Una società al congiuntivo
Monica Capezzuto - 19-04-2011
Italia: paese fossile, bistra-festeggiato. Paese, non Stato. Il termine paese ricorda tempi semplici di persone semplici, in cui la routine era dettata dalle sagre paesane e dai ritmi della natura fino a quando i mass-media non vi hanno fatto capolino, scardinando lentamente ed inesorabilmente quella routine. Oggi, nell'era ipertecnologica e globalizzata, sembra oltremodo anacronistico sentir parlare ancora di ideologie in una società che tende ad omogeneizzare e condizionare consumi, vite ed aspettative. Ma nel nostro archeozoico paese, invece che tesi a rinnovare, per i suoi "Alti" il must è quello di restaurare. Comunisti, BR, anni di piombo: sembra essersi messa in moto una gigantesca macchina del tempo che fa leva sui ricordi mai del tutto sepolti di generazioni sessantottine, generando paure, tensioni e chiusure dannose. Perché la paura ferma, inibisce, impedisce ad una società di andare avanti, di guardare al futuro, complice la precarizzazione del lavoro che si identifica sempre più con la precarizzazione della vita. L'unica certezza è una costante e latente insicurezza che permea ogni strato sociale, costringendolo a rinchiudersi a riccio, abbeverandosi di notizie dall'oracolo televisivo quali Verità universalmente riconosciute perché provenienti da quello strumento inconfutabile perché referente di se stesso. Ed è proprio quello il nodo: quale verità? Quella che il nostro senso critico rielabora e filtra attraverso tutto ciò che leggiamo e apprendiamo o piuttosto tutto ciò che gli imbonitori lavano e propinano a proprio uso e consumo? E quanti sarebbero in grado di filtrare quella irreale verità? Mi spaventa la sola ipotesi che si possa pensare che "esista il problema" sui libri di testo che "indottrinerebbero" giovani e teneri menti a vantaggio del centro-sinistra e che si possa pensare di "revisionarli" al solo scopo di "restituire oggettività" alla storia. Un'anomalia già il pensiero di rinnegare il passato e di riscriverlo su misura come un abito confezionato ad arte per camuffare difetti e celebrare ego smisurati. Ebbene, questo paese fossile si avvicina sempre più inesorabilmente al paese raccontato nel 1949 da Orwell in "1984", in cui il passato era scritto e riscritto a seconda di come cambiavano gli eventi; un paese in cui la memoria non esisteva se non in quello che era scritto e riscritto ad arte; un paese in cui il Grande Fratello - non il reality ma il capo del Partito dell'Amore - parallelismo inquietante - aveva sotto controllo le menti degli iscritti al partito, in cui amore indicava una società retta sull'odio per il nemico comune, in cui libertà era sinonimo di schiavitù, una società fondata sull'obbedienza e sul non-pensiero, in cui le parole non dovevano esprimere concetti ma solo bisogni, in cui anche l'esperienza non aveva fondamento perché le menti erano sotto controllo e percepivano ciò che doveva essere percepito. Una società in cui il popolo, soffocato dall'alcool e dalla speranza di una vincita alla lotteria, era sotto controllo, senza speranze e senza stimoli, gregge che pensava a sopravvivere e a procreare, a proprio agio negli stenti, nel terrore, nella paura e che mai si sarebbe ribellato perché non aveva più ricordo di come si stava ma era immerso nell'unica realtà che conosceva e che gli era stata costruita attorno e alla quale si era inconsapevolmente adeguato plasmato da verità altrui. Perché ciò che conta , per gli "Alti" è l'ebbrezza del potere nella sua forma più pura , è il controllo delle menti, l'assenza di pensiero. Il resto non conta se non nella misura in cui esiste in quella scatola che si chiama televisione, che oggi detta legge e farebbe cultura. In realtà la prima forma vera di cultura è proprio nella scuola. E' lì che si cerca di formare il pensiero critico ed è proprio lì che si sta abbattendo la falce di chi vorrebbe tenere il popolo nell'oblio, nell'ignoranza, privarlo di tutti gli strumenti che gli consentono di comprendere da dove si viene - ecco il perché della "rivisitazione" dei libri di testo - e di dove si vuole andare, senza dover necessariamente percorrere una strada tracciata da altri per noi. Perché è proprio quello il punto: avere la libertà di scegliere consapevolmente, di capire cosa si vuole e togliere gli strumenti alla scuola significa di fatto non mettere ogni cittadino nelle condizioni di poter scegliere liberamente senza condizionamenti. Perché è così che dovrebbe essere uno Stato; non un feudo bensì un luogo in cui si sia liberi di scegliere senza essere definiti comunisti o "altro", uno stato che ricordi da dove venga e che sappia dove andare. Perché è solo ricordando il passato, rielaborandolo oggettivamente che si può guardare avanti, investire serenamente nello sviluppo e cercare di costruire un futuro senza paura e senza incertezze. Riscrivere il passato per santificare il presente è follia. Declina una società al congiuntivo: presente, imperfetto, trapassato. Tempo futuro? Non pervenuto.
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