o cialtroni per fingere di ignorarlo e imbastire commenti che non sono un brodo misto ma una brodaglia fatta di surreale presunzione e velenosa arroganza. Che questo governo, poi, “con tutti i limiti” stia “garantendo stipendi e pensioni” è una barzelletta degna del peggior Berlusconi: il governo non sta garantendo nulla, sta semplicemente pagando stipendi e pensioni, come hanno fatto tutti i governi. Monti paga con i nostri soldi e quella la garanzia. Affermare che i problemi di questo Paese siano colpa dei “rivoluzionari facenti parte del governo Prodi” e sostenere che sia stato Prodi a cacciare dalla scuola i docenti a) è falso, b) è vergognoso. Non so a chi si riferisca il signor Oliver quando parla del “loro capo, presidente della camera”, ma è bene ricordare che in Italia c’è una sola Camera dei Deputati con un Presidente che non è capo di nessuno e prende la buonuscita che gli spetta per legge. La scuola, infine, ha bisogno di un buon ministro. Il prof. Profumo finora ha dimostrato di non esserlo.
Prima di chiudere, una riflessione che ho già fatto: disprezzo la censura, ma credo che le regole vadano rispettate. Oliver è offensivo e non dovrebbe, nasconde la sua identità e questo è inaccettabile.