Sognatori incontentabili
Francesco Di Lorenzo - 05-02-2011
Dallo Speciale Notizie dal fronte



Matteo Renzi del PD dice che il ministro Gelmini è stata fin troppo buona. L'affermazione genera qualche equivoco.
Secondo il sindaco di Firenze, il ministro avrebbe dovuto chiudere la metà della università italiane, perché mantengono in vita solo i baroni e non soddisfano in alcun modo gli studenti.
Poiché non ha fatto questo, anzi ha generalizzato in modo indecente, tagliando sulle borse di studio e sui contratti dei ricercatori, alla fine tanta bontà non è che venga fuori.
Prova ne sia che a protestare sui tetti c'erano gli studenti e i ricercatori. (Ma i baroni, si sa, non protestano, o almeno non in questo modo. E non è peccato immaginarseli mentre se la ridono al chiuso dei loro fortini.).

Esce poi la notizia, su un settimanale, che il ministro Gelmini, nel 2000, quando era presidente del consiglio comunale di Desenzano sul Garda, fu sfiduciata per "manifesta incapacità ed improduttività politica e organizzativa". Chiaro che non vuol dire nulla, le attenuanti sono tante. Poteva trovarsi in un periodo buio, poteva avere una serie infinita di nemici comunisti che la calunniavano e altre 'amenità' del genere... ma la stranezza è che al Comune, alla richiesta di un giornalista di poter vedere la delibera, hanno risposto che non era possibile. Sono passati troppi anni. Lì, le delibere scadono dopo cinque anni, come le ricevute.

Notizie preoccupanti sul tema valutazione, anche in coincidenza degli scrutini di fine quadrimestre. Sembra che di valutazione formativa non si parli più. Il voto, brandito come arma di punizione, se non è la regola, poco ci manca. Tutti i discorsi - di appena qualche anno fa - su un nuovo tipo di valutazione, sull'autovalutazione e sul concetto di informare piuttosto che punire, sembrano andati a farsi friggere da qualche parte. Il voto come punizione è più confortante, mette al riparo da analisi e problemi e ci riporta indietro. Almeno a prima del sessantotto. Del resto, se qualcuno ancora si ostina a dire che quell'anno fu una disgrazia per la scuola, che cosa potremmo aspettarci?

Ultima. La Cgil abbandona il tavolo del governo dove si discute sugli aumenti salariali legati alla produttività nel pubblico impiego.
Firmano il testo, come altre volte e come in altri contesti, solo Uil e Cisl. Per la scuola i firmatari dicono che così almeno si salvaguardano le retribuzioni attualmente percepite. Sono realisti, potrebbe anche andare peggio. Restano i sognatori. Quelli con la speranza che le cose possano anche cambiare in meglio. Idealisti che non si accontentano di parole senza fatti.

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