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Dell’educare.24
E’ necessario ricordare che …
Aldo Ettore Quagliozzi
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Con questa pagina il nostro alfabeto dell’arte dell’educare approda alla lettera “E“, “E“ come per l’appunto educare.
Della pagina che propongo mi duole però sommamente non essere in grado di definirne l’autore e neanche l’opera, o il lavoro, dalla quale è stata tratta. La prima tentazione è stata quella di riporla, saltarla, per passare ad altre pagine non meno importanti di riflessioni sull’arte dell’educare.
Ma la sua rilettura mi ha infine convinto della necessità della sua pubblicazione; in essa infatti si fa quasi l’elogio, irrituale, dell’insolenza giovanile.
E quale educatore non si è trovato a dover fare i conti con l’insolenza dei ragazzi che la sorte gli ha affidato?
E quali sono state le risposte a quel sintomo scomodo, così come lo definisce il nostro misterioso autore, che ciascuno di noi ha opposto alla insolenza del ragazzo?
Anche il misterioso nostro autore riconosce alla pedagogia più una valenza artistica che una valenza scientifica, ed annota come importante per l’arte dell’educare sia l’ascendente che la persona dell’educatore esercita sui discenti, per la qualcosa il più delle volte l’adesione dei ragazzi si coglie nei confronti della persona che insegna piuttosto che nelle nozioni dalla stessa persona impartite.
E nell’arte dell’educare uno spazio importante è rappresentato dalla crescita deliberatamente indotta “dell’irriverenza e della dissidenza ragionata“, la qualcosa rende maggiormente liberi gli uomini e ne realizza una maturazione intellettuale più completa; sarà di quei cittadini che in seguito sapranno cogliere anche la libertà della satira politica e sociale e che renderà più libere e coscienti le società democratiche.
“(...) E’ necessario ricordare che non è possibile alcun processo educativo senza un po’ di disciplina? (...) La stessa etimologia latina della parola (che deriva da discipulina, composto a sua volta da discere, insegnare, e la voce che denomina i bambini, puer o puella) lega direttamente la disciplina all’insegnamento.
... coloro che insegnano devono saper apprezzare le virtù di una certa “insolenza“ dei neofiti. L’insolenza non è arroganza né brutalità, ma l’affermazione, ancora esitante, dell’autonomia individuale e dello spirito critico che non prende tutto per verità rivelata.
... “l’insolenza non è altro che la capacità dell’uomo di interrogarsi nell’esercizio della sua libertà, una capacità rivolta verso gli altri, verso il sociale, verso ciò che è preesistente, verso ciò con cui bisogna saper vivere e a cui non è obbligatorio aderire”.
(...) Per un maestro assennato l’insolenza occasionale dei suoi alunni è un sintomo positivo, anche se a momenti può risultare scomodo.
... concepisco l’essere assennati come la forma adatta a riconciliare magistero e autorità. Tale riconciliazione comporta la parte più difficile: praticare un insegnamento che si faccia rispettare, ma che comprenda, fra le lezioni necessarie, l’apprendimento dell’irriverenza e della dissidenza ragionata ( o burlona ) come via di maturazione intellettuale. Il professore non insegna unicamente, e forse neppure principalmente, con le sue semplici conoscenze scientifiche, ma con l’arte persuasiva dell’ascendente che esercita su coloro che lo ascoltano: deve essere capace di sedurre senza ipnotizzare.
Quante volte la vocazione dell’alunno si risveglia più per l’adesione al maestro come persona che alla materia che questi insegna!
... senza una certa personalità, il maestro cessa di essere tale e diventa un grammofono svogliato e, occasionalmente, un poliziotto. E’ giunto il momento di ricordare che la pedagogia ha molto più di arte che di scienza, vale a dire che, pur ammettendo consigli e tecniche, non si può giungere a padroneggiarla se non attraverso l’esercizio quotidiano, che nei casi più fortunati ha molto a che vedere con l’intuizione.( … )“
giugno 2004
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