Call center
Marino Bocchi - 08-06-2001
Oggi sono finite le scuole, domani l’on.Berlusconi, citando Paolo Rossi, “leggera’ i nomi della lista” del suo governo e forse qualcuno rimpiangera’ di non essere morto da piccolo, magari prima di avere imparato a memoria Lettera a una professoressa, con tutte le sue perniciose utopie. Al momento non e’ dato sapere chi occupera’ l’incarico al dicastero della Pubblica Istruzione. Sembrava dovesse essere Buttiglione ma poi il filosofo si e’ defilato e adesso pare che la scelta debba ricadere su di un altro. Chiunque sia, sara’ la fine della scuola di massa e del lungo, appassionato, contraddittorio progetto di passione pubblica e civile che ne ha accompagnato il cammino per almeno 40 anni. Al suo posto ci toccheranno le tigri. In questo modo, appunto (“tigre celtica”) e’ definita la ripresa economica in atto da molto anni in Irlanda, ex parente povero dell’Europa e ora invece ricchissimo per pochi, invidiato ed ammirato per aver saputo applicare con rigore le ricette neoliberiste, cioe’ molto lavoro interinale e a termine, detassazione sugli investimenti e sugli utili reinvestiti, azzeramento delle garanzie sociali, in parole povere il luogo adatto a trasferire soldi e infrastrutture per le industrie europee e americane (Piccolo aneddoto personale: una volta mi capito’ di dover telefonare ad un servizio di assistenza tecnica per un guasto ad una periferica del mio computer, numero verde, diretto, senza prefisso conosciuto, mi rispose in perfetto italiano una gentile voce femminile, le esposi il problema, mi disse che avrebbero provveduto immediatamente, il pezzo di ricambio mi arrivo’ alcuni gioni dopo, quando ritelefonai per ringraziare, solo allora scoprii che per due volte avevo telefonato a un call center di Dublino).
L’esempio e’ utile anche per ricordare il fatto che proprio sull’informatica l’Irlanda ha costruito il suo recente miracolo economico. Per ragioni legate ai costi, molte aziende dell’hi-tech preferiscono ormai trasferirvi parte delle loro attivita’. In questo contesto si inserisce il progetto del ministro dell’educazione della Repubblica Irlandese Michael Martin di far partire dal prossimo autunno nelle scuole superiori., circa cinquemila quattrocento nuovi corsi di informatica, per un costo calcolato in 75 milioni di sterline irlandesi (18 miliardi di lire italiane). Il progetto si inserisce nella partnership tra pubblico e privato per cui quest’ultimo settore puo’, tra l’altro, avere in affitto una scuola per un certo numero di anni se ad esempio ne finanzia la costruzione, la ristrutturazione, i corsi, ecc.
Durante e al termine del training formativo va da se’ che i ragazzi impegnati in questi corsi dovranno sostenere dei periodi di tirocinio nelle aziende che “avranno offerto il loro sostegno all’iniziativa del governo”. Un perfetto circolo vizioso (o virtuoso, dipende dal punto di vista): l’azienda domanda, la scuola offre, infine l’azienda (se vuole) assume, ovviamente alle sue condizioni contrattuali. Cosi’ e’ fatta anche la “riforma dell’universita’ italiana” che partira’ dal prossimo anno accademico: stessa struttura di fondo, stesso impianto logico. Il modello proposto da Berlinguer per i tre ordini inferiori aveva il difetto di voler coniugare le vecchie esigenze democratiche, basate sul principio dell’autonomia di un sapere diffuso, di tutti, con le nuove rampanti parole d’ordine della vulgata neoliberista e globalista (convinto assertore delle quali e’ il futuro ministro degli Esteri di Berlusconi, ex padre fondatore e direttore del Wto, Renato Ruggiero). Per questo la riforma berlingueriana non s’ha da fare. Conviene arrivare al sodo. Meglio il modello irlandese, di cui un efficace sintesi si puo’ leggere nel documento redatto dal prof. Martinotti, che nel ’97 ha stilato le linee guida della citata riforma universitaria nostrana. Laddove e' scritto:
“Le denominazioni e gli obiettivi formativi dei corsi di studio, il quadro generale delle attivita’ formative da inserire nei curricula, sono assunte dalle universita’ previa consultazione con le organizzazioni rappresentative a livello locale del mondo della produzione, dei servizi e delle professioni”.
Questo e’ il vero nocciolo duro del programma del centro destra (anticipato per amara ironia della sorte da quello del centro sinistra, sia pure in un quadro culturale e ideale in parte diverso), questa e’ l’essenza vera del concetto di “privatizzazione” della scuola italiana. Altro che ripristino dei grembiuli bianco e azzurro, suorine felliniane o revisione dei libri di testo, chi ha nostalgie di questo tipo si accontenti di appendere alla parete della propria stanzetta il Calendario storico Mussolini del 2002 per cui, dicono, e’ previsto un maxi lancio di un milione di copie (Corriere della sera). Il nero ha cambiato colore. E nome. Non abita piu’ in un solo paese. E’ evoluto, moderno. Cittadino del mondo. Globale. E ha deciso che la scuola, ogni scuola, debba essere un efficiente call center. Provvisto di regolare POF.


Le notizie sono tratte da: "Carta", numero 19/Zero, 29 maggio 2001

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