breve di cronaca
Il Tar mette fuori i prof di religione
L'Unità - 12-08-2009
La Chiesa italiana parte subito al contro attacco. La sentenza del Tar che mette fuori dagli scrutini e dai crediti per la maturità gli insegnanti di religione "aumenta la diffidenza verso i magistrati". All'indomani della sentenza n. 7076 del 17 luglio scorso, i vescovi fanno sentire la loro protesta: "Scuola, Università . L'insegnamento della religione cattolica è parte integrante della conoscenza della cultura italiana. E' in questo senso va intesa nel sistema scolastico italiano,
non come percorso confessionale individuale - ha detto mons. Diego Coletti, Presidente della Commissione episcopale per l'educazione cattolica.

Dai microfoni di Radio Vaticana si alzano dunque venti polemica e pressioni sul governo. "Sentenza pretestuosa".

Secondo il Tar invece, è illegittima la partecipazione «a pieno titolo» agli scrutini da parte degli insegnanti di religione cattolica, e di conseguenza sono da ritenersi illegittimi i crediti scolastici per l'ora di religione. Perchè diversamente si determinerebbe nelle scuole pubbliche una forma di discriminazione a danno di chi non professa la religione cattolica, ovvero professa altre confessioni e però non si vede assicurata analoga possibilità di credito formativo.

La sentenza ha accolto due ricorsi proposti per l'annullamento delle Ordinanze ministeriali emanate dall'allora ministro dell'Istruzione Fioroni per gli esami di Stato del 2007 e 2008 che prevedevano la valutazione della frequenza dell'insegnamento della religione cattolica ai fini della determinazione del credito scolastico, e di conseguenza la presenza, per l'appunto, agli scrutini da parte degli insegnanti di religione cattolica.

A dare notizia della sentenza del Tar è la Consulta romana per la laicità delle istituzioni. Il Tar ha affermato - dice la Consulta - che «l'attribuzione di un credito formativo ad una scelta di carattere religioso degli studenti e dei loro genitori, quale quella di avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, dà luogo ad una precisa forma di discriminazione, dato che lo Stato Italiano non assicura identicamente la possibilità per tutti i cittadini di conseguire un credito formativo nelle proprie confessioni ovvero per chi dichiara di non professare alcuna religione in Etica Morale Pubblica».

ma.ier.
11 agosto 2009


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