A proposito di valutazione
Laura Alberico - 22-05-2010
Come ogni anno i docenti sono chiamati ad esprimersi in merito alla valutazione degli alunni. Questo momento evidenzia in tutta la sua complessità quello che separa, nelle istituzioni scolastiche, il dire dal fare. Facendo un passo indietro ripercorro gli inizi dell'anno scolastico e tutte le parole spese per progettare e sciogliere i nodi della didattica e dell'innovazione, in nome di un non ben identificato obiettivo che è poi quello dove confluiscono saperi e competenze, abilità ed educazioni. La scuola esprime i suoi contrasti interni quando accomuna la "valutazione" al ritorno dei voti numerici e poi, (come sa bene chi insegna nella media inferiore) l'abolizione del "giudizio complessivo" sul processo di apprendimento. Se per qualche motivo c'era stato un tentativo di "volare" alto e penetrare a fondo sulla personalità dell'adolescente, in seguito (anche per tornare alla severità ormai passata di moda) si è deciso di usare i numeri, che sembra siano oggettivamente più comprensibili dei giudizi. Convivono nello stesso calderone desideri contrastanti e spesso antitetici che da una parte sono fortemente permeati di pedagogia e psicologia ma dall'altro richiedono il rigore di una "misurazione" per contenere e in qualche modo arginare una situazione che sfugge di mano. Perchè sappiamo tutti che la valutazione,( che risulta a tutti gli effetti un momento di interpretazione pedagogica,) non può essere sostenuta o in qualche modo espressa da una "misurazione". Da questo è facile poi capire come la fine dell'anno scolastico non scioglie dubbi, anzi li amplifica e li appesantisce, facendo sorgere il dilemma reiterato all'ennesima potenza: quale è la migliore e più oggettiva valutazione?

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